Zola, che bravo fotografo

Zola, che bravo fotografo Non fu un hobby ma una passione e quasi un mestiere Zola, che bravo fotografo F. Emile Zola-Massin: «Emile Zola fotografo». Traduz. M. Kunzle e D. Pertocolo. ed. Mazzotta. pag. 191 con 480 foto, lire 30.000. La Eastman mise in commercio la sua «Box» nel 1888 ed Emile Zola ne comperò subito una: erano in vacanza a Royan. lui e la moglie Alexandrine. e avevano con loro come guardarobiera Jeanne Rozerot, ventuno anni, ex operaia. La signora Zola quell'estate non stava bene e le passeggiate, le piccole gite, le facevano lo scrittore e la ragazza di casa. A Parigi, nell'autunno, i due erano già stabiliti da amanti: un appartamentino che dava sulla Place Bianche e lui si divideva tra Alexandrine e Jeanne. La prima bambina. Denise, nasce l'anno dopo. Nel '91 il maschietto, Jacques, e per l'estate del '94 madre e bambini sono in villeggiatura a Verneuil. dieci minuti di bicicletta da Médan dov'è la villa degli Zola e che lui pedala ogni pomeriggio con qualsiasi tempo e qualunque temperatura. Pian piano Alexandrine, la moglie, lascerà che i bambini vengano a giocare da lei. E' una donna sterile, brutta, ma doveva essere straordinaria: i ritratti di Zola con lei sono molto più intensi, e veri, di quelli con Jeanne. Ci si sente, dietro, una storia lunga, una pena comune, un legame maturo; quella somiglianza rara che cresce su certe coppie. Dall'&U, dunque Zola ha macchina fotografica e fotografa cani e amici in visita a Médan, treni, personale e arredi domestici. Ha uno studio che a noi oggi sembrerebbe da Sandokan: nove metri per dieci e armature, porcellane orientali, drappeggi; il gusto neogotico delle case di Victor Hugo ha traversato tanti viaggi letterari ed è adesso più eclettico anche se rimane soffocante. Non si capisce come ci stiano, in mezzo, la paziente frugalità dei Cézanne, l'eleganza race di Manet. Ma,' assieme a quella dell'amico Degas, è proprio la loro occhiata infallibile per l'«inquadratura», per come cioè si ritaglia una porzione di mondo in una cornice regolare (più spesso orizzontale che verticale), quello che vien fuori dalle fotografie di Zola. Niente di letterario, infatti, nelle sue immagini, tranne qualche isolato tentativo di «natura morta» (le più belle sono di fiori). Niente di «pittorico» com'è l'arredamento facoltosoborghese della sua casa. La fotografia, per Zola, è davvero e solo fotografia. Pare, insomma, la scoperta di un nuovo mestiere, di una nuova passione, dopo che la scrittura (lo scrittore) ha già dato quasi tutto. Certo non fu un hobby; fu davvero intelligente curiosità, e un'altra professionale pazienza. Dal '95 in avanti Zola scatta migliaia di foto, acquista numerose «camere», tascabili o monumentali, studia perfezionamenti in ripresa, in sviluppo, in stampa: tre camere oscure, una per ciascuna casa, e carte, bagni, lenti. I suoi bambini che giocano e crescono; l'esilio inglese dopo l'affare Dreyfus Parigi, il viaggio in Italia, l'Expo del 1900, se stesso e gli amici, Jeanne vestita e svestita, giovane e appesantita, con quei suoi occhi pazienti e umidi, la sensualità piena Lo straordinario di queste foto è che non sono «degli Zola»: ma foto. Claudio Savonuzzi

Luoghi citati: Italia, Parigi