Riprendiamo a estrarre carbone dalle ricche miniere del Sulcis di Mario Guerrini

Riprendiamo a estrarre carbone dalle ricche miniere del Sulcis Cagliari: per risolvere in parte i nostri problemi energetici Riprendiamo a estrarre carbone dalle ricche miniere del Sulcis Quattro milioni di tonnellate annue - È il più importante bacino minerario italiano - Vent'anni fa fu chiuso perché il petrolio era molto più economico CAGLIARI — Ottanta milioni di tonnellate di carbone, un patrimonio di Immenso valore, soprattutto in un periodo nero di riserve energetiche come quello attuale, comincerà ad essere sfruttato dal 1980. Si tratta del famoso carbone sardo del Sulcis. il più importante bacino minerario italiano. Vent'anni fa le miniere sarde erano in piena attività poi vennero chiuse quando il petrolio abbattè ogni concorrenza in materia di economicità. Oggi però — con il vertiginoso aumento del greggio — i giacimenti carboniferi sardi sono in via di riattivazione e proprio pochi giorni faè stato approvato il primo piano operativo che consentirà, entro brevissimo tempo, la riattivazione delle miniere. «Ci si è mossi con molto ritardo — afferma l'ingegner Domenico Tamburrini. ex presidente dell'Italminiere ed uno dei più profondi esperti del settore — perché già da qualche tempo il carbone Sulcis Ita riacquistato la sua competitività. Purtroppo ostacoli di varia natura hanno finora bloccato i progetti minerari, ma credo che questa sia la volta buona. Le miniere sarde, e mi riferisco soprattutto a quelle che riguardano il piombo e lo zinco, sono modemissime. ad alta capacità produttiva ed estremamente automatizzate. Esiste inoltre in Sardegna — prosegue l'ingegner Tamburrini — un capitale umano di notevole valore che altro non chiede che di essere utilizzato-. Secondo i progetti operativi praticamente già varati, è prevista l'estrazione annua di 4 milioni di tonnellate di carbone un quantitativo ingente che potrà in qualche modo alleviare i difficili e pesanti problemi del nostro Paese in materia energetica. « Vale la pena sottolineare — dice ancora l'ingegner Tamburrini — che i programmi estrattivi sono fatti sulla base delle indicazìoìiì vecchie già di molti anni sulla entità dei giacimenti. Ma indubbiamente la Sardegna dispone di risorse minerarie ingenti ancora sconosciute». La società mineraria che prowederà all'estrazione del carbone è la Carbosulcis: «Si tratta di una società — dice Piero Manca, responsabile regionale dell'Eni —171 compartecipazione tra la Samim (l'azienda caposettore dell'Eni per il compartimento minero-metallurgico) e l'ente minerario sardo (della Regione sarda). La Samim ha gli 8/13 del pacchetto azionario. l'Ente minerario sardo i 5/13. La Samim ha varato un piano di risanamento e riconversione di alcune aziende che facevano parte del gruppo Egam e che sono passate all'Eni. Questo piano sta ormai completando il suo iter burocratico dopodiclié si darà immediato inizio alla fase operativa, cioè quella vera e propria della ripresa produttiva^. Il carbone Sulcis una volta estratto, potrà essere utilizzato anche per alimentare la centrale elettrica di Portovesme attualmente alimentata con olio combustibile. Tra l'altro questa centrale fu costruita più di 20 anni fa proprio perché impiegasse il carbone Sulcis; tanto è vero che dalle miniere partono dei carrelli aerei per il trasporto diretto del minerale dalla bocca dei pozzi alla centrale. Quando la centrale fu però completata, il petrolio aveva ormai eliminato il carbone: sarebbe stata una follia economica alimentarla con il costoso carbone Sulcis anziché con l'olio combustibile a quell'epoca assolutamente più conveniente e disponibile in enormi quantità sul mercato. Le miniere di carbone del Sulcis un tempo attivissime, vennero via via chiuse. La manodopera occupata nel settore subì un crollo pauroso scendendo in pochi anni da 15 mila unità ad appena poche migliaia. Le ultime due miniere ancora funzionanti, quelle di Seruci e Nuraxi Pigus passarono all'Enel. L'ente elettrico non intendeva peraltro aprire un settore minerario e fece di tutto per evitare di es¬ sere costretto dal governo ad una attività che assolutamente non voleva. Le gallerie furono addirittura allagate in modo da distruggere gli impianti. Furono poche centinaia di minatori addetti alla manutenzione a salvare i pozzi. Comprendendo che la loro vita era legata alle miniere si batterono con tutti i mezzi e salvarono i pozzi di Seruci e Nuraxi Pigus mantenendoli in uno stato di soddisfacente manutenzione. Se entro breve tempo — probabilmente soltanto qualche mese — il carbone sardo sarà nuovamente estratto dalle viscere della terra, lo si dovrà soprattutto al coraggio alla abnegazione e alla consapevolezza di quelle poche centinaia di minatori che rimasero a guardia degli impianti. Mario Guerrini

Luoghi citati: Cagliari, Sardegna