Perché soffriamo d'insonnia

Perché soffriamo d'insonnia Perché soffriamo d'insonnia /disturbi del sonno sono stati oggetto di un recente simposio internazionale organizzato presso la fondazione Carlo Erba, dalla clinica neurologica dell'università di Milano. La questione sembra preventivamente connessa al quesito sul perché, e come, si dorme. « Sembra ovvio », spiega il prof. Salvatore Smirne, relatore al convegno e coordinatore dei lavori, « che il sonno serve a riposare l'organismo, ma che si tratta di un tipo di riposo diverso da quello possibile anche in stato di veglia. Riguardo alla sua natura, sono state avanzate diverse ipotesi: per esempio, alcuni ritengono che il sonno permetta alle cellule cerebrali, cioè ai neuroni, di cancellare un certo numero di esperienze e di memorizzarne definitivamente altre, in maniera di potere, al risveglio, recepirne di nuove ». Il sonno può essere normale (non - rem) e paradossale (rem). Il primo comprende quattro fasi: addormentamento, sonno leggero, profondo, molto profondo. Il tono muscolare si abbassa notevolmente; la persona continua — sia pure confusamente — a pensare, ma non sogna. Dopo, compare il sonno rem, caratterizzato dalla caduta del tono muscolare (se il soggetto è seduto, la testa gli ciondola in avanti) e da piccole contrazioni agli arti. La medicina s'interessa, ovviamente, solo di chi, pur avendo tempo per dormire, non ci riesce. Il prof. Oswald, di Edimburgo, ha detto che l'insonnia (malattia tipica del nostro tempo) dipende da una particolare situazione psicologica, e solo eccezionalmente è dovuta a malattie neurologiche. I barbiturici non dovrebbero essere più utilizzati, in quanto danno assuefazione, ed esigono dosi sempre aumentate. Alla loro sospensione, al termine di un periodo di uso quotidiano, possono persino comparire stati di agitazione, tremori, crisi epilettiche. Non solo ma se la persona ha delle ragioni di angoscia, smettendo l'assunzione di barbiturici i suoi sogni torneranno a presentarsi con tinte estremamente spiacevoli. Negli ultimi anni, sono stati ottenuti dei derivati benzodiazepinici che non presentano inconvenienti simili. Tuttavia, non danno un sonno perfettamente fisiologico e lasciano effetti residui, così da porre il soggetto in condizioni di non svolgere, il giorno successivo, con la consueta abilità, i suoi compiti. In realtà, il problema di questo tipo di pazienti sta nel dormire « male », piuttosto che « poco ». C'è gente che non si lamenta affatto, pur godendo di un periodo di sonno non superiore a due-ire ore per notte, mentre altri, che ne dormono sei o sette, riferisco¬ no di averlo fatto « troppo poco ». Simili affermazioni sono smentite dalle registrazioni compiute nei laboratori del sonno. Non è nemmeno vero quel che si dice di solito sul caffè, che toglierebbe completamente la possibilità di dormire: in realtà, ne diminuisce l'intensità. Lo studio delle lingue ritarda di cinque minuti l'addormeniamento, riduce il tempo del sonno profondo, ed accorcia i sogni di circa mezz'ora. Oltre a soggetti che lamentano insufficienza di sonno, ce ne sono altri che dormono troppo: il tema è stato trattato dal prof. Michel Billard, di Montpellier. La forma più conosciuta è la narcolessia, caratterizzata da brevi ma molto frequenti sonnolenze durante la giornata. Alla base sta un disordine funzionale delle strutture che organizzano sia il periodico alternarsi di veglia, sonno * normale » e « paradossale », sia il comportamento delle connesse funzioni biologiche. Fenomeni analoghi possono essere determinati da lesioni organiche del tronco cerebrale, tumorali ed infiammatorie. La terapia utilizza prevalentemente gli antidepressivi Incielici. Anche alcune forme di epilessia sono tipicamente favorite dal sonno, o da una delle sue fasi. Ma — ha ammonito il prof. Carlo Alberto Tassinari, di Bologna — non sono da considerarsi di origine epilettica manifestazioni quali l'enuresi, la jactatio capitis (scuotimento del capo), il somniloquio, il sonnambulismo. Il prof. Lugaresi di Bologna, si è occupato dei disturbi respiratori che compaiono durante il sonno, specialmente delle apnee, provocate da caduta del tono muscolare delle prime vie aeree. In tali casi, solo il risveglio permette la ripresa della respirazione: ne risulta un sonno estremamente frammentato che, per assolvere alle sue funzioni, necessita di tempi lunghi. Una delle condizioni che favoriscono il periodico insorgere della caduta del tono di questi muscoli è sicuramente l'obesità. Le conseguenze si fanno sentire soprattutto sul sistema cardiocircolatorio, attraverso un aumento della pressione arteriosa. Sovente non esiste altra possibilità terapeutica al di fuori di una tracheotomia, che viene chiusa durante il giorno e utilizzata soltanto di notte. Negli Stati Uniti, si sta studiando la possibilità di evitarla, applicando ai muscoli delle prime vie aeree un pacemaker che mantenga il loro tono durante il sonno. Oltre che nell'obesità, la sindrome è stata riscontrata in casi di malformazioni della mandibola, di gozzo, di iperadenoidi. Ornella Rota \ l

Persone citate: Carlo Alberto, Lugaresi, Michel Billard, Ornella Rota, Salvatore Smirne

Luoghi citati: Bologna, Edimburgo, Milano, Stati Uniti