E l'Università aspetta ancora di Benedetto Marzullo

E l'Università aspetta ancora PROMESSE E RIFORMA E l'Università aspetta ancora Roma, 22 gennaio. La crisi di governo, la inattività delle Camere, le incerte se non allarmanti prospettive del quadrò politico, risospingono in alto mare, verosimilmente dissolvono il dibattito sulla riforma universitaria. II cosiddetto « accordo a sei » del luglio 76, prevedeva « una politica di programmazione dello sviluppo dell'Università, per arrestarne la crescita irrazionale e hi progressiva dequalificazione ». Non prevedeva in sostanza nulla, aggiungeva non più che lastricate intenzioni sulle vie dell'inferno. Soltanto nel maggio del '77, del resto, i comunisti depositarono al Senato un loro progetto di legge. Se ne aggiunsero, rapidamente, altri quattro: di cui due, singolarmente, del governo e della democrazia cristiana. In extremis, i liberali hanno da poco aggiunto il loro: una platonica affermazione di principi. Il senatore Spadolini si è dimostrato infaticabile nel coordinare, unificare, formalizzare le divergenti proposte. Nello scorso aprile assicurò che, per ottobre, la Commissione da lui presieduta avrebbe presentato in aula uno schema finalmente concordato. Un Comitato ristretto ha appena ultimato i suoi lavori: ha in realtà identificato i punti di consenso, ma soprattutto rimarcato quelli difficili da conciliare. Innegabili passi in avanti si sono compiuti. Incombe tuttavia l'impressione che, malgrado il comune impegno, non più che isolati elementi possano considerarsi assodati, che una organica riforma continui a restare baluginante, se non « rimossa » istanza. L'onorevole Moro pragmaticamentc avvertiva, in un nuovo intervento di qualche settimana fa, « che la realtà è ancora troppo mobile perché si possa dare vita a strutture veramente stabili ». Fenomeni complessi, quali il rapporto tra Università e società, Università e territorio, Università e popolazione direttamente interessata (docenti, non docenti, allievi), a questo punto non gli sembrano « dominabili che per successivi adeguamenti ». Precisa tuttavia: « quando essi si rivelino necessari ». Una integrale, soddisfacente filosofia dell'Università non è ipotizzabile oggi, né in Italia né altrove. Si procede empiricamente, dovunque. Le nuove esperienze sono garantite più dalla maturità sociale e culturale dei rispettivi tessuti, che dalla intrinseca bontà delle formule. Attingerle, scimmiottarle, o polemicamente scavalcarle, può risultare deleterio. Alla oggettiva resistenza dei problemi, si sposa un voluttuoso istinto dialettico, il bizantinismo verbale, l'estremismo intellettuale di cui ci gloriamo. Il senatore Spadolini si è più volte dichiarato convinto che la riforma entrerà in vigore col prossimo ottobre, ha giustamente auspicato che anche quella della secondaria (suo indispensabile complemento) sia pronta per la stessa data. C'è da dubitare dell'eccessivo quanto generoso ottimismo. Temiamo, con sempre più pungente apprensione, che né l'uno né l'altro progetto vadano, o possano mai andare in porto. Nello scorso marzo, il ministro Malfatti, con spregiudicato realismo, siglava un accordo con i sindacati, si stabilirono (dopo due anni di lotta) punti cardinali non solo per lo stato giuridico di docenti e affini, ma per le stesse strutture in cui dovranno operare. Partiti, Parlamento, reagirono con indignata violenza, contro P« anticipo » dei cospiratori. Bloccarono l'attuazione del documento. Né sindacati, né gover¬ no, tanto meno gli interessati (almeno cinquantamila operatori) hanno fiatato. Al Senato, i temi su cui le due maggiori forze politiche hanno velocemente concordato, sembrano proprio quelli sanciti dal negletto accordo. Ignota è la sorte che attende, nei prossimi mesi, il generale assetto politico. Nella dilagante, se non minacciosa insicurezza, appare saggio, per quanto riguarda la stanca Università, stralciare immediatamente ciò che è maturo, concordato. Lo stato giuridico del personale, docente o in addestramento: diritti, doveri, incompatibilità, reclu t amen to, qualifiche, carriere, retribuzioni, sono adeguatamente (anche se rischiosamente) configurati. Trasformandolo, senza ulteriori e sospetti indugi, in legge dello Stato, nuove certezze, ma anche nuove forze saranno acquisit • agli Atenei. Queste comportano, auspicabilmente, inattesa ideazione, rinnovata moralità. Un propellente che oggi difetta, o appare malignamente irrancidito. I problemi di struttura, a loro volta, troveranno automatica prospezione: il feticcio dipartimentale, meccanismi contraddittori, in realtà subdolamente oppressivi, dovrebbero rapidamente dissolversi. Non più ammorbare, deprimere il lavoro delle Università. Benedetto Marzullo

Persone citate: Spadolini

Luoghi citati: Italia, Roma