Belice: sono cominciate le polemiche fra politici di Franco Giliberto

Belice: sono cominciate le polemiche fra politici S'interrogano i tredici accusati Belice: sono cominciate le polemiche fra politici (Dal nostro inviato speciale) Palermo, 31 gennaio. «Questo processo si farà a Trapani, a meno che durante l'istruttoria emergano fatti clamorosi», ribadisce il giudice trapanese Antonio Sciuto. Lascia intendere che quei «fatti clamorosi» potrebbero scaturire da un accertamento di responsabilità di uomini politici. In questo caso, l'intervento dell'Inquirente parlamentare scalzerebbe la magistratura ordinaria. Al dottor Sciuto, che domani comincerà gli interrogatori di tredici arrestati per lo scandalo del dopo terremoto, oggi fa eco il procuratore generale della Repubblica di Palermo, dottor Giovanni Pizzillo: «Dalla procura generale è stato fatto, per ragioni pratiche, uno smistamento dei fascicoli processuali a Trapani, Marsala e Sciacca. Se avessimo accentrato le inchieste qui a Palermo, avremmo rischiato di paralizzare tutta l'indagine». Non vi sono più dubbi che si tratti di una indagine colossale, pari alle dimensioni del finanziamento per le opere di «ricostruzione»: seicento miliardi di lire. Lo scandalo Lockheed sfigura al confronto. Soltanto per i tredici arrestati di Trapani l'accusa è di aver favorito — con omissioni e falsi — un illecito guadagno di quattro miliardi, intascati da un costruttore di Agrigento incaricato di edificare un lotto di appartamenti sulla collina di Salemi. Ma Salemi è un sassolino; i comuni siciliani che hanno beneficato di provvidenze post terremoto sono oltre cento. Gli inquirenti dicono che ci sono stati sprechi, ruberie, e opere inutili. Il procuratore generale di Palermo conferma che una voluminosa documentazione, oltre a quella su cui lavora il giudice di Trapani, è all'esame del suo ufficio. «Stiamo esaminando Quei documenti — afferma — e se emergeranno delle ipotesi dì reato li trasmetteremo, come gli altri, alle procure competenti per territorio». Il dottor Pizzillo spiega anche che l'indagine del suo ufficio è cominciata autonomamente, sollecitata da notizie apparse sui giornali. In particolare, quelle dell'inizio del 1976, quando Don Riboldi (parroco di Santa Ninfa, ora promosso vescovo ad Acerra) dichiarò che «nel Belice si è rubato a cielo aperto». Si è saputo ora che il sostituto procuratore della Repubblica di Palermo, Dell'Aira, a quell'epoca convocò il sacerdote e proprio il colloquio con Don Ribol innescò il procedimento giudiziario gonfiatosi poi a dismisura. Parallelamente alle indagini della magistratura, negli ultimi giorni si è srotolato un groviglio di illazioni e prese di posizione nell'ambiente politico. Non si sa quanto strumentali siano le voci che danno per imminente un intervento dell'Inquirente parlamentare, né quanto peso abbiano avuto giochi di corrente e ritorsioni fra partiti nel tentativo di delineare un fosco quadro di responsabilità. In sintesi, la recente sequenza di più o meno velate accuse è questa. La settimana scorsa, la notizia di tredici arresti di alti funzionari statali, professionisti e del costruttore Giuseppe Pantalena è fornita con una spiegazione: fra gli incarcerati figurano ex direttori dell'Ises, Istituto per lo sviluppo dell'edilizia socia¬ le, ora abolito, incaricato della ricostruzione nel Belice dall'altera ministro dei Lavori Pubblici, Mancini. Potrebbe sembrare una precisazione cronologica, ma il deputato socialista vi ravvisa un intento denigratorio. Affida ad un proprio portavoce, il dottor Naccarato, una prima precisazione che suona: «L'Ises è stato istituito dalla democrazia cristiana, non dal partito socialista; i ministri ai Lavori Pubblici succedutisi dal 1968 sono numerosi, da Natali a Laurtcella a Gullotti; la ricostruzione del dopo-terremoto non è stata gestita solo da Mancini». Il secondo brano della sequenza vede scendere in campo Il Popolo, organo della democrazia cristiana. Domenica scorsa, quando già Mancini aveva fatto la prima precisazione, il giornale scriveva: «Al tempo della sua istituzione, l'Ises ebbe alla presidenza il socialista Baldo De Bossi, oggi membro del consiglio di amministrazione della Cassa per il Mezzogiorno, e direttore generale l'urbanista Fabrizio Giovenale, pure lui socialista. La legge istitutiva dell'ente prevedeva che incassasse, a titolo di compenso per l'opera prestata, il dodici per cento sull'ammontare dei lavori. La maggior parte dei progetti, però, venne affidata ad un gruppo ristretto di professionisti esterni, ai quali l'ente riconosceva l'otto per cento sul costo dell'opera» (tra i direttori dei lavori dell'Ises vi era anche l'architetto Giovanni Gullotta, arrestato dal giudice Sciuto ed espulso dalla federazione comunista di Messina sabato scorso). Mancini sceglie, a questo punto, una tribuna «competente per territorio» e prose- gue la polemica sul Giornale di Sicilia, cosi come farà due giorni dopo l'ex ministro Lauricella, suo compagno di partito ma non di corrente. Nell'intervista Mancini esclama: «Posso dire solo che sono meravigliato, stupefatto, letteralmente sbigottito. Perché non ci si rivolge ad altri ministri che possono saperne di più? Io posso rispondere solo di quello che ho fatto nel periodo in cui, dopo il terremoto del gennaio 1968, ho ricoperto la carica di ministro dei Lavori Pubblici. Ho avuto questa carica fino al giugno del 1968 e poi dal dicembre '68 al luglio '69. I problemi che, come ministro dei Lavori Pubblici, ho dovuto allora affrontare sono stati quelli dell'emergenza determinata dal terremoto, e si trattava di problemi drammatici; basti pensare che bisognava dare un ricovero a centomila persone». Dice ancora Mancini: «VIses fu da me chiamato a collaborare nel Belice in quanto Ente pubblico abilitato per legge ad operare nel campo dell'edilizia sociale. Aveva già svolto attività positiva nell'Irpìnia ed a Longarone. Come in effetti abbia poi operato nel Belice non sono in grado di valutare... Escludo nel modo più assoluto, pur non disponendo di documenti, che ai centocinquanta progettisti utilizzati dall'Ises per collaborazioni esterne (professionisti di alta qualifica culturale e tecnica) siano state corrisposte somme superiori a quelle previste dalla legge, somme che forse non sono state nemmeno del tutto pagate». Chiude la sequenza l'onorevole Lauricella, deputato siciliano. Dice fra l'altro: «IVon credo che Mancini intendesse riferirsi a me, non ce ne sarebbe stato motivo. I mandati di cattura spiccati dalla magistratura trapanese si riferiscono a perizie e, in genere, a fatti tecnici che esulano dalla competenza di un ministro. Quando si sono verificati i fatti contestati dai giudici non era influente né il mio nome né quello dell'onorevole Mancini. Per quanto mi riguarda posso dire solo questo: la mia attività si è svolta sempre alla luce del sole, le scelte da me suggerite sono state apertamente confrontate in pubbliche assemblee ed io non ho fatto altro che mettere finalmente in movimento ciò che era già programmato. Non un solo tecnico di quelli colpiti dal provvedimento giudiziario è stato designato da me. Il Provveditore alle opere pubbliche, l'ingegner Vittorio Della Corte, è stato, ad esempio, nominato dal pria. Ora è attesa la reazione dei repubblicani. Nel frattempo c'è chi analizza anche l'operato della magistratura. I tredici arresti avvenuti la settimana scorsa sono stati eseguiti su mandati di cattura firmati quaranta giorni prima, il 12 dicembre, come ha confermato il dottor Sciuto. Che cosa ha tenuto fermi i carabinieri per tanto tempo? Una questione tecnica (il reperimento di tutti gli indirizzi delle persone da arrestare) o quali altre considerazioni di opportunità giudiziaria? Come si vede, è grave il polverone sollevato dal tanto atteso inizio di una inchiesta ufficiale sul Belice. Nemmeno per il cronista è facile orientarsi in questo nebbione. Franco Giliberto