Centinaia di piccole fabbriche il segreto dell'economia regionale

Centinaia di piccole fabbriche il segreto dell'economia regionale Gli stabilimenti minori occupano da soli quasi quattrocentomila addetti Centinaia di piccole fabbriche il segreto dell'economia regionale VENEZIA — Lo chiamano il modello Veneto», un'espressione con la quale si indica quella struttura economica che caratterizza la terza regione industriale d'Italia. Il «Modello Veneto» si fonda sulle industrie minori, distribuite in modo equilibrato nel territorio, che dimostrano costantemente di possedere una capacità di risposta al mercato, e alle sue multiformi necessità, alquanto superiore di quella propria dei grossi complessi produttivi. Nel Veneto l'industria occupa oltre settecentomila lavoratori, più della metà dei quali sono impiegati in imprese con meno di cento dipendenti: piccole e medie aziende che, come si è detto, continuano ad ottenere risultati positivi su tutti i mercati, nono stante le difficoltà che gravano, invece, sulle grandi industrie. Difficoltà, come ricorda l'assessore regionale all'industria e al lavoro Luciano Righi, che riguardano prevalentemente le industrie di base, specialmente le siderurgiche, concentrate soprattutto nella zona di Porto Marghera. Il complessivo successo, invece, del «modello Veneto» nel suo insieme è probabilmente dovuto all'impiego di capitale relativamente modesto, ma .caratterizzato da una notevole intraprendenza imprenditoriale e intensità di lavoro: 'Le qualità personali — dice Righi — rappresentano forse il patrimonio più prezioso per l'imprenditore inserito in questo territorio, non ricco di materie prime ma che propone ampie possibilità operative in tuttii settori*. Un altro fattore che può contribuire a spiegare le ragioni della «buona salute» delle aziende venete è costituito, secondo Righi, dalla scelta operata dagli imprenditori di privilegiare la qualità della produzione rispetto alla quantità, il che ha consentito di supplire alla caduta del mercato interno con l'esportazione. Qualità del prodotto che è stata ottenuta anche tramite una sorta di specializzazione realizzata, in diversi settori, dalle singole province (Venezia, Padova, Rovigo, Treviso, Verona, Vicenza e Belluno) le cui industrie hanno potuto cosi raggiungere li velli particolarmente elevati. In questi ultimi anni, come rileva uno studio della Fede razione degli industriali, il Veneto ha prodotto circa l'8 per cento del prodotto lordo nazionale con apporti abbastanza equilibrati dei tre grandi comparti: l'incidenza dell'agricoltura è stata del 10 per cento, quella dell'industria dell'8 per cento e del 7,5 quella dei servizi, rispetto ai corrispondenti comparti nazionali. Più significative, osservano gli autori della ricerca, sono invece le differenze che si notano all'interno del settore industriale: nel 1977 le industrie metalmeccaniche hanno contribuito solo per il 6,4 per cento al valore aggiunto del corrispondente comparto nazionale ; quelle dei prodotti ener getici per il 6,8 per cento; l'in dustria delle costruzioni per il 9 per cento e 1 rimanenti comparti per 11 9,8. Se si sposta l'attenzione all'interno dell'» conomia della regione si trova che l'intero comparto indùstriale ha contribuito per il 40,5 per cento alla formazione del prodotto lordo realizzato nel Veneto, mentre a livello nazionale questo valore è stato del 38,9 per cento. Per quanto riguarda la vocazione specifica dell'industria manifatturiera veneta, cioè la sua specializzazione produttiva, la ricerca rileva che nella regione esistono settori che presentano un'importanza molto più rilevante che non nell'ambito dell'economia manifatturiera nazionale: si tratta dell'industria delle calzature, delle pelli e del cuoio, delle manifatturiere varie, delle industrie del mobile, di quelle laniere, alimentari, del vestiario, del legno, delle maglie e calze e della carpenteria metallica. Vi è poi una fascia di settori nei quali il Veneto non presenta sostanziali differenze di specializzazioni rispetto all'intero Paese: essi vanno dalla carta e cartotecnica alle bevande, alle fonderie di seconda fusione, alla lavorazione di minerali non metallici, alle poligrafiche. all'industria conserviera e dei grassi alimentari, ai prodotti chimici di base, alle macchine utensili. Nei rimanenti settori manufatturieri, osservano in conclusione gli industriali, il Veneto risulta meno specializzato rispetto all'Italia. Se è vero, dunque, che la struttura economica del Veneto nei suoi tre grandi comparti rispecchia molto da vicino quella dell'intera nazione, essa presenta maggiori differenze rispetto a quella italiana all'interno del settore manifatturiero. In questo contesto, composto da una miriade di piccole e medie aziende, l'amministrazione regionale ha compiuto e continua a compiere numerosissimi interventi. Innanzitutto, osserva l'assessore Righi, la regione si è inserita con un programma di sviluppo 'Che non esprìme una volontà dirigistica, ma ricerca e indirizza il consenso su alcuni fondamentali obiettivi, tra i quali il rinnovamento dell'apparato produttivo e la garanzia dei livelli di occupazione*. Ed è proprio questo dell'occupazione uno dei problemi che gettano qualche ombra sulla situazione, come si è visto generalmente positiva, dell'economia regionale. Ma si tratta, come rileva Righi, di una disoccupazione che inte ressa soprattutto i giovani laureati e diplomati, mentre mancano operai qualificati e specializzati che vengono continuamente richiesti dalle industrie e dalle aziende artigiane. Un altro problema che inte ressa il Veneto quanto le altre regioni è quello della crisi energetica. Il ruolo della regione in relazione a questo problema, sostiene Righi, trova la sua ragione economica nella necessità di mobilitare risorse abbandonate o sottou tilizzate, di fronte ad un apparato istituzionale nazionale forse troppo rigido o monolitico per rispondere al carattere multiforme dell'attuale crisi. I motivi che rendono necessario un intervento diretto della regione e degli enti locali sono, secondo l'assessore, l'importanza che alcune decisioni possono avere sull'assetto del territorio; la necessità di assicurare una adeguata valorizzazione delle risorse energetiche locali; l'opportunità di prefigurare, sempre a livello locale, il coordinamento dell'offerta delle fonti di energia. Tra i provvedimenti principali adottati dalla Regione per l'industria e l'artigianato, bisogna segnalare una serie di facilitazioni per l'accesso al credito. Sono state, quindi, incentivate le cooperative artigiane di garanzia, con contributi per aumentare la consistenza del fondo rischi; altrettanto è stato fatto per i consorzi di garanzia fidi tra piccole e medie imprese, mentre è entrata in funzione la •finanziaria regionale». Merita attenzione, in particolare, un provvedimento che riguarda anche questo settore: la consulta per la cooperazione, con il compito di affiancare il governo su tutti i provvedimenti che riguardano le cooperative. 'Il sistema cooperativistico — nota Righi — si è dimostrato socialmente ed economicamente valido e permette di avviare a soluzione numerosi problemi nei più diversi set tori*. Attualmente nelle tre centrali legalmente riconosciute sono raggruppate quasi cinquemila cooperative che organizzano poco meno di trecentomila soci, per un giro d'affari che si aggira sui 1800 miliardi. *E' una forma di collaborazione — conclude l'assessore — che ottiene come risultato un più razionale uso delle risorse finanziarie ed umane, aggregando energie che altrimenti resterebbero inutilizzate*. Gigi Bevilacqua ercato a Rialto

Persone citate: Gigi Bevilacqua, Luciano Righi