Dalì senza Dalì a Parigi di Paolo Patruno

Dalì senza Dalì a Parigi Aperta la grande rassegna nel fantascientifico «Beaubourg» Dalì senza Dalì a Parigi Causa uno sciopero, il maestro del surrealismo ha lasciato la Francia senza poter presenziare alla inaugurazione della sua «retrospettiva» - Il chiasso suscitato gli ha però procurato una grande pubblicità e si prevede che la mostra sarà visitata da un milione di persone PARIGI — Il «divino» Dati è dovuto ripartire scornato per gli Stati Uniti, senza aver potuto inaugurare la sua prima, grande -retrospettiva» a Parigi. Anche il «genio» del surrealismo è stato obbligato: a piegarsi dinanzi a una parola-chiave del nostro tempo: sciopero. Gli addetti del «Centro Pompidou» hanno scelto appunto l'attesissima esposizione per dar maggior risonanza alle loro rivendicazioni e hanno bloccato senza tanti complimenti l'inaugurazione che aveva convogliato attorno al fantascientifico centro culturale nel cuore del vecchio Marais il tout-Paris. Spintonato dagli scioperanti senza alcun riguardo almeno per i suoi 75 anni. Dali (occhi furenti, i celebri baffi a spillo puntati or¬ gogliosamente verso il cielo, un mantello di leopardo negligentemente posato sulle spalle) è stato costretto a ripiegare in fretta dentro la lussuosa «limousine» americana al fianco della fedele Gala, del • ministro della Cultura Lecat e d'un manipolo di personalità die aveva provato a infrangere il «picchetto». E' stata una scena alla Butìuel. con il «divino» sommerso da una miriade di coriandoli con sopra scritto «sciopero», rincorso dai lazzi dei dimostranti. Punito da questo imprevisto «happening» social-artistico, il genio consacrato all'immortalità dall'Accademia francese ha battuto lestamente in ritirata. Ci si può immaginare Leonardo da Vinci impedito a presentare la «Gioconda» a Francesco I, Molière obbligato a rinviare la «prima» del «Borghese gentiluomo» per uno sciopero? Dali ha avvertito lo stesso affronto, furente con la sua piccola «corte» s'è ritirato nel grande albergo parigino che l'aveva accolto al suo arrivo. E il giorno dopo ha abbandonato questa Francia ingrata alla volta degli Stati Uniti, lasciando che la «sua» mostra, una volta terminato 10 sciopero dei dipendenti del «Beaubourg», s'aprisse in sordina, senza cerimonie. Prima di lasciare Parigi, il •divino» ha avuto l'eleganza di non lasciarsi andare a pesanti recriminazioni. Ma certo gli deve ben essere tornata in mente la dichiarazione che, per amor di scandalo, aveva rilasciato la sera della vigilia dell'inaugurazione in una teatrale conferenza stampa nel salone di un grande hotel: «La mostra al Beaubourg? ca m'emmèrde — aveva detto con fiorito linguaggio all'intervistatore, aggiungendo — questo museo è orribile, è soltanto il più grande rettangolo di Parigi. Ma è per questo che vi espongo, cosi lo scandalo sarà enorme». Almeno in quest'occasione 11 gusto del paradosso che questo «genio della provocazione» è solito distillare da decenni ha avuto uno spunto premonitore. L'inaugurazione è fallita, lo «scandalo» c'è stato, e certo in proporzioni maggiori di quanto Dali si aspettasse (ma questo non può che far gioire l'artista). E in conclusione un'enorme pubblicità gratuita ha aumentato ancora la curiosità che circonda questa attesissima esposizione, aperta fino a metà aprile Tutto in realtà era stato fatto perché questa rassegna rappresentasse davvero il «clou» della stagione artistico-mondana di Parigi. Gli organizzatori non hanno lesinato nelle spese d'allestimento consacrandovi il budget più ricco mai toccato finora a una esposizione al «Beaubourg»: ufficiosamente si indica la cifra di 350 milioni di franchi (quasi sette miliardi di lire) per gran parte devoluti alle assicurazioni. Per rifarsi almeno parzialmente delle spese, i responsabili del «Beaubourg» s'attendono adesso 800 mila visitatori (ossia il doppio di quelli accorsi per la riuscitissima mostra Parigi-Berlino). Lo stesso Dali aveva voluto essere il regista del gigantesco «show» dedicato alla sua opera, realizzando al pianterreno del Centro Beaubourg una «kermesse eroica» (un campionario dei temi ricorrenti nelle sue creazioni) che funge da anticamera ideale per l'esposizione installata al quinto piano. E in effetti appena entrato all'interno, il visitatore si trova subito immerso nel clima delle opere dell'artista: un enorme cucchiaio lungo 36 metri e pesante 1600 chili costituisce, secondo il maestro, uno dei pezzi essenziali dell'esposizione. Quindi sotto enormi salsicce pendenti dal soffitto s'alternano in vetrine e alveoli altri oggetti del folklore daliniano. gioielli, un'enorme palla di pane che rappresenta la quantità media consumata da ogni francese nella propria vita, un'auto sospesa nel vuoto, una selva di statuette in polistirene illuminate all'interno e bagnate da una pioggia continua, raccolta nel cucchiaio gigante. Tutto ciò è soltanto il preludio dell'esposizione dei 110 dipinti, dei duecento disegni, delle incisioni, e dei duemila documenti che cercano di tracciare, con l'ausilio di un filmato, il lungo e fantasmagorico cammino artistico di Dali: dall'infanzia catalana, ai legami d'amicizia con Lorca e Bunuel (con una presentazione speciale del «Cane andaluso»). Poi. in una seconda sezione, il Dali surrealista attraverso una quarantina di dipinti, le illustrazioni del periodo parigino, degli «oggetti testimoni». Quindi in una terza parte, le sue visioni religiose, (le «Crocifissioni», il «Cristo di San Giovanni della Croce») abbinate ai soggetti «scientifici», all'epoca dei rinoceronti, della «Pesca del tonno». Infine, le opere più recenti alcune ancora mai mostrate al pubblico, come le sue ricerche stereoscopiche («L'odalisca cibernetica») che esaminate con speciali occhialini danno l'impressione del ri- bevo' Paolo Patruno