Finiti Woodstock e la rivolta il rock si spegne in discoteca

Finiti Woodstock e la rivolta il rock si spegne in discoteca Sguardo sul mondo della musica nell'ultimo decennio Finiti Woodstock e la rivolta il rock si spegne in discoteca ' A confrontare la musica giovanile d'oggi con quella di dieci anni fa, forse non si capisce bene tutto quello che in mezzo è pure avvenuto. Messi sul giradischi una Patti Smith di quest'estate e un qualsiasi Rolling Stones del '70 (Let it bleed, per esempio), il tarazùm che ne vien fuori non è poi tanto diverso. Il rock è sempre duro, sporco, pieno di cattiverie negre e di bella pelle bianca. Tutto sembra uguale ; ma in mezzo c'è stata una specie di terremoto. Dieci anni fa, la musica «di consumo» (per dire, male, la musica non-classica) era ancora un mondo di categorie e sistemi stilistici ben distinti, ciascuno con una sua epica, i suoi miti, le regole, i profeti: c'era il jazz, poi il folk, il rock, e infine la musica leggera. La comunicazione tra questi linguaggi sonori era quasi inesistente (Miles Davis, per esempio, aveva appena fatto la contaminazione di Bitches brew, e lo scandalo faceva ancora notizia); e il loro uso riguardava fasce sociali abbastanza differenziate, tendenzialmente impermeabili all'ascolto e all'attenzione anche di un'«altra» musica. C'erano, dunque, due segni rigidi d'identificazione del consumo musicale: il primo era l'area stilistica, immobilizzata e poco disponibile alle avventure; il secondo era la connotazione sociologica di chi, alla radio o sul «piatto», sentiva questa musica e, dal suo ascolto, traeva anche una qualche identità ideologica. Il discorso rischia d'essere ambiguo per il jazz e il folk, che avevano una circolazione ancora elitaria, marcata da una storia dove confluivano senza troppo ordine scelte culturali, abitudini politiche, percorsi inquieti di poetiche e di registri esistenziali «alternativi». Ma è certo più facile per il rock e la musica leggera, ch'erano fenomeni di consumo massificato. Tra di loro valeva ancora, nettamente, la differenza ch'era venuta fuori con Presley e il vecchio rock'n'roll di Bill Haley: la musica leggera era la musica d'intrattenimento della società «adulta», e il rock era invece la musica ribelle e contestativa della società giovanile, guidata da un forte segno comunitario. Il terremoto di questi dieci anni ha distrutto quella differenza. Oggi l'unica vera musica leggera è diventato il rock, o — se si preferisce — questa proliferazione selvaggia di musiche che chiamiamo pop, dove i confini territoriali non contano più, e i percorsi stilìstici s'intrecciano in una congiunzione ripetitiva che riscopre perfino le «bizzarrie» d'alcuni jazzisti degli Anni Sessanta. Non è stato un terremoto da poco. Questa omogeneizzazione della pratica musicale finisce per fissare un prodotto che pare essere il suono autentico del nostro nuovo tempo, poiché mostra similitudine di natura e di logica con il linguaggio della macchina elettronica. La ripetitività meccanica della sua struttura lessicale e dei suoi blocchi sintattici è un filtro che l'assimila alla dimensione del computer, in un gioco di specchi dove i nuovi inventori di suoni si muovono in una mappa semplificata e imitativa. Tra le sue tante cause, questo fenomeno ha anche la straordinaria espansione del mercato discografico, che oggi, per esempio, vale più del doppio di quel pozzo dì dollari che pure è Hollywood, e pro¬ gramma il proprio business sui ritmi di milioni di copie di vendita per ogni Lp (per Saturday night fever, i Bee Gees hanno smerciato 22 milioni di dischi). La tendenziale uniformità garantisce infatti un consumo senza confini e. quindi, il recupero remunerativo dei forti investimenti ormai obbligatori per un lancio adeguato sul mercato. Dietro, questo ha però voluto dire anche una progressiva trasformazione del valore simbolico che legava la musica pop alla dimensione collettiva del mondo giovanile: i grandi raduni all'aperto, sull'onda di Woodstock, si sono consumati rapidamente (è finita anche la storia della «canzone politica»), e i nuovi concerti valgono solo come stordimento consolatorio, privo d'ogni valore aggregante. La elettrificazione del suono ha ormai scardinato le ragioni d'uso per cui era nata, ed è diventata essa stessa parte essenziale del linguaggio musicale. Tanto che «la nuova estetica» deve tener conto ora di due situazioni creative: il concerto, ma anche il disco, che ha suoi «valori» originali. In questo fondale irrimediabilmente piatto non mancano musicisti spregiudicati o visionari. Ma l'eredità che gli Anni Settanta consegnano al nuovo tempo trova un involontario e struggente compendio nel disco dei Pink Floyd uscito proprio in questi ultimi giorni di dicembre: The Wall ha dentro di sé proprio tutta la musica ch'è stata fatta in questi dieci anni, le ballate morbide, i colori vocali californiani, il rock elettrico, la «disco», anche gli effetti sonori e i «rumori» che ricordano la lezione di Cage. E' il collage disperato d'una avventura arrivata alla sua fine, in una cornice formale a suo modo perfetta. E ora? m. c. Reperti per una storia di dieci anni Area: Arbeit macht (rei ( Cramps) Della Mea: Se qualcuno ti fa morto ( Dischi del soie) Bms: Darwin ( Ricordi) De Gregori: Alice non io sa ( Rea) Venditti: Quando verrà Natale ( Rea) Gucclni: Via Paolo Fabri 43 ( Emi) Nccp: La gatta Cenerentola ( Emi) Canzoniere del Lazio: Mlradas ( Cramps) Centazzo e Mazzon: Duets ( Orchestra) Ffm: Pass partii! Numero Uno) Dalla: Com'è profondo il mare ( Rea) G. Marini: La grande madre impazzita ( DdS) ★ ★ The concert for Bangla Desh ( Apple) Riley: A rainbow in curved air ( Cbs) Csn&y: Deja vu ( Atlantic) Marley: Rasta revolution (Trojan) Wonder: Music of my minti ( Tarn la-Mot ohn) Weather Report: I sing the body electric ( Cbs) Po poi Vuh: In den Garten Pharaos Pink Floyd: The dark side of the moon ( Harvest) Smith: Horses ( Arista) Bowie: Heroes ( Rea) Bee Gees: Saturday night f ever ( Uso) Mltehell: Mingus ( Asylum) L'elenco vuole raccogliere i dischi < italiani e stranieri) che, per successo di vendite o qualità di proposizione, rappresentano gli stili, gli interpreti e le avventure della musica giovanile degli Anni 70.

Luoghi citati: Bee, Hollywood, Lazio