La Francia gendarme? di Paolo Patruno

La Francia gendarme? I para di Giscard La Francia gendarme? All'Assemblea Nazionale il governo difende la politica di intervento in Africa DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PARIGI — «E' importante che la Francia, tributaria dall'esterno del 75 per cento dell'energia e delle materie prime di cui ha bisogno, possa contare per l'avvenire sul Continente africano, il cui potenziale è incomparabile-. E' stata questa una delle frasi-chiave nell'intervento del ministro degli Esteri Jean Francols-Poncet, l'altra sera all'Assemblea Nazionale, a conclusione del dibattito parlamentare sulla «politica africana della Francia». Al di là dei temi ideologici e delle preoccupazioni strategiche (ben presenti, comunque, all'Eliseo) questo è infatti uno dei motivi base, e più facilmente percepibili anche dall'opinione pubblica francese, che ha determinato la condotta di Parigi nei riguardi dei Paesi africani, almeno sotto la presidenza di Giscard d'Estaing. In questi tre anni, in nome del principio sbandierato dall'Eliseo «L'Africa agli africani-, la Francia ha condotto cinque interventi militari nel Continento Nero: in Mauritania, nel Ciad, due volte nello Zaire, e ultimamente nel Centro Africa di Bokassa. Sia che si trattasse di difendere civili francesi o interessi commerciali (in Mauritania), oppure di «agevolare un cambio di regime-, richiesto da forze indigene (come nel putsch di Bangui), i paras della legione straniera appoggiata da aerei Jaguar hanno dimostrato che la Francia giscardiana ha scordato i suoi vecchi complessi coloniali, maturati nelle risaie indocinesi o nel deserto algerino. Questi ripetuti interventi militari non hanno causato vistose reazioni negative in Francia e non hanno provocato (elemento più importante) nemmeno un acuto malcontento nei Paesi africani. La ragione di questo relativo «vuoto di reazione» deriva dall'ambivalenza della «dottrina» africana dell'Eliseo. I principi-base che regolano le decisioni di Parigi sono due. Primo: «Ogni Stato africano lia diritto alla propria sicurezza, all'interno delle sue frontiere, qualunque siano le sue opzioni politiche-. «Secondo: «Parigi manterrà, ogni volta che sarà necessario, gli impegni presi-. E' in base a queste direttive che la Francia è dìventata, secondo il partito comunista, «il gendarme dell'Occidente in Africa-, come ha ripetuto Gremetz all'Assemblea Nazionale. La realtà, in effetti, è più articolata, specialmente dopo il 1976, l'anno in cui per la prima volta lo scontro Est-Ovest ha abbandonato Indocina e Medio Oriente, concentrandosi nel Continente africano. I cubani in Angola, poi in Etiopia, hanno dato l'avvio a un processo di «destabilizzazione» che ha colto impreparato l'Occidente. Davanti all'immobilismo americano solo la Francia si è mossa per rinsaldare quei regimi «moderati» in balla davanti all'ondata russo-cubana, per evitare un' pericoloso «contagio». "«L'Africa è l'unico continente ancora a misura della Francia — ha detto l'ex ministro degli Esteri de Guiringaud — il solo dove con 500 soldati si può ancora cambiare il corso della storia-. In linea con questo principio, la Francia ha stipulato accordi di difesa con sei Paesi africani (Gabon. Centro Africa, Costa d'Avorio. Togo, Senegal e Comore) che prevedono la possibilità d'interventi militari diretti. Ma. come dimostrano i precedenti del Ciad, della Mauritania e dello Zaire, Parigi è pronta a far scendere i suoi paras ovunque vengano richiesti. Abbinando le velleità politico-strategiche alle mire economico-commerciali, la Francia intende preservare i propri «interessi vitali» in Africa, che ha assunto un'importanza straordinaria. Ma. come ha ricordato in Parlamento l'ex' premier gollista Messmer «l'intervento militare non deve diventare un procedimento abituale. E in ogni caso dimostra un insuccesso politico, cui raramente i militari possono rimediare-. Paolo Patruno

Persone citate: Bokassa, Giscard D'estaing, Jean Francols-poncet, Messmer