MENO TASSE di Mario Salvatorelli

MENO TASSE Per rilanciare l'economia MENO TASSE Potrebbe essere la ricetta giusta Per l'economia italiana è stato prodamalo lo stato di emergenza e, come prima 'logica' conseguenza, si è deciso di cambiare il governo. Come se negli ultimi anni l'economia avesse navigato nel tranquillo mare della normale amministrazione, e come se i problemi fossero all'improvviso esplosi all'inizio del 1978, oppure, se c'erano, non si fosse fatto nulla per risolverli. Ora, non si sa che cosa possa succedere. Il pedagogista cattolico Giovanni Gozzer, parlando con il giornalista Giampaolo Pansa su le colonne de la Repubblica di ieri, afferma che « questo Paese è come una roulette. Può uscire di tutto: rosso, nero, zero, pari, dispari ». A parte il fatto che da una roulette possono uscire solo il rosso, il nero o lo zero, perché tutte le altre possibilità sono per forza unite a un colore, il rosso o il nero, c'è una soluzione che l'economia non può assolutamente permettersi: lo « zero j>. Neppure provvisoriamente, in attesa che ne esca un'altra, perché l'economia non può attendere. Il problema numero uno in Italia è la spesa pubblica, che ha raggiunto il 33 per cento del reddito nazionale, un terzo esatto, e difficilmente potrà ridurre nel 197S questa assurda proporzione. Negli Stati Uniti la spesa pubblica è il 22 per cento del reddito nazionale, e se si aggiunge che in c-:el Paese il reddito medio per abitante è due volte e mezzo il nostro, ci si può render conto dello sforzo che dobbiamo fare per risalire la china. In questa situazione, gli altri, anche gravi, problemi dell'economia passano in seconda linea: l'inflazione, di cui nel 1977 siamo riusciti a ridurre il ritmo, dal 22 al 14 per cento; i conti con l'estero, che nel 1977 siamo riusciti a far quadrare, con un buon margine al nostro attivo, compiendo quasi un « miracolo », perché ci si dimentica talvolta che in pochi anni il prezzo del petrolio greggio (che ci dà più del 70 per cento dell'energia di cui il Paese ha bisogno) è salito da meno di 10 mila lire a più di SO mila lire la tonnellata, otto volte tanto. Stabilito che la spesa pubblica non può diminuire, rimangono due strade da percorrere, contemporaneamente: rendere quella spesa più produttiva di beni e di servizi, soprattutto di servizi, e aumentare il prodotto nazionale. Sono le due strade indicate dai partiti e dalle parti sociali nelle loro proposte di politica economica presentate in queste ultime settimane. Quindi, almeno su questo punto, tutti d'accordo. Stupisce, almeno a mio parere, il fatto che nessuna di queste proposte accenni all'opportunità di ridurre il carico fiscale per rilanciare il sistema produttivo, quindi il reddito nazionale, ma tutte, al contrario, in misura e con strumenti diversi, invitino ad aumentarlo. Mi stupisce perché la contraddizione tra la crescente necessità di spesa dell'amministrazione pubblica e la riduzione delle imposte, cioè del flusso di gran lunga maggiore delle sue entrate, è solo apparente. Faccio un esempio, esagerando ovviamente le percentuali, senza alcun riferimento, se non casuale, con la realtà per semplificare. Se si riduce da 30 a 20 lire il prelievo fiscale ogni 100 lire di reddito prodotto, il fisco incassa 10 lire di meno, ogni 100 di prodotto. Ma se queste 100 lire diventano 150, ecco che il fisco riesce ad incassare egualmente 30 lire, mentre il rapporto tra spesa pubblica e reddito nazionale diminuisce, l'economia riprende vigore, e con essa salgono i livelli di occupazione, i consumi e gli investimenti. A questo punto, scatta un altro pericolo: quello d'una ripresa dell'inflazione e di un nuovo squilibrio dei conti con l'estero, perché aumentano le importazioni di materie prime e semi-lavorati da trasformare in prodotti finiti, di petrolio per l'energia, di carni e altri generi alimentari per soddisfare il maggior potere d'acquisto delle famiglie. Ma qui entrano in gioco le proposte delle parti sociali per contenere il costo del lavoro e accrescere la produttività (quindi ridurre i costi di produzione) e per controllare ogni aumento dei prszzi che non sia giustificato. Quanto al disavanzo della bilancia dei pagamenti con l'estero possiamo contare su riserve di valute per olire 7000 miliardi di lire, due volte e mezzo quelle che avevamo all'inizio del 1977 e più di otto volte quelle di cui disponevamo all'inìzio del 1976. L'accorgimento dì alleggerire il carico fiscale, per permettere all'economia di procedere più spedita, è stato adottato di recente, e con buon successo, in Gran Bretagna. Oggi anche gli Stati Uniti annunciano di volerlo attuare. In Italia, invece, nessuno lo prende in considerazione. Personalmente non sono d'accordo. Un'ultima osservazione, nessuno dei programmi economici finora presentati contiene proposte precise contro l'evasione fiscale. Tutti sanilo quanto questa sia cospicua, sia nel campo delle imposte dirette, sia, e soprattutto, in quello delle imposte indirette, Iva in prima linea. Si possono controllare, con decine di milioni di contatori, i consumi di energia elettrica, di gas, di telefono. E' proprio impossibile, con qualche centinaio di migliaia di contatori di cassa, controllare i « consumi » dell'Iva, così da distribuire più equamente il carico fiscale, e da aumentare le entrate pubbliche? Mario Salvatorelli

Persone citate: Giampaolo Pansa, Giovanni Gozzer

Luoghi citati: Gran Bretagna, Italia, Stati Uniti