Gruppi dc: dura resistenza al pci nella maggioranza

Gruppi dc: dura resistenza al pci nella maggioranza La direzione convocherà il Consiglio nazionale Gruppi dc: dura resistenza al pci nella maggioranza Continuano gli incontri informali: Romita da Andreotti e Zanone da Zaccagnini Roma, 1 febbraio. A quarantotto ore dalle decisioni che la direzione de dovrebbe prendere venerdì, il direttivo parlamentare democristiano della Camera si è schierato oggi contro la {{maggioranza contrattata» con il pei, chiesta da Andreotti come condizione indispensabile per risolvere la crisi di governo. Non solo il vertice dei deputati, a grandissima maggioranza, ha contestato che la direzione del partito e persino il Consiglio nazionale siano « abilitati » a modificare la linea congressuale di chiusura al pei, per cui ha sollecitato, prima che ciò dovesse avvenire, la convocazione di un congresso straordinario. Più sfumata la linea che emerge dal direttivo dei senatori de che è favorevole al Consiglio nazionale e rinvia il nodo politico alle scelte della direzione. Prima di riferire il dibattito, che è stato teso più per la posta in gioco che per divergenze interne, è quasi superfluo aggiungere che il previsto braccio di ferro in casa de complica la già diffìcile crisi al buio ne allunga i tempi. Gli orientamenti del direttivo di Montecitorio non sono confluiti in un documento e non hanno valore vincolante per gli organi del partito. Ma sono molto di più di sintomi delle tensioni esistenti non solo ai vertici della de, ma nella base militante ed elettorale che sono a immediato e continuo contatto con i deputati. E' evidente, quindi, che questi precisi segnali di disagio sono tenuti nel massimo conto dalla direzione, tanto più che il «no» a un ampliamento politico del mandato di Andreotti non riguarda solo l'attuale presidente incaricato, ma qualsiasi altra personalità de che, in ipotesi, dovesse essere designata se il tentativo in corso fallisse. Da rilevare, in aggiunta, che stanotte s'è riunito il «Gruppo dei cento», cioè di quei parlamentari de moderati che, guidati da Rossi di Montelera, De Carolis, Mazzotta, si oppongono ad una qualsiasi forma d'intesa politica con i comunisti. Per domani hanno preannunciato un documento, alla vigilia della direzione. E' lo stesso gruppo, aumentato da 87 a 104 componenti, che nelle scorse settimane pose con una lettera a Zaccagnini e Piccoli il problema comunista, invitandoli a riaffermare i deliberati del congresso e successivi. Le assicurazioni fornite dai dirigenti fecero sì che l'uitimu assemblea dei deputati de si chiudesse con un documento votato all'unanimità, incluso il «Gruppo dei cento ». L'insieme di queste reazioni è stato valutato oggi da Moro e Zaccagnini in un lungo incontro per preparare la seduta calda della direzione, che pare ormai destinata ad essere interlocutoria perché quasi certamente convocherà il Consiglio nazionale per metà della prossima settimana. Quanto alla necessità di un congresso e dell'incompetenza della direzione e del Consiglio nazionale, a piazza del Gesù si fa rilevare che qui non si tratta di «cambiare, ma solo d'interpretare» la linea congressuale del confronto con il pei, aggiornandola alle esigenze attuali. D'altra parte, un congresso straordinario non sembra realizzabile mentre il Paese è investito dalla crisi di governo tutt'altro che risolta. Anche Piccoli, aprendo stamane la riunione del direttivo della Camera (20 membri) non ha mai accennato ad un congresso straordinario. Si è limitato a fare la cronistoria delle ultime vicende e ha riferito la richiesta di Andreotti per una maggioranza contrattata. Ha osservato, però, che «se il pei pensa alla sua unità non capisce perché non debba pensarci anche la de». La richiesta di congresso è venuta, subito dopo, dagli esponenti di vari gruppi, a cominciare dai dorotei. «Il segretario del partito — La. detto per primo il doroteo Cuminetti — deve garantire i limiti politici fissati dal congresso altrimenti si tr va i difficoltà. Sinché si rincorre il pei, non si lascia spazio ai partiti laici, la cui esistenza è necessaria alla vita politica italiana». Sulla stessa posizione, tranne le critiche a Zaccagnini, si sono schierati i dorotei Ferrari (che preferirebbe anche le elezioni anticipate), Fusaro e Felici, che ha esor¬ tato la de a rivolgere un appello ufficiale al psi e ai partiti intermedi per una soluzione della crisi con un governo tripartito (dc-psdi-pri) sostenuto anche dai socialisti. Anche il fanfaniano Pezzati ha parlato di «appello serio» ai laici, «che hanno il maggior interesse ad evitare le elezioni anticipate». E' un'ipotesi che non sembra praticabile per il rifiuto di Craxi {«Fuori dall'emergenza la nostra disponibilità per una partecipazione al governo è uguale a zero»} e per il rifiuto di La Malfa a maggioranze senza i comunisti, da lui ritenuti necessari per garantire un «patto sociale». Intransigenti anche Borruso (Comunione e Liberazione) che ha ripetuto la sua idea di un « governo amico », cioè non espressione della de; Zolla, Bianco (basista), i dorotei Manfredi, Sedati, Meucci, Tantalo. Maggior possibilismo è venuto da tre voci su venti. Pumilia, vicepresidente del gruppo, ha ammonito che le posizioni rigide sono una scorciatoia verso il compromesso storico perché, se le elezioni riducessero i partiti intermedi, la de dovrebbe fare un accordo con il pei, e ha affermato che, nella linea congressuale, la direzione ha un margine di manovra interpretativa del confronto. Sanza, braccio destro di De Mita nella « Base », ha sostenuto che se il pei accetta un progetto di società come quello della de, il voto comunista a favore del governo riguarda quel partito e che, in ogni caso, il Consiglio nazionale de può « cambiare linea politica ». Il moroteo Rosati ha detto che, fra elezioni anticipate e un accordo con il pei, è preferibile questa seconda ipotesi (l'accenno è apparso una chiara indicazione della strategia di Moro). Quanto più queste vicende complicavano la crisi, tanto più proseguivano gl'incontri informali per cercare una via d'uscita. Così Andreotti ha visto il segretario del psdi. Romita, che, in mattinata si era incontrato a casa propria con il leader liberale Zanone, il quale si era poi recato da Zaccagnini, precisando che il suo preannunciato colloquio con il presidente incaricato « potrà essere utile quando sarà chiara la formula politica della maggioranza », cioè dopo la direzione o il Consiglio nazionale de. Romita, dopo l'incontro con Andreotti, ha detto di considerare ancora possibile una maggioranza attorno ad un accordo aggiornato fra i sei partiti, che dovrebbero essere consultati preventivamente dal futuro governo sulle misure da prendere, in modo da controllare l'attività governativa « come si conviene a una maggioranzia ». Secondo Romita, questa soluzione non è « molto lontana » dalle ultime posizioni della de e del pei, che si assumerebbero una grave responsabilità se, per ragioni di partito, si rifiutassero di attuarla com'è necessario per scongiurare le elezioni anticipate. Lamberto Fumo

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