Khomeini, il testardo esorcista d'un Paese che si sente tradito di Igor Man

Khomeini, il testardo esorcista d'un Paese che si sente tradito I rimedi dell'ayatollah ai grandi mali della rivoluzione Khomeini, il testardo esorcista d'un Paese che si sente tradito Le speranze della borghesìa che ha appoggiato l'imam sono state deluse - Dal siluramento di Bazargan all'assalto all'ambasciata alla scoperta del pane d'orzo contro l'embargo DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE TEHERAN — Dal cielo lordato dallo smog — l'inquinamento di Teheran è superiore <a quello di Los Angeles —pioDono aghi di nevischio. L'inverno è alle porte, presto la neve porterà patimenti e pericoli. Non cosi rassegnato come ' lo vorrebbe Khomeini, lacerato dalle sommosse regionali, divorato, giorno dopo giorno, dall'in/Iasione (oltre il 50 per cento), inquinato dalla frustrazione degli operai e dei contadini, l'Iran attende che «qualcosa» si compia. Nell'attesa, la rivolusione islamica si sfilaccia. I contadini vengono scacciati dalle terre occupate in un ingenuo slancio rivolusionario, perché la Costitusione voluta dall'imam prescrive il rispetto della proprietà privata. In forsa dello stesso principio, tutti i cantieri edili sono fermi: non si possono requisire i buildings per farne case per i lavoratori. Quattro milioni di disoccupati sopravvivono in grazia dei sussidi alimentari distribuiti dal «Fondo dei mostazafin» (i sensa scarpe), una sorta di Cassa del Messogiorno che ha sostituito la Fondasione Pahlavi. Il bazar, grande polmone commerciale del Paese, conosce giorni di magra. A far le spese di codesta congiuntura invero difficile, è soprattutto la media e piccola borghesia dai cui ranghi escono quei laici, marxisti e non, i quali, otto mesi fa, si illusero che il movimento khomeinista fosse solo un messo e non un fine. Un messo per realizzare «tutto»: il crollo della «dittatura dipendente», come Michel Foucault definì il regime' dello Scià; la scomparsa d'ogni sopruso poliziesco; la redistribuzione del reddito petrolifero; la lotta ai corrotti; la riattivazione deli Islam secondo la rilettura, in chiave moderna, del Corano operata da Ali Shariat; nuovi rapporti con l'Occidente; e soprattutto libertà, tanta libertà. La vanificazione di tutte queste speranze, la presa di coscienza del « tradimento» della rivoluzione, sollevarono la prima grossa ondata di scontento dall'estate all'autunno scorso. Khomeini pensò di esorcizzare lo spettro del dissenso popolare polarizzando proteste e jacqueries sul moderatismo niente affatto «rivoluzionario» del primo ministro Basargan. Ma la sostituzione dell'ingegnere-teologo con un governo egemonizzato dal Consiglio della rivoluzione, anziché funzionare da elettroshock, sord l'effetto contrario: deluso, ancora una volta, dall'immobilismo d'un Consiglio rivolusionario, velleitario al massimo ma in fatto insipiente, il Pdese cadde in tilt. Ed ecco Khomeini tirar fuori dal suo turbante la «lotta contro l'imperialismo», sfociata nell'assalto, teleguidato, all'ambasciata americana. Invero la sciagurata impresa sorti l'effetto voluto, la demonizzazione dell'America, funsionando da polo di aggregamento di tutte le forse sociali. Dal fuoco di quella fiammata scaturirono le improvvide scintille di Bani Sadr: blocco del petrolio agli Usa, offensiva contro il dollaro, risoltisì, ahimé, in un boomerang, cosi come il rifiuto di recarsi all'Onu contestato, invano, da poche teste ragionevoli. Epperò occorreva tener vivo il fuoco acceso con la presa degli ostaggi, strumentalizsando la campagna antimperialista in funzione del referendum costituzionale. Ma la nuova Costituzione teocratica viene boicottata da messo Paese, provoca la sommossa dell'Aserbaigian — non ancora composta — fermenti nel Kurdistan, la spaccatura al vertice con l'aspro contrasto fra Shariat Madari e Khomeini. A questo punto, dopo la condanna della Corte dell'Aia e il possibile ricorso all'Onu degli Stati Uniti per imporre sanzioni economiche all'Iran, Khomeini emana un firman dando mandato a Ghotbzadeh di allestire «al più presto» la gran giuria che dovrà far conoscere al mondo i crimini commessi in Iran dagli americani e dal loro valletto. Non si parla più di processo agli ostaggi, si ordina che vengano visitati da osservatori neutrali. Ma sono solo pannicelli caldi; coll'annunciato veto sovietico e l'astensione di altri Paesi, le sanzioni economiche contro l'Iran potrebbero non scattare. Tuttavia, nessuno potrà scongiurare un blocco economico americano, sempreché Umam non si decida a liberare gli ostaggi. Ma l'imam è testardo, non fosse altro perché l'arma, ancorché spuntata, degli ostaggi, ritiene potrebbe servirgli per galvanissare l'appuntamento elettorale di febbraio (elesioni legislative). Epperò febbraio è lontano, mentre il blocco economico s'avvicina: Così il gran vecchio riscopre il pane d'orso, non «impuro» come quello fatto col grano che arriva, o arrivava, dagli Usa. . Il suo ultimo discorso esalta la supremazia della cultura sciita, condita di sacrificio, su quella imperialista, rea, fra l'altro, di esportare in Iran medicinali sperimentali «per trasformarci in cavie». In attesa che la rivolusione finalmente trionfi, il popolo è esortato a stringere la cinghia. Se mancheranno i viveri — mostra di credere / imam — il popolo si accontenterà, come lui, di mangiare pane d'orzo. Se per mancanza di medici la vita dovesse accorciarsi, sarà più vicina la liberazione dell'anima. Se per mancanza di vitamine e di cure i bambini e i vecchi morranno, vorrà dire che Iddio voleva così. Dove potrà portare una simile filosofia nihilista — in verità tipicamente sciita — forse lo sa solo Allah. Ma il «misericordioso» è anche capace di punire. Igor Man

Persone citate: Bani Sadr, Khomeini, Michel Foucault, Pahlavi