Un utile contrappunto di Mario Deaglio

Un utile contrappunto Un utile contrappunto Le cifre relative all'attività del Gruppo Fiat nel 1977 costituiscono un utile contrappunto alle cronache della crisi di governo. Di fronte ad un mondo politico che vive alla giornata, viene confermata l'esistenza di un mondo produttivo capace di guardare al di là della congiuntura. Di fronte a partiti che appaiono incapaci di mettersi d'accordo su di una strategia economica, ci sono industrie in grado ai formulare e di realizzare piani pluriennali di investimento e di produzione. Mentre i politici sembrano subire la crisi, è dalle imprese che provengono i principali tentativi di uscirne. Esaminando i dati della Fiat, si direbbe che in campo industriale si faccia un grande sforzo per interpretare i mutamenti della società attuale e per farsene portavoce. Si constata, così, che la maggiore industria italiana ha continuato a trasformarsi nel corso del 1977, al punto che l'immagine della Fiat come pilastro del consumismo, in quanto produttrice dell'auto, e cioè del più caratteristico tra i moderni beni di consumo, appartiene decisamente a) passato. Al settore dell'auto è stato ri¬ servato nel 1977 appena il 23,4 per cento degli investimenti complessivi del gruppo, contro il 27,8 per cento nel 1976. Per la prima volta, nel 1977, la Fiat ha effettuato più investimenti nel settore dei veicoli industriali che in quello dell'auto (293 miliardi, contro i 214 dell'auto). La maggior crescita del fatturato è stata registrata per produzioni a domanda pubblica (come per il settore dei prodotti e sistemi ferroviari, che ha quasi raddoppiato le vendile), o per i beni di investimento, come le macchine utensili (le cui vendite sono passate da 71 a 130 miliardi di lire). Meno della metà dei dipendenti del gruppo Fiat lavora oggi nel settore dell'auto, dal quale deriva appena il 43 per cento del fatturato netto complessivo, con una tendenza costante alla diminuzione nel corso degli ultimi anni. Questa capacità di adattamento a una società che cambia induce ad un certo ottimismo sulle fortune del Paese. C'è, in realtà in Italia, un gran numero di imprese, a cominciare dalla maggiore di tutte, che dimostrano una buona dose di solidità, una buona capacità di impostare nuove iniziative. Questa soli dita e questa capacità sono aumentate nel corso degli ultimi due anni, dopo che il 1975 aveva segnato il minimo delle fortune economiche del Paese. Come la Fiat, un gran numero di imprese, specie medie e medio-piccole, è riuscito, in questi anni, a rimettere ordine nei propri bilanci ed a reagire alle avversità. A questi segni positivi, però, si accompagnano molte ombre. 11 presidente della Fiat, nella sua «Lettera agli azionisti», parla di solidità finanziaria ma anche di debolezza sul piano dei profitti. Né si può dimenticare che per alcuni importanti settori la Fiat è riuscita a compensare un andamento deludente in Italia solo grazie ai buoni risultati ottenuti all'estero. Le imprese italiane, nel loro complesso, rimangono estremamente vulnerabili per la minor quantità di profitti che riescono a realizzare rispetto a molte delle loro concorrenti esteri. Dai dati della Fiat viene la conferma che non abbiamo perso la battaglia per lo sviluppo e perché il nostro Paese continui a far parte di una società di tipo occidentale, con buona espansione economica; ma viene anche la conferma che non l'abbiamo certo ancora vinta. Mario Deaglio

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