Parità di diritti, sì ma il club è vietato

Parità di diritti, sì ma il club è vietato I vecchi pregiudizi sono ancora più forti delle leggi nella lunga marcia dell'emancipazione femminile Parità di diritti, sì ma il club è vietato Cefalù, provincia di Palermo, dodicimila abitami, centro peschereccio e turistico, famoso per la cattedrale delPXI secolo. Da qui s'è accesa una nuova scintilla, è venuto alla luce un nuovo obiettivo nella lotta delle donne per la loro affermazione nella società. La vicenda è di questi giorni: il locale « Circolo unione », una associazione sorta nel 1883 a scopo culturale e ricreativo, alla quale erano iscritti finora soltanto uomini, ha fronteggialo la richiesta di iscrizione di una ventina di donne nel modo più drastico. In un'assemblea sociale e stato modificato lo statuto, deliberando di non ammettere donne fra i soci del circolo. La reazione delle aspiranti è stata immediata: un documento dell'Udì locale ha violentemente condannato l'episodio ed Angela Cristina, esponente dell'Udì e leader della protesta, ha dichiarato guerra ai dirigenti del circolo. Risaliamo d'un balzo la penisola. A Torino i c7i/6s interdetti alle donne sono almeno un paio. Visitiamo il Circolo del Whist, o meglio il Circolo Società del Whist ed Accademia Filarmonica, nato dalla fusione, nel 1948, delle antiche Accademia Filarmonica (data di nascita 1814) e Società del Whist, istituita da Cavour nel 1841 sul modello di analoghi chtbs inglesi. Il grande palazzo in piazza San Carlo, costruito verso il 1650 su disegni di Carlo di Castellamonte ed in parte ricostruito un secolo dopo da Benedetto Alfieri, ci svela gli affreschi di Bernardino Galliari, gli stucchi dorati e le porte Luigi XVI, i bassorilievi, i lampadari, le specchiere, i dipinti che arricchiscono le sale, i corridoi, la Galleria, l'Odco per i concerti, il mirabile Ottagono affrescato dalla scuola del Beaumont. Di questi tesori godono i circa settecento soci del Club (la selezione è severissima: per l'ammissione di un candidato occorrono i 5/6 dei voti dei soci), tutti uomini. Agli ospiti del Club, ed in questo caso anche alle donne, e consentito l'accesso alla sola foresteria. « La tradizione ottocentesca — dicono il vicepresidente ed i consiglieri del circolo — voleva che il Club fosse riservato solo agli uomini, che la sera potevano cos'i riunirsi per il gioco, la conversazione, la lettura. Le signore non uscivano se non per speltacoli o ricevimenti, e quindi non c'era motivo che il Club fosse aperto a loro ». — Ma ora le cose sono mutate. Non si prevede che il Club possa allargare le iscrizioni? « E' assolutamente da escludere. Vede, qui siamo tutti fra amici, i soci sono persone dello stesso livello di educazione che trovano nel Circolo un'occasione di ritrovo, di parlare anche di affari. Le donne non potrebbero esservi interessate ». — Ma anche loro potrebbero voler conversare o leggere nelle sale del Club. « C'è tutta la possibilità che lo facciano a casa o presso altri circoli. D'altra parte, se si inizia a soprassedere su questo punto, non si sa più dove si andrà a finire. La donna oggi, oltretutto, ha molti impegni casalinghi, non avrebbe neppure il tempo di frequentare il Circolo ». Analoghi giudizi li esprime il notaio Giorgio Gardini, presidente del Y's Men's Club torinese, un circolo anch'esso a scopi culturali e ricreativi che ha una ventina d'anni di vita e che discende direttamente dall' Ymca, anziana organizzazione giovanile internazionale con lunga tradizione associativa: «Esistono clubs maschili e clubs femminili. Ognuno ha il diritto di istituire un circolo, e non è obbligato ad ammettere chiunque ne faccia richiesta. Da un paio d'anni esiste anzi un club femminile parallelo al nostro, il Y's Menettes Club, che per scelta delle socie stesse ha vita autonoma. Non abbiamo mai pensato di fonderci, anche se a volte organizziamo incontri in comune. La presenza delle donne fra di noi non sarebbe positiva: hanno una diversa mentalità, diverse esigenze, sarebbero di freno anche soltanto alla nostra libertà di espressione ». — Lei ha seguito la vicenda di Cefalù? « Sì, e mi sembra che sia un sintomo di un fenomeno preoccupante. Le donne, che bisogna riconoscere sono state a lungo soffocale, non vivono oggi più in una società che le schiavizza. Ma le loro rivendicazioni spesso risentono di un certo vittimismo. Ora vogliono ribaltare la situazione e farsi esse stesse sopraffattrici. In questo senso certi loro movimenti sono molto provocatori ». Mila Solicini, dirigente nazionale dell'Udì, è ovviamente di diverso parere: « Viviamo in una società caratterizzata dalla divisione dei ruoli, ed è contro questa situazione che ci battiamo. I circoli maschili sono indice di tutta una mentalità che ancora resiste in certi ambienti. Noi non facciamo isterismi, questi clubs sono legittimi, ma rappresentano una realtà che deve essere superata ». Angela Cristina, la battagliera siciliana che ha innescato la miccia a Cefalù, è più dura nel suo giudizio: « Stento a credere che questi signori siano nostri contemporanei: sono fermi ad una concezione della dolina che risale al secolo scorso. Escludere le donne da qualsiasi iniziativa, per di più culturale, non è che una forma di razzismo. E' come dire che i negri non possono entrare in determinati locali, che se ne vadano in quelli destinali a loro ». Assicura che continuerà la sua battaglia. A Cefalù, per ora. Ma che cosa succederà quando un'altra Angela Cristina darà l'assalto agli esclusivi saloni del Circolo del Whist"? Come dice il suo vicepresidente, « non si sa più dove andremo a finire ». Alessandro Di Giorgio

Luoghi citati: Castellamonte, Torino