Due progetti a confronto per rilanciare l'economia di Mario Salvatorelli

Due progetti a confronto per rilanciare l'economia Il compito di sindacati e imprenditori Due progetti a confronto per rilanciare l'economia Il Cnel potrebbe svolgere la mediazione per un accordo Roma, 15 gennaio. Ricorre tra pochi giorni il primo anniversario di quel « mini-patto sociale » che venne siglato il 25 gennaio (e poi firmato in primavera) tra la Confindustria e la Federazione sindacale unitaria. C'erano le premesse di un « patto sociale » che avrebbe potuto aprire all'Italia un altro lungo periodo di sviluppo, socialmente ed economicamente più avanzato di quello 1956-1961, nell'ordine e nell'equilibrio dei conti con l'estero e dei prezzi all'interno. Quelle premesse sono state raccolte e quantificate in questi giorni dalle nuove proposte degl'industriali privati (gl'imprenditori pubblici, com'è noto, non prendono mai posizione, se non a livello, purtroppo insufficiente sul piano operativo di dirigenti). Le proposte degl'industriali sono contenute nel documento «Operazione sviluppo» che si differenzia, tanto per dirla in poche parole, dal programma di governo perché antepone lo sviluppo all'austerità, e non viceversa, con l'ovvia speranza che lo sviluppo sia tale da rendere inutile, al limite minimo meno austera, l'austerità. Quindi, prima il rilancio dell'economia e poi, al momento e nella misura giusta, la manovra fiscale e tariffaria: aumento di certe imposte e delle tariffe di certi servizi pubblici, il cui disavanzo ricade sul bilancio statale. Quanto agli investimenti, stimolare subito quelli cosiddetti « autonomi », cioè indipendenti dalle leggi di mercato, in pratica quelli pubblici: per le centrali nucleari e tradizionali, per le telecomunicazioni, per l'edilizia, per le ferrovie, per il Mezzogiorno. I sindacati hanno risposto sullo stesso tono, con una disponibilità a un « patto triennale » includente anche il costo e la mobilità della mano d'opera, che, come osserva¬ va giustamente il direttore de La Stampa ieri, costituisce « un fatto politico di grande potenziale importanza ». Ma in questa fase di avvicinamento delle parti sociali, casualmente, o forse proprio per evitarla, è scoppiata la crisi politica. L'economista Romano Prodi ha scritto sul Corriere della Sera che anche gli operatori economici possono, come da tempo stanno facendo, accontentarsi dell'ordinaria amministrazione, come quella di un governo dimissionario. Mi permetto di non essere d'accordo, una volta tanto, con Prodi: l'ordinaria amministrazione mortifica i livelli occupazionali, in atto o in potenza, con grave disagio dei lavoratori, ma logora anche le aziende, forse già a breve termine, certo a medio e lungo termine, sul piano della competitività internazionale. Non illudiamoci: la lira non rimarrà fuori dalla tem- i pesta, né le aziende manter- ranno le loro posizioni sui mercati, se saranno costrette a far girare per un anno il motore al minimo. Se la crisi è economica, come in effetti lo è, la si doveva tentare di risolvere sul piano economico, quindi, in primissima istanza, tra le parti sociali, nelle fabbriche, non nelle sedi più o meno oscure dei partiti politici. Perché il mantenimento della democrazia in Italia è affidato ai sindacati, al loro rafforzamento, al riconoscimento di essi come interlocutori non saltuari, occasionali, ma permanenti del governo. Quando diciamo sindacati, ovviamente, intendiamo sia quelli dei datori di lavoro, sia quelli dei lavoratori dipendenti, perché seno due Mario Salvatorelli (Continua a pagina 2 in prima colonna)

Persone citate: Prodi, Romano Prodi

Luoghi citati: Italia, Roma