Weizman è arrivato al Cairo per la quarta tappa di pace di Giorgio Romano

Weizman è arrivato al Cairo per la quarta tappa di pace Ripresi, ma incerti, i colloqui militari Weizman è arrivato al Cairo per la quarta tappa di pace (Nostro servizio particolare) Tel Aviv, 31 gennaio. Il ministro israeliano della Difesa è giunto al Cairo con la delegazione militare israeliana a mezzogiorno, per la ripresa delle conversazioni con gli egiziani. Al suo arrivo Weizman ha dichiarato: «La mia quarta visita qui rappresenta una nuova tappa sulla lunga via per giungere alla pace. Noi intendiamo affrontare l'essenza dei problemi militari e sono lieto di essere qui per incontrare quelli che posso chiamare dei vecchi amici, il generale Gamassy e i suoi colleghi». Il ministro della Guerra egiziano è state laconico nella sua risposta: «Non ho niente da dire e non farò nessuna dichiarazione ai giornalisti» ha detto ai numerosi rappresentanti della stampa che hanno accolto la delegazione di Israele. la signora Reuma Weizman col figlio Saul sono giunti assieme al ministro, espressamente invitati da Gamassy e con loro erano una quindicina di giornalisti israeliani e inviati speciali stranieri residenti in Israele. La commissione militare ha cominciato i suoi lavori a porte chiuse stasera alle 19 precise nel palazzo Tahra nel quartiere Eliopolis, ma nessuno prevede che i lavori si possano protrarre più di due o tre giorni. Si potrebbe anzi dire, come osserva qualcuno a Gerusalemme, che nella ripresa dèi colloqui, dopo i dissensi e l'interruzione delle settimane scorse, sta l'unica importanza e il solo segno in¬ coraggiante e sostanzialmente positivo. Come noto la costituzione della commissione militare era stata decisa durante il vertice di Ismailia tra Sadat e Begin e avrebbe do vuto svolgere i suoi lavori contemporaneamente a quella politica, che doveva tenere le sue riunioni a Gerusalemme. In effetti le sedute hanno avuto brevissima durata e quando Weizman è tornato in Israele ha lasciato al Cairo il generale Tamir per mantenere i contatti. Israele infatti ha sospeso i lavori della commissione militare dopo il richiamo di quella politica da parte di Sadat e a seguito della campagna di stampa concertata dagli egiziani. A Gerusalemme si vorrebbe che le trattative cominciassero dal più facile per passare al più difficile nella speranza che gli egiziani accettino di centrare il dibattito iniziale sui problemi che non sollevano controversie per passare poi alle questioni più squisitamente politiche, con l'illusione di indurre i loro ospiti a recedere dal principio «nemmeno un pollice di territorio», prospettando magari la possibilità di qualche scambio territoriale nel Negev. Si deve comunque tener conto che la commissione militare riprende i lavori due giorni prima della partenza di Sadat per Washington, dove lo attende il presidente Carter. Se le trattative militari continuano è chiaro che quelle politiche sono rimandate e si svolgeranno soprat¬ tutto attraverso il tramite degli Stati Uniti e che la questione palestinese costituirà la pietra di paragone per il loro sviluppo. Non sappiamo se in qualche misura le dichiarazioni odierne fatte da Sadat ai giornalisti siano una risposta ai suggerimenti israeliani di cui Atherton è stato latore, ma le parole di Sadat sono abbastanza indicative. Egli ha detto infatti di essere ottimista sulle possibilità della pace ma ha dichiaiato che «il problema dell'autodeterminazione dei palestinesi costituisce il principale ostacolo per un accordo di pace. E' essenziale trovare una soluzione a questo problema chiave, altrimenti tutto crollerà». Il capo dello Stato egiziano ha fatto questa dichiarazione dopo il suo incontro con la delegazione della pace degli Stati Uniti diretta dal rabbino Joseph Arenberg. Egli ha aggiunto: «In confronto al problema palestinese quello del Sinai non presenta difficoltà particolari perché non ci sono tra noi grosse divergenze. Ho dato deposizioni al generale Gamassy di rispondere favorevolmente ai bisogni della sicurezza israeliana purché non interferiscano con quelli della sovranità o della terra egiziana». «Quanto agli insediamenti israeliani nel Sinai — ha concluso Sadat — non è questione per noi di accettarli: d'altra parte il mondo intero e lo stesso presidente Carter sono d'accordo con noi a questo proposito». Nella stessa giornata il vicepresidente egiziano Hosni Mubarak aveva dichiarato lasciando Kuwait per Amman, che «se le speranze di pace dell'Egitto non si realizzeranno. Il Cairo sarà costretto a porsi sulla strada della guerra, ma solo dopo aver esplorato tutte le possibilità per una soluzione pacifica». Giorgio Romano