Attraversare il Trecento da un castello di Francia di Carlo Carena

Attraversare il Trecento da un castello di Francia Deliziosa panoramica per mano della Tuchman Attraversare il Trecento da un castello di Francia Barbara W." Tuchman: «Uno specchio lontano. Un secolo di avventure e di calamità: il Trecento»; ed. Mondadori, pag. 774 e ili., lire 12.000. Basta abbassare un attimo gli occhi, per essere presi da un interesse pungente per la vita; e basta aprire una cronaca, fermarsi davanti a un castello o a un veliero per esserne travolti. Questo nuovo libro della Tuchman è un esempio lampante di come ad un minimo, anche casuale sondaggio i forzieri della vita e della storia possano sommergere con la ricchezza dei loro tesori o bric-à-brac. Soffermatasi sul Milletrecento come su un secolo di straordinarie contraddizioni, un fatale crocicchio di cammini incrociati, di arresti e riprese definitive, l'autrice dei Cannoni d'agosto e Dall'Expo a Serajevo ne è rimasta risucchiata in un libro di ottocento pagine che lo attraversa quasi tutto, incontrandovi delle tappe grandiose o una miriade di spettacoli minuti lungo la via maestra, di sorprese sul ciglio. Ma il cammino poteva essere anche l'inverso: incrociato per via un personaggio la scrittrice ne ha attraversato la biografia allargandola nella rete infinita delle sue connessioni, dal quotidiano al grandioso, dal privato all'ufficiale. La Tuchman si è dunque fissata in quell'area — la Francia lungo la Manica — che terra d'invasioni e di lotte fino ai nostri giorni, allora si vide teatro di una guerra dalla lunghezza grottesca: quella dei Cento Anni tra Francia e Inghilterra. Vi ha trovato, signore di un maniero con mura da nove metri di spessore e torri da trenta metri d'altezza, un Enguerrand VII sire di Coucy. concentrato del tipico destino d'un cavaliere della sua epoca. Nato prima della metà del secolo, perse il padre nella battaglia di Crécy e la madre nella peste del '48, quella per noi del Boccaccio e del Villani. A quindici anni era anch'egli in guerra contro gli Inglesi, benché genero di Edoardo m. Non fu che la prima delle undici campagne militari a cui prese parte, in Piemonte e Svizzera, in Normandia e in Toscana, nelle Fiandre e in Tunisia, alla testa di mercenari o di truppe regolari, al fianco o contro i Savoia, il papa, Giovanni Acuto, i Visconti, gli Asburgo, i Navarrini, i Guasconi, i Berberi, i Fiorentini, i Genovesi; senza dire della carica di Gran Bottigliere di Francia, delle missioni diplomatiche e di due matrimoni con una prima moglie più vecchia di otto anni e una seconda più giovane di trenta, prima di morire nel 1397 durante una crociata in Ungheria, fatto prigioniero dei Turchi, e di tornare in patria ridotto a poche ossa e a un cuore da depositare per l'eternità in un convento della Piccardia. Intorno a questo esemplare, anche se, nella veduta almeno di quel minimo d'apologeta che c'è in ogni biografo, piuttosto immune dalle follie furibonde della sua classe, l'autrice fa ruotare — e questo è il meccanismo del libro — tutto il bello e il brutto del secolo: le epidemie, le guerre appunto, le mercature, gli assetti familiari, le eresie e le cortesie, l'educazione e le cerimonie, gli aspetti delle città e le pene dei contadini. Un esempio puntuale e un successo della microstoria anche se a un puro livello narrativo: di questa tendenza in atto nella storiografia contemporanea ove si celebrano la coscienza critica del complesso dei motori della vicenda, il desiderio di completare e se occorre di rovesciare i quadri, le curiosità amene e il ritorno al privato. Al lettore non occorre molto per condiscendere a questo spettacolo che ha tutto e nulla dello straordinario, sollecitato appena del fiuto di tutti i cronisti e dal gusto di un mestiere non volgare. Carlo Carena

Luoghi citati: Francia, Inghilterra, Piemonte, Svizzera, Toscana, Tunisia, Ungheria