Quando il somaro fischia di Giovanni Arpino

Quando il somaro fischia Figure e fatti di Giovanni Arpino Quando il somaro fischia Certe volte sarebbe urgente domandarci: ma cosa penseremmo noi umani di un leone che cinguetta, di un passero che ruggisce, di un somaro che fischia? Eppure il nostro comportamento è altrettanto assur-. do, innaturale, grazie ad unr vocabolario incanaglito, a frasari che sputano violenza idiota, ad atteggiamenti che riducono il cosiddetto « 3.omo sapiens » a larva, ad arcaico fantasma. Forse c'è una caverna in cui stanno ammassandosi tutte le nostre insolenze, i pensieri odiosi, le vtvidie, i termini espressivi inzuppati nel veleno. In quella caverna la somma delle nostre negatività è cumulo feroce. E potrebbe non essere lontano il giorno in cui un vento omicida la farà straripare, restituendoci in un sol colpo fiumi e montarne di cattiveria, gorghi e massi erranti di incallita stupidità. Quando la parola viveva come prima soglia della memoria, si stava attenti all' uso, la si codificava con la necessaria lentezza. Ben inchiavardati apparivano i tombini e le cloache del turpiloquio, che di per sé è già limitazione del vocabolario. Apri la fogna, e troverai che il suo rigurgito ti strozza, ti costringe a un balbettio miserrimo. E' accaduto. Già la caverna del peccato verbale non riesce più a contenere tutte le vipere e i miasmi. Sfogli un giornale, manipoli una rotella radiofonica, porgi l'orecchio in tram e ti accorgi che l'eloquio umano è ormai una trista risacca di sillabe incongrue, di fenomeni ammorbati, di riPitizioni che rincretiniscono a furia di scavare nella stessa radice blasfema. Gli uomini che indicarono come punto di perdizione la Torre di Babele, per la sua somma di lingue confuse, erano degli ottimisti incalli- ti: la perdizione consiste nel degradare ogni lingua a pochi esclamativi insultanti, ad una ripetitività di suoni perversi. Gli indizi della nostra perdizione prossima ventura sono ormai notevoli: il mezzobusto televisivo che si inciampa ogni tre parole, o chiede scusa o si afferra al telefono in spasmodica attesa del contrordine; l'altro mezzobusto che neppure per scommessa riesce a pronunciare un accento giusto; il comiziante che crede • ".'essere furbo ed esce in un'invettiva goliardica; il roi.ianziere (o presunto tale: dopotutto ha la patente) che infila tre o quattro « che » nello stesso periodo; la confessione della signorina X o dello scienziato Y che per sfogarsi raccattano in ogni rigagnolo le parole più viete, credendo così di obbedire alla necessità e alla verità d'eloquio. Il nostro analfabetismo colloquiale crea voragini fiammeggianti. Lungo il bordo di queste voragini è cro¬ cifisso l'eufemismo, è bruciata la metafora, è in polvere la ricerca d'un vocabolo pertinente. Procediamo vzrso il nulla tra borborigni e singhiozzi del diaframma. Creperemo in un rutto. ★ ★ Qualcuno mi scrive per «vendicare» Brigitte Bardot, troppo irrisa nella precedente rubrica apparsa in questa stessa pagina. E mi si accusa: di aver anch'io le borse agli occhi, etc, di obbedire alla solita perfidia maschilista, etc, di infierire nel malvezzo giornalistico così pronto ad infierire sulle beltà disintegratesi. Perché non scaraventare altrettante osservazioni sulla vecchiaia di Gassman o Helmut Berger?, mi si stuzzica. Ecco un altro esempio di ingenuità sbattuto **• ma^n nese con la protervia. La quarantenne BB — che gli dèi la proteggano e magari la rinnovino — ha fatto commercio della sua bellezza: sarebbe quindi logico accettare un minimo scherzo quando quest'arma le è venuta meno, limando però ben altre doti. Ma il mondo cambia e forse non ospiterà più regine o dive disposte a velare gli specchi. Anzi: le stesse regine e dive pretenderanno non solo il comando, il potere, la ricchezza, ma specchi che le ritraggano in eterno, e beninteso con tratti sedicenni. Nessuno potrà scherzare su di loro, pena lo squartamento operato da coppie di cavalli contrapposti. Le bellezza è un lampo? Chi la usa come trono è un incauto? Macché. Perduta ogni facoltà di ragionamento, ci prosterneremo — già capita — al miracolo della plastica mammaria e facciale. Cantautori comporranno: «Casablanca tu sei la mia patria». La prima ruga sarà temuta più del cancro. E' il progresso? b«

Persone citate: Brigitte Bardot, Gassman, Helmut Berger, Sfogli