A Bologna, da sempre rossa la dc respinge «larghe intese»
A Bologna, da sempre rossa la dc respinge «larghe intese» Nostra inchiesta sulle cariche pubbliche A Bologna, da sempre rossa la dc respinge «larghe intese» Ha la presidenza della Camera di Commercio (di nomina ministeriale), dell'Ente Fiere, dell'aeroporto e d'una banca - Pei e psi hanno tutte le aziende municipalizzate (Dal nostro inviato speciale) Bologna, 7 gennaio. Al pari di Cuneo che da sempre è una provincia «bianca» (ne abbiamo visto nell'articolo precedente la mappa del potere locale), Bologna è da sempre «rossa». Com'è qui .a distribuzione delle cariche degli enti locali, quali cambiamenti sono avvenuti dopo il 15 giugno '75? Le mutazioni sono molto scarse perché le ultime amministrative non hanno modificato lo schieramento politico: il pei, che in provincia aveva avuto il 46,4 per cento dei voti nel '70, è passato nel '75 al 50,5 e la de da 22.4 è passata a 23,3. Notevoli variazioni c'erano state prima, con il trasferimento dei poteri dallo Stato alle Regioni, quando un certo numero di presidenze era andato dalla de al pei. Il 15 giugno '75 il partito comunista aveva già 10 presidenze nei principali enti ed ora ne ha dodici (nel frattempo sono stati istituiti nuovi organismi); la de ne aveva 6 e le ha mantenute; il psi ne aveva 4 e ora ne ha 5. La democrazia cristiana detiene le presidenze della Camera di commercio (è di nomina ministeriale), dell'Ente autonomo fiere di Bologna (la giunta è formata dai rappresentanti dei sette enti fondatori e da quello della Regione), della Soc. finanziaria fiere di Bologna, dell'Aeroporto e delle Casse di Risparmio di Bologna e di Imola. Naturalmente sono nelle mani della maggioranza pei e psi tutte le aziende municipalizzate; poi gli Ospedali Riuniti, la Soc. Interporto, che dovrebbe costruire l'interporto, punto d'incontro tra gomma e rotaia, la Soc. Centro annonario, per la costruzione di macelli e mercati grossisti alimentari, le due comunità montane, prima e seconda, i due comprensori, di Bologna e della Bassa, il Teatro Municipale. C'è sempre stata una distinzione netta tra maggioranza e minoranza, per una precisa scelta della de. Già il sindaco comunista Zangheri, prima del 15 giugno '75 aveva avanzato ai democristiani delle offerte per una politica delle «larghe intese», riproposta in termini ancora più concreti dopo le ultime amministrative, ma sempre respinta. «Questo rifiuto dell'offerta di spartizione delle presidenze — dice Giancarlo Lenzi, presidente della Camera di commercio ed ex segretario cittadino della de — non significa un'opposizione soltanto critica, tutt'altro. Noi abbiamo latto sì che gli enti di espressione governativa, come questo che io presiedo, fossero disponibili per guanto atteneva ai problemi dello sviluppo di Bologna. E infatti, ad esempio, la Camera di commercio ha creato l'aeroporto con propri capitali e propria gestione. Lo abbiamo fatto anche se Bologna è ammini- strato dai socialcomunisti; quello che conta è che la città se ne avvantaggi». I democristiani non lamentano che ci sia squilibrio nel numero dei posti affidati ai vari partiti, riconoscono che la maggioranza come tale deve avere la responsabilità degli enti che le competono, anche degli organi elettivi di secondo grado come gli ospedali, i comprensori, le municipalizzate. D'altra parte loro stessi hanno rifiutato delle offerte di presidenza. La critica verte piuttosto sul tipo di gestione del potere, un modo ritenuto «pesante». Dice Lenzi: «Gli impianti sportivi, ad esempio, sono dati in gestione, nella grande maggioranza all'Arci, organizzazione paracomunista. Oppure vengono favorite le cooperative spesso con gare d'appalto riservate esclusivamente ad esse, per cui l'iniziativa privata viene a trovarsi senza spazio». E il dottor Ivo Cremonini, segretario provinciale de: «Il loro strapotere è di tipo politico e di tipo economico: spesso le aste sono abolite e si fa la trattativa privata ma in una sola direzione, per favorire enti o uomini di sinistra. Noi, comunque, sui vari problemi non prendiamo mai posizioni preconcette: il nostro ruolo è quello dell'opposizione costruttiva e di stimolo. Con soddisfazione rileviamo che da un po' di tempo gli amministratori si rendono conto della gravissima situazione finanziaria locale e nazionale e cercano di contenere i passivi». Al partito comunista non nascondono che la loro speranza di coinvolgere la de a livello decisionale non è esaurita. «Più che mai in questo momento di difficoltà nazionali e locali sarebbe necessario lo sforzo unito di tutte le forze politiche — dice Franco Bentivogli della segreteria del partito —. Il discorso delle "larghe intese" contiamo di riprenderlo, anche se su minimi terreni d'incontro. Ci sono da rinnovare una ventina di consigli di amministrazione di banche nell'Emilia-Romagna, e c'è da discutere i passaggi delle competenze previste dalla legge 382 sul passaggio di molti organismi alle Regioni. Noi abbiamo proposto, in sede regionale, che i criteri da seguire per le nomine siano sopratttto quelli della professionalità, della probità e del controllo pubblico degli stessi dirigenti nominati. Per ogni ente dobbiamo trovare un accordo sulla sua funzione, sul suo ruolo e sulle sue prospettive. A esempio, per le banche, bisogna accordarsi sulla finalizzazione dei crediti che deve essere riferita a un certo tipo di sviluppo economico che porti alla mobilitazione di tutte le risorse». Comunisti e socialisti nella gestione del potere hanno tra loro qualche screzio, sull'uni¬ versità, ad esempio. Il pei la vorrebbe mantenere nel centro storico con la ristrutturazione dei vari istituti, mentre il psi la vorrebbe decentrare noi Comuni della cintura e della periferia e, spiega il segretario provinciale Paolo Babbini, si dovrebbe spendere quasi il 50 per cento della somma a disposizione per l'università, 22 miliardi, per i servizi sociali: biblioteche, mense, centri ricreativi. «Prima di spostare l'università nel territorio — dice Eliseo Fava dell'ufficio stampa del pei — bisogna riformarla, contenere le sedi congestionate, operare un riequilibrio regionale (a Ferrara e a Mode na ci sono università sottoutilizzate), frenare le partenze degli studenti da una città verso un'altra». Remo Lugli (4 - Continua)
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