Gioiellerie chiuse per lutto Troppi i morti e le rapine di Fabrizio Carbone

Gioiellerie chiuse per lutto Troppi i morti e le rapine A Roma i funerali di Giorgio Corbelli Gioiellerie chiuse per lutto Troppi i morti e le rapine Roma, 1 febbraio. Chiesa della Natività di via Gallia. I funerali di Giorgio Corbelli, gioielliere della zona, sono seguiti da parenti e due delegazioni: quella del quartiere e l'altra dei colleghi della categoria. Corbelli era stato assassinato sabato 28 gennaio, durante una rapina. Aveva estratto la pistola, ma uno dei banditi lo aveva fulminato al petto. Nella chiesa, stamane, ci sono i volti tesi di uomini e donne, immagini di una paura che esiste e che è diventata qualcosa con cui fare i conti ogni giorno in città. Gli orefici e i gioiellieri romani oggi hanno chiuso i negozi per cordoglio e solidarietà con la prima vittima del nuovo anno, ma anche per protesta: loro si sentono in trincea, col cuore in gola soprattutto all'ora di chiusura e al sabato, giorno nero per eccellenza. «E' un fatto doloroso. Ci rendiamo conto della gravità per un commerciante di arrivare a chiudere il proprio posto di lavoro. Ma non lo facciamo per corporativismo. Il problema della criminalità riguarda tutti, lo sappiamo bene. Noi abbiamo i nostri problemi e vogliamo che si sappia». Sono parole di Ernesto Hausmann, presidente dell'associazione che riunisce 500 gioiellieri sui mille e duecento della città. «Quelli che non aderiscono — aggiunge — sembrano non interessarsi a quanto sta succedendo». I dati non sono ufficiali, ma eloquenti. Nel '76, quasi una rapina al giorno in Italia. L'anno scorso l'aumento è stato forte. Poi ci sono gli elenchi dei morti e dei feriti. Gli ultimi casi tragici, a Roma, sono storie diverse fra loro, ma tutte unite dallo stesso filo di violenza e paura. Il gioielliere Baglioni fu ucciso dai rapinatori. Poi capitò la disgrazia di una ragazza, una cliente di 20 anni, per fatalità entrata in negozio pochi istanfi prima di una rapina: allr reazione dell'orefice, i banditi replicarono e fu lei la vittima. E ancora la morte del calciatore Luciano Re Cecconi, colpito dal gioielliere Tabocchini che lo aveva scambiato per un bandito. Re Cecconi aveva voluto scherza re e fu ammazzato. Al processo, Tabocchini venne assolto e di quella sentenza si parlò molto perché — si disse — dava via libera alla legittimità di difendersi da soli e sparere a vista, temendo una rapina. Protette da cristalli antiproiettile, sofisticati congegni d'allarme, guardie personali armate, gioiellerie e argenterie sono diventate «bunker» dove si respira un'aria difficile. Ma i colpi vengono portati in periferia contro i piccoli negozi dove i proprietari non hanno risorse e fama dei Bulgari, dei Fornari, dei Buzzetti, degli Hausmann, ma per vendere «devono» esporre la merce: gli ori, gli argenti, le pietre. «Non possiamo permetterci né vogliamo — dice Ernesto Hausmann — un uomo arma¬ to davanti a ogni negozio. Il problema non è a valle, cioè per la strada. Bisogna andare a monte, colpire i ricettatori. Attaccando loro si può arginare un canale importante nel commercio dei preziosi. Noi lo calcoliamo intorno al 25 per cento del totale». E i «ricetta» sono la vera piaga del problema. Contro di loro la legge non è severa, quindi il rischio vale la pena di essere tentato. I gioiellieri hanno chiesto che la giustizia equipari o almeno avvicini il rapinatore a colui che, ben protetto e nascosto, gli compra il bottino per poi metterlo in commercio. Dopo i ricettatori viene il Banco dei Pegni, il Monte di Pietà. Fino a poco tempo addietro chiunque poteva impegnare un gioiello, anche di alto valore, senza problemi. Ora, per i «pezzi» che superano le trecentomila lire, c'è bisogno di un documento di identità e della registrazione dei dati. «E' una nostra conquista — prosegue Huasmann — ma sappiamo bene che oggi un documento falso risolve il problema». Al terzo posto nel giro dei preziosi che passa fuori dal mercato ufficiale c'è il «commercio abusivo», quello fatto per strada da chi offre un anello o un orologio porta a porta da «commessi viaggiatori», nelle case dove si riuniscono signore insospettabili che trattano ori e pietre, nei ministeri dove passano «am¬ bulanti» con valigette cariche di merce. Un traffico illecito che non si sa da dove provenga. Sono cose note a tutti. L'associazione gioiellieri rifiuta ora di «stimare» gli oggetti proprio per evitare di contribuire alla crescia del mercato clandestino. La categoria ha problemi da affrontare di carattere sindacale, di regolamentazione professionale, di concessione delle licenze, di convenzione per le assicurazioni e per gli impianti antifurto. Per i problemi generali si muove d'accordo con l'Unione commercianti. Si arriva così al problema finale il «sabato nero», la giornata che le bande di rapinatori prediligono per le rapine in questi negozi. Traffico intenso, molta gente per strada sono fattori «favorevoli» alle fughe dopo il colpo. Ecco quindi la proposta di chiudere le gioiellerie per la fine settimana, cosa che avviene del resto in estate. E qui si inserisce il finale burocratico. La domanda era stata presentata l'anno scorso alla Regione, competente in materia. Una sentenza del tribunale amministrativo aveva fatto slittare in avanti la definizione del fatto, poi è arrivata la legge 382 che ha restituito la competenza al Comune, dove la domanda formale è stata di nuovo inoltrata per l'approvazione. Fabrizio Carbone

Persone citate: Baglioni, Buzzetti, Ernesto Hausmann, Fornari, Giorgio Corbelli, Hausmann, Luciano Re Cecconi, Re Cecconi

Luoghi citati: Italia, Roma