Le ignote catacombe ebraiche di Roma

Le ignote catacombe ebraiche di Roma STORIA (E SEGRETI) DI NECROPOLI SOTTERRANEE QUASI DIMENTICATE Le ignote catacombe ebraiche di Roma L-.'. Stampa di domenica riferiva ìe indiscrezioni secondo cui l'ambasciatore israeliano avrebbe chiesto di tra s/erire nel suo Paese le catacombe ebraiche di Roma. Lidia Storcili ricostruisce la loro storia poco nota. La vastissima rete di cunicoli che si estende sotto la rombante Roma contemporanea non servì da rifugio ai cristiani perseguitati, come comunemente si ritiene; il nome stesso, Catacombe, che significa « presso le cave », indica che le gallerie, usate unicamente come sepolcreti, furono la prosecuzione di antiche cave di pozzolana; in altri casi, vi si riconoscono condotte d'acqua abbandonate. Il lavorio anonimo delle maestranze romane consentì ai vivi di onorare i loro morti inoltrandosi per chilometri nelle viscere della terra, quando il terreno lungo le vie consolari divenne troppo costoso. Nel parco di Villa Torlonia, che fu la residenza di Mussolini, si scende una scaletta coperta di muschio e capelvenere e si accede alle catacombe ebraiche: se ne conoscevano cinque nell'Urbe, ma solo due oggi sono praticabili: è l'accesso scavato allora, nel II e III secolo dopo Cristo. La Comunità Israelitica romana, qualora riesca ad averne la gestione, si propone di chiuderlo e aprirne un altro su una via laterale: quello attuale risulterebbe troppo esposto quando il parco, com'è nei progetti, fosse destinato a giardino pubblico. Già nelle XII Tavole, che risalgono al V secolo a. C, la legislazione romana vietava l'inumazione entro le mura; la traslazione era concessa solo per i caduti in guerra. Le famiglie potevano riavere i corpi dei giustiziati: tali erano i martiri che ebbero sotto terra le loro sepolture, attorno alle quali si affollarono le tombe dei com¬ pagni di fede e si accentrò il culto: un'ara, una panca per il refrigeriura. poi un'edicola, un santuario e infine, alla luce del sole, una basilica. Ma non v'è traccia di culto nelle catacombe ebraiche né una lapide celebrativa in memoria dei deportati da Tiberio nelle miniere di Sardegna («e se fossero morti tutti — scrive Tacito — sarebbe stata una perdita trascurabile»). dei seimila prigionieri impiegati da Nerone a scavare l'istmo di Corinto, dei cinquemila crocifissi da Tito lungo le mura di Gerusalemme o gettati nelle arene, degli innumerevoli uccisi o suicidi durante le rivolte avvenute sotto Vespasiano e sotto Adriano: le sobrie iscrizioni che ricordano i Giudei romani, presidenti o segretari delle comunità, parlano non di atti eroioi ma di modeste virtù civiche. Tranne pochissime in latino, le 500 e più iscrizioni conservate sono in greco; nemmeno una in ebraico. Il greco era la lingua del commercio in tutta l'area mediterranea e fu quella ufficiale dei cristiani fino al III secoli, come dimostrano le parole della liturgia. La comunità israelita di Roma consisteva di circa 80.000 anime in età imperiale e possedeva dodici sinagoghe, ma non se n'è trovata traccia, all'infuori di quella ostiense; ma doveva essere un nucleo numeroso e compatto già in epoca repubblicana e insediato nell'Urbe dal II secolo a. C, quando si verificarono i primi contatti diplomatici tra Roma e la Giudea (ed ebbe luogo la prima espulsione dei residenti), non di gruppi trasferiti a seguito dell'annessione della Palestina, che avvenne nel 63 a. C: nel 62 infatti, un anno appena dopo che la Giudea era diventata prov icia romana, Cicerone difese il primo proconsole, denunciato dai nuovi sudditi, e si vide costretto, così dice, ad abbassare la voce tanto da farsi udire a malapena dai giudici, altrimenti i giudei romani ( « sai bene, Lelio, quanto sono numerosi e solidali tra loro e pronti nel parlaI re... ») lo avrebbero zittito. Orazio a sua volta accenna al loro insistente proseliti] smo; Giovenale, cent'anni doj po, all'ossequio che professa! vano verso l'incomprensibile I legge di Mose, in dispregio del I codice romano, ì Ma all'infuori di qualche ! persecuzione sporadica e dell'antipatia che ispiravano per il tenace attaccamento al costume e all'unico Dio dei padri, i Giudei godevano non solo di libertà religiosa, come tutti gli altri immigrati, ma anche di qualche privilegio. Il monoteismo e la rigida osservanza li distinguevano, li rendevano inassimilabili; degli altri culti orientali sono rimasti templi in rovina e sculture: Iside, Cibele, Mitra, venuti dall'Egitto, dall'Asia Minore, dalla Persia, sono presenti a Roma in numerose testimonianze; dei Giudei solo queste necropoli sotterranee, dove tutto è povero e severo come in quelle dei primi cristiani. Accanto ai nomi leggiamo la formula che ritroveremo sulle tombe cristiane: In pace. La morte sembra vista come un sonno, non temporaneo in attesa della resurrezione — come lo è esplicitamente per i cristiani — ma quasi per una impossibile speranza. Non mancano nella Bibbia accenni a questo tema (« molti di coloro che dormono nella terra si desteranno » dice Daniele) e, tra i simboli figurativi, alcuni presso i cristiani assumeranno il significato di vita eterna, come il pavone e il melograno; ma i dipinti sulle volte e negli arcosoli di queste catacombe sembrano attestare la continuità della vita più che la certezza della rinascita nelle tombe greche, si vede spesso l'uovo, che significa la riproduzione arcana e incessante della vita (è ancora d'uso, presso gli ebrei, al ritorno da un funerale, mangiare un uovo sodo). Dappertutto vediamo il candelabro a sette braccia con le sue fiammelle accese e, accanto, il vaso dell'olio, a indicare la perpetuità della luce; e poi i soggetti tipicamente ebraici, il cedro, il corno dell'ariete, i ramoscelli rituali della Pasqua ebraica — palma, salice e mirto — e infine l'arca che contiene i rotoli della legge. Vi splendono sopra il sole e la luna, gli aspetti dell'universo che non ha . tai fine e non muta, così come per i credenti non mutò mai la fede nella parola di Dio tracciata su quei papiri millenari. Davanti a queste immagini è raffigurata spesso una tenda, per indicare che, come il sole e la luna, anche la legge appartiene a una sfera ultraterrena e sempiterna. Lidia Storoni Il caratteristico candelabro dipinto su una volta

Persone citate: Cicerone, Iside, Lidia Storcili, Lidia Storoni, Mitra, Mussolini, Nerone, Torlonia