Le "tute blu,, salvano il Paese dal terrorismo

Le "tute blu,, salvano il Paese dal terrorismo Gli operai, baluardo antifascista Le "tute blu,, salvano il Paese dal terrorismo Sempre più spesso, in questi giorni, parallelamente alle azioni di violenza, assistiamo alla condanna del terrorismo espressa in manifestazioni e assemblee di fabbrica. II telegiornale ci mostra grandi capannoni affollati di maestranze, l'occhio della telecamera inquadra i volti dei giovani, volti gravi e assorti, ascoltiamo le loro dichiarazioni, frasi brevi e rassicuranti, mentre sfilano sotto i nostri occhi le immagini della devastazione o il tragico bilancio degli attentati. Chi lo avrebbe detto, trent'anni fa, che sarebbero diventati gli operai il baluardo della Repubblica? Nove anni di strategia della tensione, effettuata con tutti i mezzi, hanno dato questo risultato: che i bardi della democrazia sono nati qui, nelle fabbriche dove ai tempi di Togliatti si muravano i parabellum per la rivoluzione definitiva. Sono loro adesso, le tute blu, a difenderci dagli assalti dei provocatori e dalle congiure di Stato. Quella presenza composta e massiccia, quelle braccia conserte come nei manifesti, ci garantiscono meglio di tutto che il fascismo non passerà, e che comunque dovrà fare i conti con loro, ancora una volta. Non con i pittoreschi cortei degli studenti, non con l'astensione degli impiegati d'ufficio. La coscienza di classe la si ha, ma non s'inventa. E davanti ai pericoli è come una spia rossa che si accende da sola. E' stato sempre così. Un operaio non ha bisogno di leggere l'ultimo saggio pubblicalo, per sapere da che parte deve stare. Come può pensare di ottenere il consenso degli operai, chi incendia o mette bombe nella fabbrica che garantisce il loro salario? E' stato così, del resto, anche quando, nei giorni della Liberazione, i nazisti volevano far saltare in aria gli stabilimenti, e toccò ai gappisti di evitarne la distruzione, mentre i padroni slavano in Svizzera. Spiacenti, sembrano dire gli operai in questi casi, il padrone sarà un nemico ma la fabbrica non si tocca. E chi, per una ragione o per l'altra, vi attenta, cade subito in sospetto. Perché se un reparto brucia, c'è del losco in Danimarca. Adesso, si sa, la confusione ideologica si è estesa anche alle catene di montaggio. I teorici della violenza qualche suggestione la esercitano, soprattutto Ira le file degli immigrati. — Iscriviti pure al sindacalo, sarai sempre un paria — è il sussurro degli autonomi. Ma sussurri e grida non bastano a cambiare la coscienza di classe. Resta sempre vera la definizione di Lenin, dell'estremismo come malattia infantile del socialismo. E ora l'operaio italiano sente di averla superata, l'età del morbillo; sente che oggi bisogna fare quadrato e difendere le conquiste, non rischiare di mandare a monte anche quelle ottenute, o peggio vederle cancellate da un regime militare. Non è vero che l'esperienza i del '19 è andata perduta. Sono stati gli studenti, questa volta, a reagire agli attentati con nuovi assalii ai covi missini. Gli operai sono rimasti fermi, non si sono lasciati prendere nella spirale delle vendette. Anche di questo è fatta la coscienza di classe: sapere come finiscono le storie senza aver letto i libri, conoscendole dal di dentro, quasi per trasmissione di cellule. Di questo va dato atto ai nostri sindacalisti, e alla oculatezza con cui oggi conducono le lotte. Non avesse altro merito, il sindacalo ha saputo usare, meglio dei nostri governanti, l'acceleratore delle rivendicazioni e il freno delle rivolte. A rischio, com'è accaduto, di farsi fischiare dagli studenti. Certo era impensabile un atteggiamento così saggio, negli anni della guerra fredda, quando invece era tenuto in caldo l'appello insurrezionale, perché Baffone era lì per arrivare. Allora, nei cortei dei lavoratori non si trovava un solo studente! Erano assenti, o meglio impegnati a fare a botte per Trieste italiana... Quale altro Paese in Europa ha avuto una simile evoluzione? E quale altro Paese d'Europa avrebbe resistito ai tentativi di sovversione, alle stragi di Stato, agli intrighi del controspionaggio, senza mai perdere la testa? Segno che qualcosa è avvenuto, da allora, e che non tutti i mutamenti sono avvenuti in peggio. I liceali di allora leggevano Candido e chiamavano gli operai «trinariciuti». Roba da arrossirne ancora. Poi è venuta la generazione del Sessantotto, ma è proprio vero che bisogna diffidare delle rivoluzioni quando a farle è la borghesia. Infatti alla classe operaia il Sessantotto ha portato più guai che conquiste. Ha portato gli scioperi selvaggi. la tecnica della «disaffezione», l'uso della violenza indiscriminata, e nient'altro. La disubbidienza e stata posta sugli altari. Ma è una dea che l'operaio non può amare, se non squalificando se stesso e il proprio lavoro. Adesso qualcuno dice che, se è finita nelle fabbriche l'epoca delle schedature, Io si deve al contributo del movimento studentesco, lo dico che lo si deve ! alla forza accresciuta del sindacato. E aggiungo che se ci ritroviamo a vivere in una Repubblica, scassata ma democratica, lo si deve da una parte all'apatia dei ceti medi, e dall'altra alla compattezza degli operai, ai loro nervi saldi. Nelle città del Nord ci sono molte lapidi ai caduti partigiani, quasi tutti adolescenti. Andate a vedere dove si trovano: sono sulle facciate delle case più povere, nei conili dei casamenti popolari, ornate di smorte ghirlande. Gli croi delle barricale son sempre quelli. E questi ragazzi non morirono per la Libertà celebrata nei discorsi. Morirono perché i fratelli minori trovassero ancora in piedi le fabbriche, e neile fabbriche un mondo più giusto. Carlo Castellaneta

Persone citate: Carlo Castellaneta, Lenin, Togliatti

Luoghi citati: Danimarca, Europa, Svizzera, Trieste