Un'Italia di troppi privilegi di Andrea Barbato

Un'Italia di troppi privilegi Nomi e Cognomi di Andrea Barbato Un'Italia di troppi privilegi Ho appreso che un prefetto, pur seguendo normalmente in graduatoria i magistrati della Corte di Cassazione e i loro equiparati, tuttavia li scavalca nella precedenza in virtù di una circolare del 1950, nel caso dì cerimonie ufficiali che si svolgano nella città dove ha sede la sua prefettura. Cos'è, una commedia di Courteline, un romanzo di Gogol? No, è un editto ufficiale italiano del 1978. L'ultimo numero dell'Europeo ha dedicato una documentata inchiesta all'Italia del privilegio, raccogliendo organicamente ciò che abbiamo tutti i giorni sotto gli occhi. Un viaggio quasi incredibile nella foresta di indennità, regalie, esoneri, concessioni e favori che fanno un italiano molto diverso dall'altro, ancor più del merito o della giungla retributiva. L'uomo vestito di scuro che ci sorpassa sprofondato nei sedili posteriori di un'auto blu o il giovane funzionario che decide di passare un weekend a Bahia, lo fanno quasi sempre a spese di noi tutti, in virtù di medioevali privilegi. Notiamo subito, per non essere fraintesi, che anche i giornalisti godono di alcune di queste mediocri beneficenze, sebbene in misura non scandalosa, e sebbene molti fra loro da tempo ne chiedano l'abolizione come segnale di dignità e di autentica indipendenza. Ma l'elenco raccolto dal settimanale milanese è impressionante: tessere ferroviarie e berline di lusso, sconti e soggiorni gratuiti, appartamenti e biglietti aerei, rette scolastiche e sigarette, telefoni senza scatti e spacci speciali, autisti in divisa e tassi privilegiati in banca, libri di testo e sei quintali di carbone, oltre alle più fantasiose voci di indennità e di rimborso che la mente umana possa concepire. Bancari, diplomatici, alti burocrati, dipendenti pubblici, sono fra i più favoriti. Si nota la prepotente tendenza di alcuni servizi (come il gas, le autostrade, il monopolio tabacchi, il trasporto aereo) a concedere gratuitamente ai propri dipendenti l'uso dì parte dei servizi stessi o di parte dei beni che producono. Paternalismo, evasione fiscale mascherata, aumenti salariali nascosti, spirito di corporazione, sono alla radice di questi regali fatti dalla comunità a pochi fortunati. A quest'inchiesta così completa e meritoria, vorrei aggiungere l'esempio che mi è capitato sotto gli occhi per caso, per la segnalazione di un cittadino. Un caso certamente minore, remoto e provinciale, che in più possiede la caratteristica di essere senza costo, e perciò apparentemente innocuo. E che tuttavia tradisce l'esistenza di un'idea borbonica di sé stessi, del proprio ruolo, e dello Stato. La frase iniziale che citavo fa parte di un documento emesso dal tribunale e dalla procura della Repubblica di Enna: città agricola, sperduta nel cuore della Sicilia, un promontorio su un mare di grano. Ebbene, il comunicato, interamente pubblicato dal quotidiano locale, è una solenne riaffermazione di prerogative burocratiche e di doverose distinzioni. «Si è constatato — comincia lo scritto — che in alcuni settori della vita locale si ignora l'ordine di precedenza dei dipendenti statali in servizio nell'ambito della provincia». Notate l'amarezza della frase, la delusione. A Enna, questa negligenza ha certamente provocato guasti gravi, e contribuito a render ancor più pesante la vita della laboriosa popolazione locale, già minacciata da emarginazioni e malattie. Le autorità, sollecite nel ricordare diritti e doveri dei loro amministrati, precisano che «il cerimoniale fra il più qualificato personale statale della provincia prevede questa classifica aggiornata: 1) prefetto; 2) presidente del tribunale; 3) procuratore della Repubblica; 4) consigliere pretore dirigente; 5) viceprefetto vicario; 6) questore; 7) intendente di finanza; 8) provveditore agli studi; 9) direttore provinciale delle poste; 10) vice prefetto ispettore; 11) vice questore; 12) tenente colonnello e gradi equiparati». E tutto ciò in base alla circolare X, al regio decreto Y e ai sensi delle successive modifiche. Cittadini, stampa e sudditi di Enna sono avvertiti «per la tutela del prestigio delle funzioni di ciascun funzionario dello Stato». La dignità della Repubblica, e la precedenza nella tribuna dello stadio o nei posti al cinema, dipendono dal rispetto di quella classifica. Si sentiva la necessità, in una provincia così sfortunata, di un richiamo al senso dell'autorità e della gerarchia. Per la cropaca, anche se il documento non porta nomi, il presidente del tribunale è il dottor Calogero Rabito, e il procuratore della Repubblica è il dottor Girolamo Scafidi. Sembra proprio un capitolo di un racconto «in costume» di Leonardo Sciascia.

Persone citate: Calogero Rabito, Courteline, Girolamo Scafidi, Gogol, Leonardo Sciascia

Luoghi citati: Enna, Italia, Nomi, Sicilia