Pagelle per i ministri di Andrea Barbato

Pagelle per i ministri Nomi e Cognomi di Andrea Barbato Pagelle per i ministri Ho sempre invidiato, ai cronisti sportivi, la laconica disinvoltura con la quale, il lunedì mattina, assegnano le pagelle ai calciatori. In un voto, e in poche righe, riassumono e giudicano la fatica di un atleta, la sua prestazione, il suo rendimento, spesso il suo dramma fisico o psicologico, la settimana di allenamenti e di sacrifici, l'emozione, la sfortuna, le difficoltà ambientali. Se fossi un calciatore, mi piacerebbe, il martedì, compilare la pagella dei giornalisti, dando un voto al loro modo dì raccontare un incontro, al loro campanilismo, alla loro visione delle tattiche. La scuola abolisce il voto e la pagella? E noi invece ci distribuiamo a vicenda sufficienze e insufficienze, segni rossi e segni blu. Per questo, propongo un giuoco, che spero sarà accettato come tale: come uno scherzo, un'opinione personalissima, i na fantasia che non vuole essere mancanza di rispetto. Per l'appunto, con tutta l'approssimazione e la superficialità delle pagelle del lunedì. Il gioco è questo: dare le pagelle ai ministri del governo Andreotti. Forse mancano poche ore ad un rimpasto, ad una nuova lista. Giovanni Trovati, su questo giornale, ha scritto che qualche ministro è «logoro». Se una crisi di governo fosse un avvenimento spartivo, e non traumatico, forse potremmo leggere queste valutazioni soggettive con animo più lieto. E premetto anche che il terreno è pesante, l'arbitraggio difficile, il pubblico non sempre ben disposto, la partita aspra. In queste condizioni, raggiungere o sfiorare la sufficienza è già un buon risultato. Darei un «sette» a tre ministri: Pandolfi (Finanze), Ossola (Commercio Estero) e Stammatì (Tesoro). Il primo, in un ruolo ingrato, ha mostrato uno stile. Gli altri due hanno dato una mano in difesa, persino con qualche proiezione in avanti, verso prestiti o contratti che hanno «im- pedito un passivo più pesante», come si dice. Sulla prestazione di Stammatì pesa, secondo alcuni, la vicenda delle nomine bancarie, ma la prova tutto sommato è stata positiva per i tre «oriundi». Ed ecco la lunga lista dei «sei». Darei un sei a De Mita (Mezzogiorno) anche perché al suo posto molti avrebbero potuto fare peggio. A Cossiga (Interno), perché il ruolo di stopper è fra i meno invidiabili. Sei anche a Ruffini, perché la Difesa, sebbene poco impegnata, von è stata travolta. E a Bonifacio (Giustìzia) perché se carceri e magistratura non funzionano la colpa non è in fondo sua. Darei sei a Forlani (Esteri), perché sa offrire un rendimento medio costante in ogni ruolo, e figurerà anche nelle prossime formazioni. Darei sei a Morlino (Bilancio); sei anche a Marcora (Agricoltura), perché se le campagne italiane sono in crisi, tuttavia nella trasferta di Bruxelles ha dimostrato grinta e spirito combattivo. Darei lo stesso voto a Dal Falco (Sanità) perché in quel dicastero si può solo aspettare la riforma, e a Pedini (Beni Culturali), perché ai furti di quadri e ai disastri am¬ bientali stiamo purtroppo facendo l'abitudine. E infine un sei spetta anche ad Antoniozzi (Turismo e Spettacolo), perché i turisti non sono mancati e lo spettacolo neppure: e a Gullotti (Lavori Pubblici), perché in questo momento non c'è neppure lavoro privato, e ancue perché si è lodevolmente astenuto da inaugurazioni e prime pietre. Di malavoglia, questo cronista è costretto a dare un cinque a Malfatti (Pubblica Istruzione) perché il cronista stesso non è d'accordo sul modo e sulle forme delle elezioni scolastiche, perché le riforme tardano, e perché la Befana non era giorno di vacanza. Un cinque alla signora Anselmi (Lavoro), perché i giovani sono sempre disoccupati e le pensioni sempre cumulate. Un cinque a Basaglia (Partecipazioni Statali), perché in alcune imprese pubbliche se ne sono viste di tutti i colori. Lo stesso voto a Vittorino Colombo (Poste), che ha giocato fallosamente con il bustametro, ed è apparso spigoloso sulla questione delle tv private. Cinque anche a Donat-Cattin (Industria) che si inserisce sempre male nel gioco dì squadra, e vuole sempre fare «un tocco in più». Infine vorrei anche assegnare un quattro a Lattanzio (Trasporti), che non è riuscito a impedire una fuga dell'eia avversaria, e che ha insistito per rimanere in campo quando sarebbe stato più opportuno un ritorno negli spogliatoi. Al presidente del Consiglio, vorrei non assegnare alcun voto: un certo calo finale di rendimento può essere dovuto a fattori esterni, magari a qualche ordine sbagliato che è venuto dalla panchina. Vedremo quale dei due luoghi comuni calcistici si applicherà nel suo caso, se quello secondo il quale certi ruoli di squadra non si toccano, o invece quello secondo il quale un allenatore nuovo porta fortuna. E speriamo che tutto questo sia preso per ciò che è, uno scherzo.

Luoghi citati: Bruxelles, Nomi, Ossola