Tangenti Eni: la Camera esamina il documento segreto di Andreotti di Eugenio Palmieri

Tangenti Eni: la Camera esamina il documento segreto di Andreotti Alcune parti non compariranno nel resoconto stenografico Tangenti Eni: la Camera esamina il documento segreto di Andreotti Cossiga ha consegnato il verbale, ma ha chiesto che alcuni punti rimanessero riservati «nell'interesse dello Stato» - Il Presidente della Repubblica ha ricevuto il ministro delle Partecipazioni statali, Lombardini - La commissione parlamentare ha sentito i dirigenti Eni ROMA — La questione delle tangenti dell'Eni è arrivata anche al Quirinale. Il presidente della Repubblica Pertini, preoccupato dall'evolvere dell'ingarbugliata vicenda, ha convocato ieri il ministro delle Partecipazioni statali Lombardini, con il quale ha avuto un lungo colloquio. La Commissione Bilancio, riunitasi in seduta segreta (fino a tarda notte), ha decìso dopo un esame approfondito del documento mandato da Cossiga ieri mattina (si tratta del famoso verbale della riunione del 31 luglio tra Andreotti, Bisaglia e il presidente dell'Eni, Mazzanti), di mettere agli atti, cioè nel dossier in mano ai capigruppo dei partiti, lo stesso testo con alcuni «omissis»: depurato cioè dei particolari che il presidente del Consiglio, nella lettera di accompagnamento, aveva chiesto che rimanessero riservati «nell'interesse dello Stato». Secondo voci attendibili il verbale non conterrebbe niente in aggiunta a quanto dichiarato dall'ex presidente del Consiglio, Andreotti, nelle audizioni alla Commissione Bilancio. Insomma nessun elemento che possa aiutare in qualche modo i lavori dell'indagine parlamentare. Ieri la commissione Bilancio ha continuato nell'indagine sulle tangenti dell'Eni ascoltando il presidente dell'Agip, Barbaglia, l'amministratore delegato, Baldassarre e il presidente della Tradinvest, Fiorini. Nuove contraddizioni e interessanti particolari si sono cosi aggiunti a quelli già emersi nei giorni scorsi dagli interrogatori dei politici. Da una parte si è affermato che è «ordinaria amministrazione» non aver messo al corrente il con- siglio di amministrazione dell'Agip dell'esistenza delle tangenti (Barbaglia), dall'altra si sostiene che si tratta di un comportamento non accettabile (Baldassarre. Spuntano poi versioni diverse su alcuni incontri, mentre si apprende soltanto adesso dell'esistenza di altri mediatori, tra cui un misterioso signore «vestito da arabo». Ecco in sintesi le deposizioni dei tecnici, che più da vicino interessano il pagamento delle tangenti. Barbaglia. Il presidente dell'Agip ha dichiarato di non essere in grado di escludere che dietro la società panamense Sophilau si celassero personaggi italiani: «Le nostre conoscenze si fermano ai versamenti a questa società». Egli ha precisato che informò il consiglio di amministrazione dell'Agip il 27 luglio (dopo la firma della conclusione del contratto di fornitura), senza però fare cenno dell'obbligo assunto dalla società di pagare una mediazione. Una omissione? No, perché secondo Barbaglia era «ordinaria amministrazione». Qualcuno ha fatto però rilevare che più di una volta è stato affermato in Parlamento che in precedenza l'Eni non aveva mai pagato tangenti. Anche Barbaglia non sapeva nulla della fidejussione. Baldassarri. Dalla deposizione dell'amministratore delegato dell'Agip sono spuntati altri mediatori e secondo lui bisognava riferire tutto, anche della tangente, al consiglio di amministrazione. Nelle fasi preliminari della trattativa si sarebbe presentato all'amministratore delegato un terzetto composto dal signor Riccardo Raciti, presidente della società Mefid, che ha progettato la moschea di Roma, dal suo consulente finanziario Carlo Ciglia, e da un altro uomo «vestito da arabo». A nome di chi si presentavano? Non è stato chiarito. Secondo alcuni a nome del ministro saudita Yamani (di cui Raciti sarebbe amico), secondo altri a nome di Craxi. Essi hanno proposto una tangente fissa di 1,40 dollari per barile, contro quella di 1,26 dollari (suscettibile però di variazioni in rapporto agli aumenti del prezzo del petrolio) che poi sarebbe stata accettata nella mediazione affidata come ormai appare scontato, a Parviz Mina, l'ex presidente della compagnia petrolifera di Stato dell'Iran. Perché venne respinta la proposta del «gruppo» Raciti? Venne preferito Mina in quanto «si ritenne che Raciti non fosse sufficientemente introdotto negli ambienti sauditi». Raciti aveva inoltre chiesto il versamento dei dollari su due conti separati. Fiorini. Il presidente della Tradinvest, la società dell'Eni che nella vicenda ha svolto il ruolo di ufficiale pagatore, ha confermato di aver ricevuto dal presidente dell'Eni, Mazzanti, l'esplicita richiesta del- l'emissione della fidejussione (la garanzia sulla tangente): Ciò non deve meravigliare dal momento che l'Eni possiede il 99 per cento delle azioni Tradinvest». Resta da verificare se fosse nei poteri di Mazzanti concedere l'autorizzazione per una somma superiore ai 100 miliardi. Fiorini ha poi sostenuto che della fidejussione da concedere alla Sophilau (risultata, nell'audizione, di proprietà della banca svizzera Pictet) si parlò il 26 giugno in una riunione cui parteciparono Barbaglia, Baldassarri e il direttore finanziario Di Donna. Quest'ultimo nelle audizioni alla Camera aveva dichiarato invece di esserne venuto a conoscenza soltanto ai primi di luglio, in un colloquio a Ginevra con un rappresentante del mediatore. Il sostituto procuratore della Repubblica Savia ha rinviato ai primi di gennaio la convocazione del segretario del psi, Craxi, che avrebbe dovuto dire al magistrato quali uffici del partito gli avevano parlato di voci di irregolarità nel contratto. Savia ieri ha sentito ancora il presidente dell'Eni, Mazzanti, e l'ambasciatore italiano a Gedda, Solerà. Eugenio Palmieri

Luoghi citati: Gedda, Ginevra, Iran, Roma