Esercito del lavoro giovanile di Stefano Reggiani

Esercito del lavoro giovanile UN PO' DI FANTASIA CONTRO LA DISOCCUPAZIONE Esercito del lavoro giovanile Proposto dall'economista Sylos Labini; il parere dei sindacati - I "soldati" occupati in opere pubbliche Tutti d'accordo, ci vuole un New Deal, un nuovo corno dell'economiu che jronlegai la disoccupazione giovanile (e quella adulta) con una serie di iniziative concrete. Il ricatto più duro da vincere è il ricatto delle parole: magari si dice: « Ci vuole inventiva, ci vuole fantasia » e non si va più in la del suono rassicurante delle speranze. Invece si sa che un «nuovo corso » è fatto di bilanci, di costi, di leggi di un governo autorevole. Il New Deal di Roosevelt negli Anni Trenta era latto soprattutto di interventi pubblici nell'economia, di lavori finanziati dallo Stato. Il confronto tra i due momenti è solo simbolico: ma l'economista Napoleoni ci aveva avvertilo, in un colloquio recente sull'università, che la formula e i suoi criteri generali si possono applicare all'Italia. « Si dovrebbe impegnare i giovani in lavori di pubblica utilità. I fondi nel bilancio statale ci sono, non è vero che siamo al tetto, tutto dipende da come si interpretano le varie voci e si ritagliano le spesa ». Riflette adesso Mimmo Pinta, il deputato di Democrazia Proletaria eletto come rappresentante dei disoccupati organizzati di Napoli: « Anche la tenuta della nostra società dipende dall'occupazione. Chi è senza lavoro o sa che non lo troverà è spinto alla disperazione, al fatalismo e alla violenza. Nessun discorso astratto sui principi può mettere d'accordo chi non ha lavoro e chi ce l'ha ». L'economista e sociologo Paolo Sylos Labini, lo studioso dei ceti medi in Italia, ha giù sofferto le delusioni della mancata programmazione, ma è di quelli che non disarmarlo. La sua proposta prende il nome da un'idea di Ernesto Rossi: l'esercito del lavoro. Premette: « Bisogna spezzare la barriera tra lavoro intel'.ettuale e lavoro manuale, e riordinare i rivoli dispersi dei finanziamenti pubblici ». Spiega: « Un nuovo piano del lavoro dovrebbe prevedere per i giovani un servizio sostitutivo della leva militare. Da una parte sei mesi di vita militare, dall'altra l'alternativa (o l'obbligo) di dodici mesi di lavoro retribuito in opere pubbliche. Questi dodici mesi potreb bero essere, a richiesta del| l'interessato, raddoppiati ». Opere pubbliche, ma quali? Tutte quelle die non si fanno perché nessuno se ne occupa. Esempi di Sylos La bini: salvataggio in Calabria di interi paesi che stanno franando, irrigazione e col tivazione di una vasta area vicino a Cosenza, irrigazione di terreni in Sicilia proseguendo l'opera iniziata da Danilo Dolci. E ancora: tutela del patrimonio artistico e naturale, sistemazione idrogeologica di un Paese pericolante ad ogni alluvio ne. Non solo, secondo Sylos Labini, i finanziamenti sono facilmente reperibili nel bilancio statale, ma si eviterebbe l'accumulo di residui passivi, cioè del denaro stanziato e mai usato per negligenza, ostacoli politici lungaggini burocratiche. L'esercito del lavoro comprenderebbe le donne e potrebbe diventare, secondo il suo propugnatole, un'iniziativa internazionale con l'apporto di capitali dall'estero. I soldati del lavoro si recherebbero nei paesi meno sviluppati non per rubare occupazione agli abitanti, ma per addestrare nuovi tecnici. Una specie di Corpo della pace? « Certo, anche se quell'iniziativa americana è fallita. Nessun ragazzo italiano partirebbe per i paesi nuovi col sospetto d'essere un colonialista ». Sylos Labini medita: « Io insegno all'università, con i giovani ci parlo tutti i giorni, 'i trovo disponibili, hanno bisogno di idee e di valori, di essere utili. Un'inchiesta Doxa ha rivelato che l'ottanta per cento sono fa vorevcli al servizio civile Non so se sia anche per la prospettiva di evitare in parte il servizio militare, ma so che il Paese ha bisogno di questi giovani » L'economista si rabbuia: sa che i sindacati sono in i larga parte perplessi sul suo esercito del lavoro, in varie occasioni concrete (in Cala bria, in Sicilia I non si è sentito spalleggiato: e alcuni giovani della nuova sinistra dicono che lui propone il lavoro forzato. Sbotta: «Il fat to è che resiste, anche in j cni grida -potere operaio", una diffidenza piccolo bor- rhese verso il lavoro manuale. Io propongo un rapporto scambievo'e; si fanno seminari, assemblee, dibattiti e poi si lavora ». Dietro il discorso di Sylos Labini c'è il problema, giù avvertito da tempo, di favorire economicamente il lavoro manuale, rompendo il giro vizioso che vuole più fatica e meno guadagno. Del resto, la tendenza è incominciata, secondo Sylos: « Un ragazzo che conosco ha passato l'estate a fare il manovale. E' stato giudicato un bizzarro dai suoi compagni studenti; ma ha guadagnato quindicimi'a lire al giorno, e adesso credo che la retribuzione sia di ventimila li- rs. Tutti parlano, ma intanto, secondo le prime stime. t circa trecentomila lavorato | ri immigrati dalla Turchia i o dall'Africa sono occupati nei settori più sgraditi, I'e- | dilizia. l'agricoltura, la pe | sca. Se il fenomeno si esten de, se certi 'avori sono la- | sciati agli stranieri il Passe avrà un'aggiunta di tensioni sociali che non può permet tersi. Dunque, non perdia moni a discutere ». Mimmo Pinto sta nella nuova sinistra, ma sta soprattutto in mezzo ai disoc cupati e a chi e quotidiana mente minacciato di licenziamento. E appena tornato da una assemblea. Dice: « Si capisce che non mi metto a sottilizzare. Alla disoccupazione forzata preferisco il lavoro forzato. L'idea di cominciare con i lavori pubblici, di impegnare i giovani a ricostruire l'Italia mi pare giusta; ma ritengo che il piano di Sylos Labini abbia un valore limitato, duri poco. Cioè, l'esercito del lavo ro vale per la durata della ferma; ma non ci assicura niente per dopo. Inoltre al 1 Sud il problema del'a disoc I cupazione va affrontato nella sua interezza; i giovani I sono importanti, ma è an- J cora più grave la situazione ! di tanti adulti, padri e madri di famiglia ». L'esercito del lavoro? Non I è un progetto sbagliato, di | ce Giorgio Benvenuto, se- i gretario dellu UH. ma av- I verte: « La mia, nel sindacato, è una opinione persona- I 'e. Sono d'accordo sul ser I vizio civile, ho perfino stu ciato una volta col profes I sor Visalberghi una serie di interventi, rivolti per esem pio alla conservazione de! patrimonio artistico. C'è I molto da fare, e ci vuole co- J raggio, anche nel sindacato» , Nel dibattito sul nuovo corso giovanile c'è un'altra provocazione, più radicale: ; quella che dice: « Lavoriamo meno, lavoriamo tutti », o semplicemente: « Dividiamo- j ci i guadagni e i posti ». Insomma, spartiamoci il lavo ro che c'è. Un economista come Napoleoni ritiene il ; part time collettivo tecnicamente possibile Mima, non può riso'verlo il mercato, ci | vuole una forte volontà politica »i. Altri pensano che « il progetto possa avere una logica ». ma avvertono la rigidità improbabile delle sue condizioni. Bisognerebbe, per esempio, che un lavoro fosse fatto, nello stes so orario, da due persone senza aumentare il costo per l'azienda né gli oneri differiti: cioè metà guadagno, metà contributi, metà pensione eccetera Dicono: quale categoria di lavoratori po trebbe accettarlo? Per Mimmo Pinta, è vero che « un padre può accettare un minor guadagno, se si dà lavoro a suo figlio », ma per lui il punto è un alilo: «Dopo il fallimento de'la legge sull'occupazione giovanile la nuova sinistra deve aprire un confrr.nto ccn i sindacati: invece di parlare dell'assenteismo discutiamo sulla riduzione del l'orario di lavoro ». Pinta pensa che un progetto co mune potrebbe spingere la voratori e disoccupati ad una solidarietà reale, capace di superare anche la difesa dei privilegi. « L'impor tante è che ci sia un siste ma fiscale serio e che siano garantiti ai cittadini i servizi sociali più importanti ». Dopo, si potranno tare i sacrifici, insieme. Sul «lavorare meno» Benvenuto chiarisce: « L'Italia non è sospesa ne! vuoto, non ha un'economia autarchica. Ridurre l'orario di lavoro è un obiettivo legittimo, ma deve essere un obiettivo europeo. Non possiamo ridur lo noi, e la Germania, per esempio, no. E' una questione internazionale che com prende da una parte la pie na utilizzazione degli impianti, dall'altra meno ore di lavoro ». /( problema dun que si sposta in avanti c l'utopia egualitaria '«lavoriamo tutti ») viene ricondotta a una politica sindacale <ii tempi lunghi, aita ricerca di nuovi spazi Anche se Benvenuto non si na sconde la necessità pressante « di rimettere in discussione i modelli di vita ». . Tra economia e politica resta sempre un salto di parole, quello che corre dalle cifre ai propositi. L'economista Giorgio Rodano ha scritta per esempio su l'Unità; « E' del tutto fuori portata l'ipotesi di raggiun gere in breve la piena occupazione ». Poi ha aggiunto che questa congiuntura può tuttavia essere una grande « occasione per trasformare e rinnovare il mercato del lavoro in una prospettiva di crescita della democrazia ». Appunto, ma come? Tra cconomisti di diversa posizione, con diverse proposte, qui dovrebbe aprirsi un dibattito. Altrimenti nella guerra dei giovani l'unico esercito sarà quello, magari contestato, proposto da Sy los Labini. E il New Deal, il nuovo corso dell'occupazione giovanile, resterà appeso come una stella filante al « coraggio » e alla « fantasia », che tutti imperiosamente richiedono. Stefano Reggiani