Aspettano che arrivi Tanno nuovo sognando Atene o villaggi d'Africa di Lorenzo Del Boca

Aspettano che arrivi Tanno nuovo sognando Atene o villaggi d'Africa Come gli immigrati stranieri passeranno la notte di San Silvestro Aspettano che arrivi Tanno nuovo sognando Atene o villaggi d'Africa Stranieri a Torino. Come sarebbe stato il Capodanno a casa? Con un po' di nostalgia e qualche rimpianto Miltiaddis Schienas e Crissa Apostolaki. studenti ateniesi che. adattandosi anche a fare gli strilloni di giornali, si pagano l'università a Scienze politiche e ad Architettura, spiegano che in Grecia i ristoranti per il cenone di San Silvestro sono poco frequentati; i teatri presentano spettacoli di «music hall» ma le platee, vuote per metà, riservano pochi applausi per le ballerine in lustrini epaillettes. La tradizione più antica e rispettata vuole che l'anno nuovo sia atteso in casa con le famiglie riunite fino alle più lontane generazioni. «Si cucina il "maiericcia" — spiegano — è un gallo ripieno di riso, sugo di pomodoro, castagne e si mangia con il contorno di decine di verdure bollite. Lo spumante è sconosciuto: si beve il vino "recina ". Il dolce, invece, è il "niellocantaro" che assomiglia ad una galletta ma qualche massaia prepara il "curabiese", farina, uova, itoci e zucchero a velo per colorarlo». Pochi minuti prima della mezzanotte si spengono le luci e si accende la radio che scandisce i secondi che separano il vecchio anno dal nuovo. Baci e abbracci. Canzoni fatte di ritmi melanconici per augurarsi fortuna. Poi. si distribuiscono le carte per il «31», il gioco di Capodanno, che dura per tutta la notte fino all'alba: nonni e nipoti, uomini e donne tutti insieme per partite interminabili con pochi denari per posta. Chi perde ha la consolazione, almeno quella, che l'anno nuovo gli sarà propizio. «Non abbiamo i soldi per ritornare a casa — spiegano Schienas e Apostolaki — forse arriverà un paccliettino da Atene. La flotte del 31 dicevi bre ci troveremo con qualcuno dei 25 mila greci che vìvoìio in Italia. Siamo in tanti: soltanto a Torino più di 300, quasi tutti universitari di Medicina e Ingegneria». Un fascio di tappeti sulla spalla, uno scatolone arrotolato in una coperta per mano. Mohamed Felali. marocchino di un sobborgo di Marrakech che tira a campare vendendo a Torino cianfrusaglie africane, pensa che. se fosse stato a casa, il suo Capodanno come quello dei familiari, sarebbe stato, comunque, un giorno povero. «La nostra legge ci impone di non mangiare il maiale — spiega — il fatto è die. spesso, non riusciamo a mettere le mani neanche su altri tipi di carne. Ci accontentiamo di focacce di farina e beviamo soltanto tè. San Silvestro è festa grande se riusciamo ad avere la "helva". una torta con uva passa, da mangiare con caffelatte». Ogni capofamiglia batte con il bastone ogni angolo della casa dove si nascondono gli spiriti del male per farli fuggire: qualcuno, per spaventarli a dovere, spara addirittura qualt che fucilata attraverso le pareti. A mezzanotte le strade si popolano di gente che balla il «raks» e immagina di inseguire torme di folletti che vengono accompagnati fino alle porte della città da dove, con gli opportuni sortilegi, non dovrebbero più fare ritorno. Invece, come avrebbe atteso l'anno nuovo Jacques Labrè. della Costa d'Avorio, giunto a Torino dalla foresta di Abidjan? «La mia come tutte le tribù dell'Africa equatoriale — dice — crede che Capodanno coincida con la festa della fertilità. Si scavano nella terra delle buche profonde un palmo e le si riempie di acqua. Al bestiame vieìte data una focaccia con afrodisiaci piccanti. La maggior parte dei matrimoni vengono combinati nella notte dell'ultimo dell'anno». La gente indossa i costumi tradizionali la fronte fasciata da nastri bianchi, gonnellini di paglia stretti in vita. viso, braccia e gambe dipinte con colori di radici di alberi tritate. E' una festa fatta di improvvisazione più che di riti. Il capo del villaggio comincia le danze seguendo il ritmo scandito dai tamtam: si aggiungono gli anziani, poi i «guerrieri», gli adulti, i giovani, le donne. Si alza un coro: nenia melanconica che deve ricordare gli spirituals e che parla, tutto il mondo è paese, di un anno nuovo migliore del vecchio. «Si va avanti fino all'alba quando tramonta la luna — aggiunge Labrè — mangiamo banane, un dolce di farina di mais e beviamo il "bangui". un alcol estratto dal succo delle palme che dà la forza di continuare a battere i piedi a terra seguendo il tempo della musica». Capodanno lontano da casa può essere una scelta. Marianne Toudeaux ha lasciato l'altro ieri le Fiandre dove, in processione, con la gente del paese, si sarebbe fermata casa per casa, stalla per stalla, ad augurare buon anno alle persone e agli animali. Ha preferito una settimana in Piemonte "tutto compreso": cenone di San Silvestro, visita ai monumenti e due giorni a Cervinia. Per alcuni, però, l'attesa dell'anno nuovo lontano da casa è una necessità. Hu>aih Tan Dam Huyuh Van Danh Luu Thanh Quong due fratelli e una cugina vietnamiti, ospiti a Cioccaro della famiglia Firato sono in Italia, nel Monferrato, dopo mesi passati in un campo per profughi, la fuga dalla loro terra, le giunche stracariche di gente che un'onda più forte poteva rovesciare, le motovedette dei malesi che li ricacciavano al largo minacciando di sparare, il naufragio. «In Asia — spiegano — il primo pensiero di Capodanno è peri defunti. L'altarino di casa che ricorda i morti viene addobbato con nastrini colorati, si accendono candeline, si bruciano bastoncini di incenso. La porta di casa deve restare aperta perché se qualcuna delle anime vuole ritornare deve potere trovare la casa accogliente. Si accendono falò nei templi e si briciano dei pupazzetti che rappresentano il vecchio e il male. Le cuoche fanno del loro meglio in cucina. Noi però siamo nati con la guerra: c'era poco da mangiare e le nostre feste erano fatte di paura per i bombardamenti, le rappresaglie, le incursioni. Poi sono venute le angherie dei "rossi", i ca7>ipi di rieducazione, il lavoro massacrante pagato poco. Comunque possa essere, il nuovo anno sarà certamente più tranquillo». Lorenzo Del Boca Crissa Apostolak Jacques Labrè

Persone citate: Firato, Jacques Labrè, San Silvestro Aspettano, Thanh