India: Coca Cola, addio di Fabio Galvano

India: Coca Cola, addio LE "MULTINAZIONALI,, CACCIATE VIA India: Coca Cola, addio La Coca Cola è giù scomparsa, ora è il turno dcll'Ibm. L'India del «dopo Indirà» attua le leggi della Gandhi, le stesse clic l'opposizione ora al governo aveva sempre osteggiato. La guerra alle multinazionali era uno dei temi cari a Indirà: voleva essere uno sprone all'industria nazionale, liberata in quel modo da concorrenti efficienti, e un atto politico destinato ad accrescere i meriti agli occhi del Cremlino. La legge sulle multinazionali, approvata quattro anni fa ma solo negli ultimi mesi giunta alla fase d'attuazione, prescrive che possano restare immutate le imprese che producono soltanto per l'esportazione. Quelle che vendono il loro prodotto anche sul mercato indiano hanno dovuto sottostare a una disastrosa alternativa: cedere la maggioranza del pacchetto azionario ad azionisti indiani, oppure chiudere bottega e andarsene. Quest'ultima è la via scelta dalla Coca Cola, dalla Ibm e da altre 52 aziende che fanno capo a gruppi multinazionali. Il ministro indiano per l'Industria, George Fcrnandes sostiene che il fenomeno non è preoccupante, che soltanto 750 delle 5400 aziende estere in India hanno statuto di multinazionali, che una minima parte ha chiuso gli stabilimenti. «La Cocci Cola e la Ibm — dice — non significano Un esodo*. Del problema, a quanto pare, avrebbe discusso lo stesso presidente americano Carter nei suoi recenti colloqui con il primo ministro indiano Desai; qualcuno afferma, anzi, che l'intransigenza indiana sulla questione delle multinazionali sia stata uno dei principali motivi della non perfetta intesa fra i due lcaders. Per mesi i dirigenti delle maggiori multinazionali avevano cercato di trovare una via d'uscita che rappresentasse un compromesso vantaggioso per entrambe le parti. In un'India che ha nella disoccupazione un dramma irrisolvibile, la chiusura di alcune grandi aziende non può avere che conseguenze negative. E' il caso della Ibm. Il colosso elettronico americano aveva costruito nel suo stabilimento di Bombay il primo computer interamente indiano, e aveva poi dato il via a un programma di esportazioni — seguito poi da altri — che fa oggi dell'India un grande produttore ed esportatore (in 35 Paesi) di cervelli elettronici. Se alla chiusura della Coca Cola il governo ha potuto subito rispondere con (la an- il lancio di una bibita alternativa «77», così battezzata per ricordare no che ha visto tanti mutamenti politici e sociali nella vita del Paese), di fronte alla chiusura dcll'Ibm è dilTìcile replicare con altrettanta prontezza. Con la sigla se ne vanno anche tecnici, ingegneri, tutto il «know-how» tecnologico; senza contare che sembrano destinale a morire le trecento società sussidiarie nate per fornire componenti di precisione alla Ibm. Le trattative fra il governo indiano e le due grandi industrie si sono arenate quando il ministro Fcrnandes ha insistito che, in ogni caso, esse avrebbero dovuto rendere partecipi i loro partners indiani del bagaglio tecnico relativo alla produzione. Ciò avrebbe significalo, per la Coca Cola, rivelare la formula segreta della sua bibita; e per la Ibm mettere a disposizione, dall'oggi al domani, studi costati decine di miliardi e anni di lavoro. Di fronte a questa prospettiva, i due colossi hanno optalo per la rinuncia. La Coca Cola ha già chiuso i battenti, mentre per la Ibm il processo è più graduale: questa settimana chiude lo stabilimento di Bombay. Fabio Galvano

Persone citate: Desai, Gandhi, George Fcrnandes

Luoghi citati: India