Tanti e profondi mutamenti con il Parlamento europeo di Paolo Garimberti

Tanti e profondi mutamenti con il Parlamento europeo INTERVISTA AL PRESIDENTE EMILIO COLOMBO Tanti e profondi mutamenti con il Parlamento europeo Emilio Colombo, ii" anni, e presidente del Parlamento europeo da nove mesi, dopo esserne stato membro dall'ottobre del 1976. I numerosi incarichi ministeriali in campo economico e finanziario nell'arco (li una trentennale carriera politica (è stato successivamente ministro dell'Agricoltura, del Commercio estero, dell'Industria, del Tesoro e del Bilancio) hanno portato Colombo a partecipare direttamente alle vicende europee, dal negoziato conclusosi con la Urina del trattato di Roma fino all'allargamento della Comunità all'Inghilterra, alla Danimarca e all'Irlanda. Fu proprio Colombo che firmò per l'Italia, nel 1971, il trattato di adesione dei tre Paesi nella sua qualità di presidente del Consiglio italiano, carica che ricoprì da] 1970 al 1972. In questa intervista a EUROPA, Emilio Colombo esamina il tema delle elezioni europee in relazione all'attuale stato della Comunità. EUROPA — Signor presidente, dopo il voto inglese ai Cornimi, pensa che le elezioni del Parlamento europeo slitteranno inevitabilmente alla primavera del 1979? COLOMBO — Le eiezioni dirette del Parlamento sono una grande speranza per l'Europa, una prospettiva politica che già sta dimostrando una straordinaria capacità di agire in profondità nelle opinioni pubbliche, specialmente tra i giovani. Si determinano cambiamenti, si preparano evoluzioni che il quadro nazionale non avrebbe mai consentito. E' negativo che non si sia tenuto conto di questa speranza, che non si sia rispettata la scadenza già fissata del maggio-giugno 1978. Non credo che per gli adempimenti procedurali indispensabili alle elezioni, da parte di lutti i Paesi interessati, si esiga un tempo che vada oltre la prima metà dell'anno 11)78. Perciò non considero fatale e spero che non sia necessario un rinvio alla prima- vera del '79, salvo che non intervengano altre valutazioni politiche, estranee alle elezioni europee e inerenti alla politica interna dei Paesi membri, a determinare lo spostamento ad una data così lontana. EUROPA — Quali conseguenze avrà questo ritardo sulla costruzione dell'Europa? COLOMBO — Tale ritardo rischia di rafforzare gli scetticismi, che a loro volta rendono più incerta la marcia europea. In un momento in cui dall'esterno — Spagna, Grecia e Portogallo insegnano — il richiamo democratico della Comunità appare insieme irresistibile e qualificante, noi all'interno non riusciamo, invece, ad avere le idee chiare sui nostri veri interessi e a compiere tempestivamente quel passo avanti che è conforme all'essenza democratica della nostra costruzione. Inoltre, in una fase nella quale tutto il processo di cosruzìone europea è piuttosto stagnante, il rinvio delle elezioni allontana un momento di ripensamento serio e di impulso politico ed introduce, invece, un ulteriore elemento di acquiescenza alle incertezze e ai rinvii, che oggi caratterizzano il cammino dell'unione europea. Ma non bisogna scoraggiarsi. L'impegno politico per le elezioni deve aumentare e compensare m qualche modo il ritardo. Le forze politiche, mi richiamo particolarmente a quelle che professano una fede europeistica, impegnate come sono sin d'ora ad un confronto elettorale, potranno dar prova, siano al governo o all'opposizione, di saper promuovere politiche ed assunzioni di responsabilità tali da provare nei fatti di meritare il consenso degli elettori europei. EUROPA — Quale ruolo svolge e quale ruolo potrà svolgere, dopo le elezioni a suffragio diretto, il Parlamento europeo nel quadro dello sviluppo della Comunità? COLOMBO — Il Parlamento europeo, già oggi, ha una funzione che va ben oltre quella meramente consultiva. Ha poteri propri in materia di bilancio, partecipa intensamente alle funzioni legislative, mantiene un dialogo crescentemente vivace con il Consiglio dei ministri e la Commissione. Tra l'altro, oltre a quelli comunitari, dibatte i grandi temi internazionali cui si interessa la cooperazione politica a nove. Alle elezioni non si accompagno, dì per sé, un'estensione di questi compiti: ma tutti comprendono quale maggiore autorità e vivacità darà il suffragio popolare ai dibattiti del Parlamento europeo. EUROPA — Dunque, signor Presidente, lei non prevede, dopo le elezioni, un ampliamento dei compiti istituzionali del Parlamento? COLOMBO — Il nuovo Parlamento potrà e dovrà anzitutto promuovere l'applicazione piena dei trattati, nei quali è contenuto molto più di quanto sia stato compiuto. Sul piano istituzionale il compito del nuovo Parlamento europeo non dovrebbe essere tanto quello di rivendicare poteri più ampi per sé, bensì un assetto delle istituzioni comunitarie tale da colmare il vuoto, oggi così manifesto, tra i compiti che si pongono ad una comunità così vasta e l'inadeguatezza dei poteri e delle attribuzioni delle istituzioni che debbono guidarla. E' dunque un'evoluzione globale delle istituzioni comunitarie quella cui bisognerà guardare, evoluzione che sia conforme ai principi propri di una moderna costruzione democratica: eliminazione graduale degli aspetti burocratici, distribuzione dei poteri maggiormente ispirata ai valori caratteristici degli Stati moderni. In una parola, una Commissione esecutiva ed un Consiglio europeo più direttamente responsabili verso il Parlamento e la funzione legislativa maggiormente concentrata nel Parlamento. EUROPA — Si può ipotizzare una bipolarità di funzioni politiche con qualche rischio di conflittualità, tra il Presidente del Parlamento e il Presidente della Commissione? COLOMBO La tradi¬ zione in tutti i nostri Paesi è per una netta divisione fra il potere legislativo e quello esecutivo: non è certo nel quadro comunitario che vogliamo alterarla. Vogliamo, anzi, che la dialettica democratica tra i vari poteri si svolga anche in questo quadro in modo pieno e costruttivo. Dopo le elezioni, il Presidente del Parlamento europeo avrà la responsabilità di rappresentare, nel dialogo con le altre istituzioni, un peso politico con radici proprie e quindi, evidentemente, più rilevante. EUROPA — Come giudica, signor presidente, lo stato dell'Europa oggi? L'ultimo Consiglio europeo, da molti severamente criticato al punto che il lussemburghese Thorn ha detto che soltanto in certi momenti ha raggiunto il livello di un buon Consiglio dei ministri, sembra aver sottolineato una volta di più le divergenze tra le strategie economiche degli Stati membri e l'arretratezza istituzionale della Cee, cioè, l'incapacità politica di affrontare i nodi strutturali della Comunità. COLOMBO — Le prove che la Comunità sta affrontando in questo periodo non sono certo facili. La crisi economica ha colpito tutti, determinando una generale, grave minaccia all'occupazione, ma anche effetti diversi a seconda dei Paesi e che tenderebbero ad accentuare le differenze esistenti, se non si intervenisse. Poi tutte, senza eccezioni, le nostre società sono travagliate, sia pure in varia misura, da problemi di altra natura: il terrorismo, la riscoperta, a volte tumultuosa, di valori regionali, etnici, una difficoltà di inserimento dei giovani, che non è solo economica, ma anche morale e psicologica. Questa elencazione di guai non vuol precostituire una scusante al non sempre soddisfacente progresso della costruzione europea, perché effettivamente la fase attuale della politica europea è stagnante e riluttante ad affrontare i grandi temi, soprattutto quelli che possono condurre al superamento delle attuali difficoltà. Le osservazioni del presidente Thorn contengono una polemica costruttiva. Mi consenta, però, di avanzare anch'io una domanda. L'insoddisfazione per come le cose procedono nella Comunità intende porsi come critica dura, magari intransigente, ma stimolante: oppure insinua uno stato d'animo di scetticismo e prelude, in fondo, ad una svalutazione dì ciò che quest'Europa, che si costruisce così faticosamente, può rappresentare? EUROPA — A suo avviso, perciò, il processo europeo è insostituibile ed irreversibile. COLOMBO — La Comunità esiste e ha già una sua solidarietà. Dobbiamo ripetercelo anche nei momenti di insoddisfazione. I sistemi produttivi si sono integrati più di quanto appaia. L'irreversibilità, più che nei trattati, è nei fatti. Tornare indietro, tutti lo sanno, avrebbe un costo disastroso, che nessun governo o forza politica può ragionevolmente pagare. E allora occorre rendere di nuovo la volontà politica più operante, come nei momenti migliori. A questa vigila il Parlamento, per ora come può: le elezioni dirette saranno, per questo ruolo, fondamentali. EUROPA — Quali sono oggi, signor Presidente, i problemi prioritari tra i tanti che la Cee deve affrontare e risolvere? COLOMBO — A parte il tema delle elezioni dirette, del quale abbiamo già parlato e che è un passo essenziale verso l'unione politica, mi sembra che sul piano economico le difficoltà della situazione mettano in luce alcuni obiettivi urgenti. In primo luogo, appaiono indispensabili ulteriori progressi nel coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri. Le politiche di stabilizzazione dei Paesi deficitari non son sufficienti ad assicurare un ragionevole ed accettabile tasso di sviluppo economico, se non sono accompagnate da politiche di espansione dei Paesi economicamente più forti, sul piano comunitario e su quello mondiale. In questo conlesto è necessario sviluppare gli strumenti e i mezzi finanziari della Comunità e ricercare soluzioni comuni ai problemi strutturali. Questi sforzi possono essere meglio intrapresi se posti nella prospettiva dell'unione economica monetaria, che resta l'indispensabile obiettivo da realizzare, pur con gradualità, da parte della Comunità. Nella prospettiva di una riduzione degli squilibri e delle disparità esistenti tra le varie regioni della Comunità, e quindi come contributo alla convergenza delle economie dei Paesi membri si pone anche l'approfondimento e la revisione delle così dette politiche settoriali a cominciare dalla politica agricola, specie per alcuni prodotti, come quelli delle regioni mediterranee. L'ampliamento alla Grecia, al Portogallo e alla Spagna costituisce infine uno degli elementi di rilievo della prossitna attività comunitaria. Occorre lavorare ad una impostazione dei problemi che elimini il rischio di un indebolimento delle strutture comunitarie e trasformi l'adesione dei nuovi Paesi membri in un fattore dinamico del processo di unificazione europea. Si può affermare che il modo con il quale saranno affrontati i problemi dell'adesione costituirà un banco di prova della volontà politica dei Paesi membri ad approfondire il processo unitario dell'integrazione europea. Vi è da tener presente, a questo riguardo, la piena disponibilità politica dei Paesi candidati ad impegnarsi senza riserve nel processo di unificazione europea. Paolo Garimberti Il presidente del Parlamento europeo Emilio Colombo

Persone citate: Emilio Colombo, Thorn