Venne Hemingway e scrisse: «Il Valpolicella è cordiale come la casa di un fratello» di Piero Cerati

Venne Hemingway e scrisse: «Il Valpolicella è cordiale come la casa di un fratello» Venne Hemingway e scrisse: «Il Valpolicella è cordiale come la casa di un fratello» CONEGLIANO — Lasciata la Laguna, il Veneto è un mare di dolci colline e pianure, con i vigneti a creare arcobaleno di colori. Hemingway venne, vide e scrisse che il Valpolicella «è leggero, secco, rosso e cordiale come la casa di un fratello con il quale si va d'accordo*. Un bel vino, prodotto con uve corvina veronese, rondinella, molinara e altre, andato per il mondo come nobile ambasciatore e modificato, purtroppo, dalle sofisticazioni americane e tedesche. Ma la sapiente combinazione delle uve continua a creare nel Veneto i divini Valpolicella, che con il Bardolino e il Recioto sono il corpo dell'enologia veneta. Lo spirito viene da Valdobbiadene. Cartizze e Conegliano con i prosecchi, spumanti dal profumo di fiori e frutti, vitigno di origine istriana ambientato qui da almeno 300 anni. I veneti hanno un senso religioso del vino e lo difendono con un'imprecazione di tono biblico: «A chi no ghe piase el vin. Dio ghe tolga l'acqua! ». E la parola «veneti» è da alcuni fatta risalire a «eneti» dal greco «enos» o «oinos». cioè vino: quindi, popolo del vino. Le statistiche danno ragione a questa interpretazione, forse la filologia un po' meno. Il Veneto nel 1978 ha prodotto 8.986.100 ettolitri di vino (al quarto posto in Italia), derivati da 12.889.200 quintali di uva (al terzo posto in Italia) con rese di 108.1 quintali per ettaro, una media però difficile da valutare (i dati sono dell'Istat) e troppo alta, a nostro giudizio, specialmente se rapportata ai 57 quintali del Piemonte, dove il Barbera, che da solo supera il 50 per cento della produzione, ha rese effettive e non statistiche superiori ai 100 quintali. Ma al senso religioso del vino (il vino portato come cordiale ai malati, alle partorienti, ai Papi, alla messa e alla mensa, con il pane come cibo) si affianca il senso gioioso: il vino che crea allegria e rende «morbinoso», crea «el morbin». parola veneta che indica disposizione d'animo alla letizia, alla felicità, al cogliere l'attimo fuggente, al gusto pagano del «doman non v'è certezza» di toscana memoria. «Su queste colline passa la povertà di Cristo, l'allegria di Bacco e l'amore dell'eterno Pan*, dicono per indicare la fatica e le gioie che la vigna e il vino danno. Quanti vini, degni di quell'«ombra». quel pizzico, quel velo che nel bicchiere si fa bevanda per consacrare il riposo, l'amicizia o iniziare una chiacchiera. Sei consorzi agiscono nel Veneto: Consorzio tutela Vino Soave. Vino Valpolicella. Vino Bardolino, Vino Bianco Custoza, Vino Prosecco Conegliano Valdobbiadene, Vini tipici del Piave. Le cantine sociali soltanto nel Veronese sono diciotto: la più antica, quella di Soave, risale al 1930. ma è diventata oggi la più grande d'Italia, estesa com'è su un'area di 37 mila metri quadrati, di cui 24 mila coperti, una capienza di incantinamento di 330.600 ettolitri in vasi vinari di modernissima fattura tecnologica per un prodotto che nella lavorazione segue la genuinità dei medoti tradizionali, come d'altronde tutte le altre cantine sociali, in una regione che è sempre stata all'avanguardia della cooperazione in agricoltura. E se i vini a denominazione d'origine controllata sono tanti, tutti eccellenti e famosi nel mondo, altrettanti sono i piccoli vini da scoprire: dal Friularo, asciutto e asprigno, al Moscato nero (moscato d'Amburgo), secco; al Recioto bianco, dolce; allo Schiopettino, al Serpina, al vai Tramigna, dal sapore asciutto. Ogni provincia ha le sue gemme enoiche, che risalgono ai tempi antichi, addirittura all'età del bronzo, come proverebbero alcuni scavi e manufatti; certo, all'epoca dei latini questi vini dovevano già essere noti se ne parlano Plinio il Vecchio e Virgilio, che citano il vino retico, forse il recioto anche se altri preferiscono far risalire la parola alle «recie», cioè alle orecchie o ali del grappolo d'uva, parti laterali usate per fare questo vino perché più esposte al sole e ricche di zucchero. Partendo da Vicenza incontriamo i vini di Breganze, già famosi nel Medioevo, il Cabernet, i Pinot, il Vespaiolo; poi i vini dei Colli Berici, il Garganega, Tocai, Merlot, Cabernet; i vini Gambellara bianco e Durello, reso anche spumante brut, ottimo. A Verona, ecco ì Valpolicella, Recioto, Amarone, il Bardolino delle rive del Garda, il Soave asciutto, superiore, spumante e recioto. A Padova, il vino dei Colli Euganei bianco, rosso, moscato, e il Friularo. A Rovigo, Cabernet e rosso e bianco del Polesine. A Venezia, il To¬ cai di Lison, il Merlot di Pramaggiore, i vini del Piave (Merlot, Cabernet. Verduzzo. Tocai). A Treviso i vini del Montello e dei Colli Asolani, il Prosecco. Questo il ventaglio, anche se ancora parziale, della vitivinicoltura veneta, che dopo la distruzione filosserica ha saputo ricostruirsi e dare una seria qualificazione alle sue produzioni, concentrate ormai nelle zone vocate, ristrette a vini tradizionali e nobili, da affinamento in botte o giovani, pronti, per i mercati europei e americani. Una produzione non facile da smaltire a prezzi remunerativi, una situazione che desta qualche preoccupazione, ma che lascia anche aperta la strada all'ottimismo. Piero Cerati, m