Un Britten macchiettistico nella satira della provincia di Massimo Mila

Un Britten macchiettistico nella satira della provincia «Albert Herring» diretto da Bellugi alla Piccola Scala Un Britten macchiettistico nella satira della provincia ' DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE MILANO — Un recupero un po' tardivo quest'omaggio che giustamente viene rivolto alla memoria di Benjamin Britten, il compositore inglese morto tre anni or sono, poco più che sessantenne, nel quale ci si accorda a vedere il più valido campione della terza forza musicale, cioè d'un linguaggio che non abbandoni (se non occasionalmente, e quasi a titolo di citazione) i presupposti della tonalità tradizionale, e nello stesso tempo non si adagi nelle comode ripetizioni proprie degli epigoni. Con quest'opera comica, Albert Herring tratta da una novella di Maupassant (e il librettista Erich Crozier ha trapiantato la vicenda dalla Normandia nel Suffolk), Britten cercava di ripetere, in chiave comica, le circostanze e gli schemi del successo mondiale ottenuto due anni prima con Peter Crimes. La stessa satira dei costumi di provincia con la chiusura mentale del loro ipocrita moralismo; le stesse macchiette di sindaci di paese, parroci, comandanti delle guardie, maestrine piene di zelo, la ricca e imperiosa dama patronessa con la sua cameriera, e contrapposto a loro il libero mondo dei semplici: una coppietta che fa l'amore, un trio di ragazzi che giocano allegramente. In mezzo a questi due poli, il protagonista, un ragazzone forte come un toro e totalmente sottomesso all'imperiosa protezione materna, che lo tiene lontano da ogni tentazione. In difetto di ragazze abbastanza virtuose da meritare la designazione a «regina di maggio», i notabili decidono d'assegnare titolo e premio ad Albert Herring, e questo diventerà per lui occasione di spulzellarsi e di sottrarsi per sempre all'insopportabile tutela materna e municipale, complice anche una robusta razione di rum che la coppietta d'innamorati gli versa di nascosto nella limonata della festa. Nonostante le marcate doti di umorismo britannico, cosi visibili anche nella tipeggiatura dei personaggi minori di Peter Grimes, il genio di Britten era sostanzialmente tragico. Soltanto quando poteva spiegarsi verso i cieli del sublime, esso riusciva ad acquistare una verità seconda, tutta di conquista e mai spontanea, per la sua vocalità interamente «fabbricata» attraverso la combinazione di elementi disparati, primo fra tutti il barocco inglese di Purcell, e poi Puccini, rivisitato con la franchezza e la disinvoltura d'uno che questo modello se lo sceglie e se lo va a cercare, anziché trovarselo addosso per necessità di circostanze locali, come avviene agli epigoni italiani. E poi Berg e Mahler (anche per la scrittura orchestrale). Verdi, Wagner, Debussy, Mussorgski, in un eclettismo spregiudicato e dominato con la cifra superiore d'un gusto raffinatissimo e scaltro. A Albert Herring manca lo sfogo della grande envolée lirica. Questa dovrebbe essere contenuta nelle spiegazioni che Albert dà alla madre e a tutto il paese quando fa ritorno nella sua bottega di generi alimentari dopo la misteriosa evasione. Invece la levitazione lirica non ha luogo, che la situazione non lo consente, e si resta sul piano del macchiettismo comico che ha conseguito i maggiori risultati nel secondo dei tre atti, quello occupato dalla festa per la proclamazione del re di maggio, con relativo banchetto. Qui l'umorismo di Britten ha modo di farsi valere, soprattutto quando può ricorrere a forme musicali istituzionalmente, come corali religiose, brindisi, eloquenza conviviale e, nel terz'atto, la grandiosa e burlesca trenodia a nove voci. Allora la fondamentale insincerità dell'invenzione melodica viene a farsi oggetto di parodia e si giustifica perciò in seconda istanza. Quanto a risorse d'armonia, di contrappunto ostentato e di strumentazione tanto brillante quanto essenziale (la partitura è per piccola orchestra), Britten era quel mago che tutti sanno. Nelle chiare scene di Mauro Pagano (cui si devono pure gli spiritosi costumi) dieci cantanti-attori hanno dato vita alla commedia con bravura equamente distribuita. La parte imperiosa di lady Billows dà modo a Gianna Amato di sfoderare doti vocali e sceniche che dovrebbero essere più spesso e meglio riconosciute. Spassoso protagonista il tenore Edoardo Gimenez. e ottima la coppia d'innamorati costituita da Arturo Testa e dalla vivace Helga Mueller. Orazio Mori. Halina Nieckarz, Oslavio Di Credico e Federico Davià sono le caricaturali macchiette dei notabili, e a loro va associata per comicità e misura Laura Zannini nella parte di Florence Pike, zelante ma non addormentata segretaria di lady Billows. Nella Verri disegna egregiamente l'asfissiante mamma Herring. e il trio dei ragazzini importuni è forma¬ to dal giapponesino Masako Deguci e da Margherita Vivian e Laura Perasso, scalpitanti e saltellanti a dovere. Orchestra e palcoscenico tenuti saldamente in pugno dall'accorta direzione di Piero Bellugi, attenta ad evitare qualsiasi forzatura. Successo generale, applausi per tutti e lietissima serata. Massimo Mila Una scena dell'«Albert Herring» di Britten nella rappresentazione alla Piccola Scala

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