Urss, il piano va male il partito è mobilitato

Urss, il piano va male il partito è mobilitato Kirilenko guida la campagna Urss, il piano va male il partito è mobilitato (Dal nostro corrispondente) Belgrado, 8 febbraio. «La situazione della nostra economia risulta grave: la più grave di tutti gli ultimi anni». Sarebbe questa, secondo informazioni confidenziali rimbalzate qui da Mosca, la frase-chiave di una lettera segreta inviala dal Politburo ai comitati subalterni del pcus dopo la altrettanto segreta riunione del Comitato centrale che alla fine dell'anno aveva discusso il rapporto di Breznev sullo stato dell'economia, rimasto anch'esso segreto. Il Comitato centrale, secondo le stesse informazioni, ha decretato uno stato di emergenza e di mobilitazione di tutto il partito in campo economico. La lettera segreta ne avrebbe, appunto, fatto l'annuncio. Per dirigere l'operazione al Cremlino è stato formato uno stato maggiore con a capo Andrei Kirilenko. Lo assiste, da parte del governo, il vicepresidente Kiril Mazurov. La scelta dei due, in sostituzione di Breznev, il primo, e di Kossighin, il secondo, appare indicativa per la graduatoria degli eventuali successori dei due capi indeboliti dalle malattie. Kirilenko, a quanto sembra, aveva letto pure al Comitato centrale il discorso di Breznev, segretamente assente dalla riunione. Tanti segreti non hanno poi tardato a scaturire in atti ed azioni pubbliche, dato che un'economia non si può mettere clandestinamente in sesto, anche se si cerca di nascondere la crisi che vi sta imperversando. Prima di tutto sono stati registrati quattro discorsi di Kirilenko in soli dieci giorni. Un caso senza precedenti: il delfino di Breznev ne pronunciava sì e no quattro in quattro anni. In varie sedi, dal partito alla assemblea dei giornalisti, alla seduta del Consiglio dei ministri ed alla conferenza degli economisti, Kirilenko ha parlalo dello stesso tema: la campagna del partito nell'economia. Ciò comprovava le sue nuove ed eccezionali mansioni al vertice del Cremlino. Sulla portata dell'azione è venuto poi a testimoniare un appello indirizzato dal partito, as¬ sieme al governo, ai sindacati e alla gioventù comunista, «ai lavoratori ed al popolo sovietico». E' da tempo che simili appelli alla coscienza patriottica e allo slancio rivoluzionario erano usciti di moda, con grande rammarico di Suslov. Basta citare il titolo per scorgere i motivi che hanno ispirato il ritorno ad un simile strumento delle epiche mobilitazioni di massa, che prima di risolvere le crisi testimoniano della loro esistenza. L'appello è intitolato: «Sullo sviluppo della competizione socialista per l'adempimento ed il sorpasso del piano 1978 e sulla intensificazione della lotta per l'aumento dell'efficienza nella produzione e della qualità del lavoro». Fra le pieghe del titolone traspaiono tutti i punti deboli dell'economia. Si marcia al di sotto delle previsioni del piano e la colpa ne viene attribuita al basso rendimento e all'insufficiente qualità del lavoro. La settimana scorsa tutto è stato infine corroborato dalle cifre emesse dalla Direzione centrale della statistica. Bisogna riconoscere anzitutto che quest'anno i dati sull'andamento del piano, pubblicati su due pagine intere dei giornali, sono stati compilati in modo meno enigmistico che in precedenza. Per la prima volta viene ammesso addirittura che la produzione non soltanto non ha colto gli obiettivi del piano, ma risulta anche al di sotto dei livelli dell'anno precedente. E ciò in punti tanto importanti come la metallurgia (meno 2 per cento), l'industria della carne e del latte (pure 2 per cento in meno), e la produzione del grano, inferiore di 28 milioni di tonnellate al raccolto del '76. Basterebbero questi dati per rendere l'idea del disagio in cui è venuta a trovarsi un'economia dominata, a livelli alti, dai famosi «divoratori d'acciaio» e frustrata, a livelli bassi, dai cittadini speranzosi di trovare una buona volta più carne e più pane nei negozi. Il quadro statistico, debitamente decifrato, rivela intoppi tuttora più sostanziali. Già due anni fa, nel concepire il nuovo piano quinquennale, il Politbu¬ ro aveva constatato che era ormai impossibile sostenere gli alti tassi di crescita, a livelli quasi di un paese sottosviluppato. Fu deciso di abbassare la mira, anche perché le percentuali strabilianti dei piani precedenti figuravano più sulla carta che non nella realtà economica. Così le previsioni della crescita del reddito nazionale, fissate nei piani «eroici» degli anni passati attorno al 10 per cento all'anno, vennero ridotte per i cinque anni del piano in corso a 24-28 per cento. Il che significa che ogni anno il reddito doveva aumentare da un minimo del 4,8 per cento ad un massimo del 5,6. Sennonché, da quando il piano è scattato, mai gli obiettivi così ridimensionati sono stati raggiunti: il primo anno segna una crescita di 5,2; il secondo di 5; mentre l'ultimo, 1977, scende addirittura a 3,5. Lo stesso succede nell'industria: la produzione aumenta di 5,7 nell'ultimo anno, mentre il congresso del partito aveva stabilito il 7,8. Il reddito reale prò capite scivola a 3,5: il piano lo dava a quota 4,5. Calcolando un po', in questi meandri statistici, si deduce che, per adempiere ai dettami del piano e compensare i ritardi finora registrati, fino al 1980 l'economia sovietica dovrebbe elevare il tasso di crescita oltre P8 per cento l'anno. Impresa quasi impossibile, giudicando dalle re» centi cifre sull'aumento della produttività, che registrano un 33 e 4,1 per cento negli ultimi anni, contro il 6,8 previsto dal piano. Le ragioni di questo calo improvviso si intravedono appena dal tabellone statistico. Essenzialmente sono quattro: 1) le cosiddette «nesoverscenke», nuovi impianti e nuove tecnologie «rimasti morti», cioè non messi in moto, oltrepassano infatti la metà degli investimenti «capitali»; 2) lo spreco dei materiali: pur avendo raggiunto l'obiettivo krusceviano di produrre più acciaio dell'altra suFrane Barbieri (Continua a pagina 2 in settima colonna)

Luoghi citati: Belgrado, Mosca, Urss