Il sen. Agnelli denuncia le incertezze dei giudici di Franco Mimmi

Il sen. Agnelli denuncia le incertezze dei giudici Dibattito sulla situazione italiana a Firenze Il sen. Agnelli denuncia le incertezze dei giudici Chiede provvedimenti perché si possa fare il processo a Torino contro le "Brigate rosse" - Crisi economica ; non si risolve con l'assistenza (Dal nostro inviato speciale) Firenze, 17 gennaio. In politica, di questi giorni, l'argomento è obbligatorio; perchè sia fallita l'intesa, se sia possibile una nuova intesa, come sia possibile ritrovare un'intesa. Così, malgrado il titolo del dibattito tenutosi ieri sera a FiTenze tra tutti democristiani fosse più ampio («Quali prospettive, quali consensi per iZ progresso democratico del Paese»), alla fine il succo è stato quello solito, e i dibattenti — i senatori Agnelli e Martinazzoli, i deputati Fonteilo e Rognoni, introdotti dall'on. Speranza — hanno accolto le sollecitazioni del moderatore, di direttore de La Nazione Alberto Sensini, e dei giornalisti presenti che li costringevano al tema più stringente. Tutti d'accordo sul pericolo di lacerazione che le elezioni anticipate porterebbero con sé, i quattro avevano quattro diverse posizioni (ma non lontane quelle di Rognoni, Martinazzoli e Agnelli) nei confronti del problema che è la chiave di volta della crisi: il rapporto con il partito comunista. Per Umberto Agnelli, non può essere inteso come un problema a priori e a sé stante: «Preoccupiamoci prima — ha detto — di definire che cosa è indispensabile per uscire dalie nebbie oggi veramente fitte in cui galleggia il nostro Paese ». E più tardi, rispondendo a una domanda, ha chiarito i limiti che egli pone a questa apertura: «E' necessaria la disponibilità a un aperto negoziato. Ma se questa discussione sui contenuti deve far accettare compromessi che porterebbero l'Italia fuori del mondo occidentale, allora è dovere della democrazia cristiana chiedere le elezioni anticipate». Il sen. Martinazzoli, presidente della Commissione inquirente, ha tentato di analizzare l'irrigidimento dei comunisti. Uno dei motivi potrebbe essere stato, ha detto, il timore dei referendum, di essere «scaricato» dalla de in prossimità di essi. «Ma se. davvero vi fosse una volontà di mettere in mora la de sa pendo che essa non può che dire no alla richiesta comunista di entrare nel governo, allora il pei rovescerebbe 30 anni della sua storia e tutta la linea iniziata nel '44 da Togliatti. E io non credo che voglia abbandonare quella linea». L'on. Pontello era il più chiuso dei quattro nei confronti del pei (è uno dei firmatari della lettera a Zaccagnini con la quale un centinaio di parlamentari de si è espresso contro l'apertura). «Fin qui — ha detto — la politica del confronto in tanti casi ha portato al fallimento. Noi operiamo in una situazione che rende l'esito obbligato un compromesso». Secondo Pontello, l'accordo va rivisto e approfondito. Ma il termine di confronto non deve più essere solo il pei, bensì tutte le forze politiche e sociali del Paese. «I tempi sono brevi, ma questo deve suscitare il senso di responsabilità di tutti, non solo della de». Nella preoccupazione di Pontello che le elezioni anticipate annullino il congresso socialista («dal quale attendiamo parole di speranza») e spazzino via i partiti piccoli, si può leggere chiaramente, al di là della ricerca contingente di un nuovo accordo a sei, come la sua preferenza andrebbe al ritorno a una maggioranza organica che escluda i comunisti. L'on. Speranza, rispondendo alla domanda: «E se per risolvere la orisi i laici chiedessero la presidenza del consiglio?», è andato anche più in là di Pontello nella rivelazione dei sogni segreti: «Se vi fosse un accordo di programma sui problemi reali del Paese, io credo che pur di ricostituire una maggioranza organica che dia all'Italia un lungo periodo di stabilità la de lascerebbe agli altri la presidenza. Mai come in questo momento bisogna anteporre i problemi del Paese agli interessi del partito». La frase è beila, ma in verità il rischio che Speranza ha corso nel dirla è assai ridotto. L'on. Rognoni era dalla parte opposta, in nome di un bel concetto troppo spesso qui da noi dimenticato: quello della concretezza, «che è quanto la cultura lìberal-democratica richiede per affrontare i problemi». Perciò Rognoni ha ricordato che il Paese ha bisogno di un gover. no, che «questa crisi deve essere gestita col privilegiare l'esigenza di dare un governo al Paese». Domanda: «Se si fa un'intesa sul programma e il pei arriva a votare a favore, la de può accettare questo voto?». Risposta: «Se c'è un programma che affronta i problemi e porta il Paese oltre la crisi, credo che la de fa¬ rebbe un atto non comprensibile dalla pubblica opinione se rifhitasse un voto proveniente da forze che volessero portare il loro appoggio». Ha allargato il tema del proprio intervento Umbero Agnelli. Ha affrontato i problemi dell'ordine pubblico invitando a non confondere la democrazia con la tolleranza della delinquenza. «Io chiedo formalmente — ha affermato — alla de di uscire allo scoperto, di precisare davanti all'opinione pubblica italiana una serie di misure coraggiose, non solo per dare maggiore efficacia all'azione delle forze dell'ordine, ma anche per promuovere misure legislative che mettano fine a ritardi di processi come quello di Torino alle "Brigate rosse" che si trascina da tempo e che nelle sue more ha già provocato mortali attentati. Non c'è bisogno di provvedimenti eccezionali: ma maggiore decisione da parte dei responsabili dell'ordine pubblico e una minore ambiguità delle forze politiche e della magistratura». Per quanto riguarda la magistratura — ha detto — «ì nostri oppositori non hanno incertezze nell'usare spregiudicatamente la loro influenza su di essa; non si capisce per quali motivi in uno Stato democratico come il nostro, alla magistratura si debba solo tributare ossequio e non si possano muovere critiche. Si denunciano chiaramente, e non solo a mezza voce fra amici, le sentenze incredibili, le parzialità, le pavidità che emergono da determinati ambienti giudiziari». Della crisi economica Agnelli ha detto che va affrontata con una filosofia antiassistenziale, che dia garanzie al lavoratore e non agli speculatori. Ha attaccato la Cisl, nella cui linea dubita si riconoscano ancora gli elettori democristiani. Agnelli ha pure fatto proposte per rendere effettiva la mobilità del lavoro, e per trasformare il lavoro nero in lavoro a tempo parziale o temporaneo. E ha concluso invitando la de a contribuire allo sviluppo di una cultura europea «che sappia rifiutare il provincialismo e gli integralismi ma al tempo stesso sappia rivalutare la solidarietà, le capacità dell'in dividuo e del gruppo, il valore del lavoro, dell'impegno, della tolleranza». Franco Mimmi

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