Nuovi «Graffiti» in quattro episodi Farsa con Peter Sellers a Zenda

Nuovi «Graffiti» in quattro episodi Farsa con Peter Sellers a Zenda LE PRIME VISIONI SUGLI SCHERMI CINEMATOGRAFICI Nuovi «Graffiti» in quattro episodi Farsa con Peter Sellers a Zenda American Graffiti 2 di B. L. Norton, prodotto da George Lueas, con Paul Le Mat, Cindy Williams. Candy Clark. Charles Martin Smith, Mackemie Phillips. Bo Hopckins, Ron Howard. Americano a colori. Genere: costume. Giudizio: interessante. Cinema Vittoria. La pubblicità si chiede con giusta impazienza: che fine hanno fatto i ragazzi spensierati di American Graffiti? Ecco la risposta nella seconda puntata della nostalgia, prodotta dal regista della prima. Lucas. formalmente brillantissima, anche se un poco dispersiva e faticosa. I primi «graffiti», nati senza speranza di successo, erano ingentiliti dalla mano artigianale, dalla sincerità del taglio: i secondi, che celebrano il successo di un genere, sono un prodotto studiato al millimetro, una scommessa d'autore. Noi siamo d'accordo col regista Norton: era assurdo rifare il verso a Lucas: quando la nostalgìa si avvicina troppo al presente conviene far posto all'ironia e al divertimento. Norton ha avuto questa pensata: rompere il film in quattro storie parallele e in quattro stili differenti: prendere i personaggi dei primi «Graffiti» e dare a ciascuno un anno e un linguaggio. Non solo: scegliere per ogni storia lo stesso giorno, l'ultimo dell'anno. Cosi, è bene precisare subito il quadro degli avvenimenti. 1964: John Milner vince la sua grande corsa automobilistica e s'innamora di una ragazza scandinava. 1965: Terry il rospo, mandato a combattere in Vietnam, pensa di disertare: ma prima fa saltare la latrina del campo sulla testa di un deputato in visita. 1966: Debbie cerca il suo amico tra hippies e drogati, lo trova occupato, si consola col capo di un simpatico complesso. 1967: i coniugi Laurie e Steve, tra un litigio e l'altro, sono coinvolti nelle manifestazioni di protesta contro il Vietnam e vi diluiscono (o rafforzano) il loro «privato». La storia del corridore Milner è raccontata con lo stile piano e luminoso dei primi «Graffiti», raccoglie un'America eccitata e provinciale. L'incubo vietnamita di Terry ha la dimensione di un documentario televisivo in sedici millimetri. La ricerca di Debbie è rotta nel linguaggio psichedelico: lo schermo impagina scene diverse in un calibrato gioco di rapporti. Le liti di Laurie e di Steve hanno quella pienezza figurativa, dice Norton, della pubblicità in cinema e tv. La scommessa d'autore è riuscita solo in parte, ma da qualche scena del minuzioso montaggio esce un'acredine irridente che è il senso giusto della nostalgia applicata al centro, al cuore degli Anni Sessanta. * * Il prigioniero di Zenda di Richard Quine, con Peter Sellers, Elke Sommer, Lynne Frederick. Produzione americana ,a colori. Genere: commedia. Giudizio: ma Daria. stiracchiato. Cine- E' come una pianola il cinema. Anzi è come una macchina da musica, un computer che dalle stesse note può tirar fuori infinite variazioni. Non sempre la melodia può riuscire intonata. Il prigioniero di Zenda è stato un onorevole intreccio di film d'avventure, più volte portato sullo schermo negli anni passati. Si ricorda soprattutto l'interpretazione di Ronald Coiman. Dunque era giusto tentarne la versione farsesca, impiegando Peter Sellers. che è giudicato con qualche indulgenza un principe dell'umorismo tonto e un poco sopra le righe. Ma, forse, il regista Quine non era in gran vena e non lo era neppure Sellers. La storia fa ridere solo gli incorreggibili, che, trovando Sellers in un doppio ruolo, ritengono che ci si debba divertire il doppio. In Ruritania il re ubriacone e bizzarro muore precipitando da una mongolfiera in un pozzo. Dovreb¬ be succedergli il figlio Peter Sellers che conduce vita dissipata a Londra, se il fratello non avesse deciso di ucciderlo e di prenderne il posto. Per fortuna c'è un sosia dell'erede al trono, un altro Peter Sellers che fa il cocchiere. Lui prenderà il posto del vero re e sventerà la cospirazione. In che modo e con quali equivoci è compito del film dimostrare. Voi che dite? Il cocchiere che torna a Londra a missione compiuta, ricco e circondato di belle donne, non sarà per caso ancora il re? C'è sempre un vantaggio ad avere dei sosia (quando si è re). Stefano Reggiani Il gendarme e gli extraterrestri di Jean Girault, con Louis De Funès, Michel Galabru. Marie Mauban. Commedia a colori. Francia 1978. Cinema Augustus. E' il film che ha segnato il ritorno sul set di Louis De Funès, dopo un'assenza per malattia durata molti mesi. L'infermità ha lasciato qualche traccia sul volto del popolare attore, assai dimagrito, ma non ne ha limitato il frenetico agitarsi, ch'è sempre quello antico. Dinamismo, il suo, al servizio ancora una volta di uno dei soliti strampalati gendarmi di Saint-Tropez, qui alle prese con extraterrestri giunti sulla Costa Azzurra con un disco volante. Gli «alieni» hanno la possibilità di trasformarsi perfettamente in terrestri, ossia di diventare, nella circostanza, delle copie conformi dei gendarmi suddetti. Facile immaginare il genere di risorse farsesche cui viene affidata la storiella dal regista e dallo sceneggiatore j abituali di De Funès (Jean Giraud e Jacques Vilfrid) e a quale assortimento di buffi equivoci dia origine l'amena. | se non inedita, trovata. Accanto allo sfrenato protagonista, ancora una volta preso per matto e trattato in conseguenza, l'abituale «spalla» Michel Galabru e una rediviva Marie Mauban. a_ V-

Luoghi citati: America, Francia, Londra, Vietnam