Figlio unico d'un operaio di Piobesi sarà prete in una barriera difficile

Figlio unico d'un operaio di Piobesi sarà prete in una barriera difficile Cosa significa fare il sacerdote, oggi, in una grande città Figlio unico d'un operaio di Piobesi sarà prete in una barriera difficile Domenica la consacrazione nella parrocchia di Vanchiglietta, zona operaia e di emarginati - «Ho molta paura, ma anche tanta speranza. Voglio camminare con la gente, capirla» Prete, perché? «Per vivere la parola di Cristo in mezzo alla gente, per portare coraggio e speranza a chi ti è accanto*. Giovanni Danna, 24 anni, figlio unico di un operaio di Piobesi. domenica pomeriggio sarà ordinato sacerdote dal cardinale Ballestrero nella parrocchia di Santa Croce, a Vanchiglietta. barriera operaia, dove comincerà il suo lavoro «di tramite, di tessitore e di interprete del Vangelo, camminando con gli altri e per gli altri ». Prima di lui, quest'anno, altri otto studenti di teologia hanno fatto il 'grande passo*, mettendo il loro impegno al servizio della Chiesa torinese, turbata da una crisi di vocazioni divenuta drammatica soprattutto negli Anni 70 (121 sacerdoti ordinati, 178 morti, l'età media del clero attivo sempre più vicina ai 50 anni, un'alta percentuale di ultrasettantenni). «Ma c'è qualcosa di nuovo: esauriti i tradizionali serbatoi della campagna, nei seminari cominciano ad arrivare i ragazzi della città e della cintura, giovani che sono a contatto diretto con i drammi della vita e vogliono riscoprire valori affossati*. Paura? 'Molta. Mi confortano il desiderio di fare, l'esperienza accumulata durante gli anni di studio e le numerose estati di lavoro, mentre maturava la mia scelta*. Guardando oltre la finestra i tetti che si rincorrono dietro la casa parrocchiale di via Gattinara, Giuseppe Dalma ripercorre gli anni della fanciullezza, l'infanzia difficile, i problemi a casa, il lavoro in mezzo ai giova¬ ni di Piobesi. le esperienze a San Bartolomeo di Rivoli, le giornate trascorse al Cottolengo. a contatto con la sofferenza, il senso di paralisi di fronte al male, gli occhi d'odio dei vecchi che non volevano essere toccati e poi il gesto di gratitudine quando sentivano il sollievo delle piaghe quando potevano avere medicazioni nuove e lenzuola pulite. Ma i problemi di Vanchiglietta che sono i problemi di Torino, sono altri e più complessi. 'Lo so e se ci penso provo spavento. In una metropoli come la nostra ci sono emarginati, gio¬ vani senza lavoro, bambini abbandonati, operai delusi, famiglie con redditi insufficienti, case malsane, la tentazione della droga, il terrorismo che si insinua fra i delusi e accoglie sempre più spesso giovanissimi. Tremendo. Spero di avere la forza di lottare, di non arrendermi. Cercherò di trovare sempre coraggio e di poterlo trasmettere agli altri*. Ha un'arma: il Vangelo. Dice: «Ci sono testi di sociologia, analisi complesse della realtà in cui viviamo, ricerche sulle origini del malessere che ci circonda, della delusione che annichilisce tanti giorani e li costringe alla passività (droga) o alla ricerca di soluzioni abnormi (terrorismo, delinquenza comune). • Il Vangelo —prosegue —è la nostra ancora di salvezza. Leggendo la parola di Cristo si può ritrovare il senso del nostro esistere. 1 miti sono passeggeri: le mode, i personaggi, gli schemi durano lo spazio di un attimo. Occorre saper resistere al consumismo propinato dalla tv, alle false immagini di benessere che entrano nelle case. La realtà per molti, per troppi, è diversa, fatta di fame e di miseria*. Quale soluzione? 'Cercare di comprendere, capirsi avicenda. Rifiutare le comodità e le facili dottrine che lasciano spazio a soluzioni inaccettabili. Il terrorismo, per esempio: gente che spara a uomini indifesi. Lavorare insieìiie, sorreggerci iun con l'altro. Investire i "talenti" che Dio ci ha dato. Come spendere la nostra vita? ■ Ci sono due possibilità: chiudersi in sé stessi o alimentarsi d'esperienze, di solidarietà, d'amicizia. Io penso che occorre vincere le proprie resistenze, il proprio egoismo. Violenza, sì. ma solo su noi stessi per aprirci agli altri. Guardare al di là e al disopra del particolare; ricordare chi è più povero, chi muore perché non ha cibo, chi è sema medicine, chi ha bisogno d'una parola di conforto*. Renato Romanelli

Persone citate: Ballestrero, Giovanni Danna, Prete, Renato Romanelli

Luoghi citati: Rivoli, Torino