Una terra che è entrata nel «triangolo industriale» di Mario Salvatorelli

Una terra che è entrata nel «triangolo industriale» A colloquio con Angelo Tomelleri, presidente della Regione Una terra che è entrata nel «triangolo industriale» VENEZIA — Tra pochi giorni anche nel Veneto si brinderà all'anno, anzi al decennio che nasce. C'è da scommettere che l'augurio sarà unanime, da parte degli imprenditori e dei lavoratori dipendenti, degli agricoltori, degli industriali e degli addetti ai servizi, con il turismo in prima linea. Tutti si augureranno in questa Regione che gli Anni Ottanta confermino, e se è possibile accrescano, lo sviluppo economico che si è registrato negli Anni Settanta. Un dato ci sembra particolarmente significativo, perché li riassume tutti. Fino a vent'anni fa il Veneto si poteva considerare il Mezzogiorno dell'Italia Settentrionale, nel senso che di essa era la regione più depressa, una specie di serbatoio di mano d'opera, maschile e femminile, per le industrie, per le famiglie in cerca di donne di servizio, anche per l'agricoltura della Lombardia, del Piemonte, della Liguria. Negli Anni Sessanta il flusso dell'emigrazione si è attenuato, e in questo decennio si è capovolto, registrando un saldo attivo: gli immigrati nel Veneto, di ritorno o di altre Regioni, hanno superato gli emigrati. Si potrebbe dire, con appena un briciolo di enfasi, che i veneti hanno scoperto di avere la Svizzera, l'America in casa. Il presidente della Regione, Angelo Tomelleri, non si sente di condividere la nostra enfasi, ma neppure la rifiuta. C'è, in questa ritrosia, una punta di modestia, dato che questo decennio corrisponde a quello del suo incarico, quindi vuole evitare che si traggano illazioni da questa coincidenza. Rimane il fatto, però, che Angelo Tomelleri si può considerare il decano dei Presidenti di Regione italiani, per essere stato eletto nell'or- mai lontana primavera del 1970, ed essere rimasto, d'allora, nel suo ufficio, a Palazzo Balbi, sul Canal Grande. «Non c'è dubbio — riconosce — che la continuità di direzione sia particolarmente utile in un organismo, come quello regionale, che s'inserisce su una struttura vecchia, e pertanto richiede procedure e tempi che risentono negativamente di ogni cambiamento al vertice. Abbiamo fatto, quindi, la nostra parte, nell'agevolare il grosso, spontaneo sviluppo del Veneto in questo decennio. E' uno sviluppo che suggerisce di modificare, ormai, il famoso "triangolo industriale", nel senso di includervi anche il Veneto, che oggi non solo non è più il Messogiorno del Nord, ma costituisce una delle Regioni più progredite d'Italia, una Regione europea'. Osserviamo la carta geografica che è dietro le spalle del Presidente, dalla quale emerge che il Veneto confina con due Regioni a statuto speciale, il Trentino-Alto Adige da una parte, il Friuli-Venezia Giulia dall'altra. E' un vantaggio, oppure uno svantaggio? «■Se vuole la mia opinione — risponde Tomelleri—è un paradosso, alle soglie del 1980, l'esistema in Italia di Regioni a statuto speciale e Regioni a statuto ordinario. Sicilia, Sardegna, il Trentino-Alto Adige, furono create per poterle avviare, nei rispettivi contesti particolari, verso una situatone ordinaria. Oggi, però, la loro "specialità" si traduce solo in un maggior finanziamento da parte dello Stato, con la conseguenza che abbiamo Regioni di serie A e Regioni di serie B». Può tradurci questa classificazione in qualche esempio? «Le farò due esempi. Il primo riguarda il reddito pro-ca¬ pite. Il Veneto, con oltre 4 milioni di abitanti, ha un bilancio regionale di circa 350-400 miliardi di lire. Il Trentino-Alto Adige, con un quinto degli abitanti, ha più o meno la stessa cifra. Basta fare la divisione, e solo da questo cespite nel Trentino-Alto Adige si ha un reddito per abitante cinque volte superiore al nostro. Secondo esempio. L'ignara mucca che pascola nel bellunese non sa che la sua simile, al pascolo centro metri più in là, per ogni vitello prende 60-70 mila lire, mentre alla vacca veneta spettano 20-30 mila lire. E questo vale per gli impianti ferroviari, per le strade. E' una sperequazione valida rispetto alle minoranze, rispetto alla storia, quando il Veneto era libero, e il Trentino no. Ma ad un certo momento, mi sembra, si dovrebbe passare a un regime eguale per tutti, senza togliere niente agli altri, ma aggiungendo qualcosa a noi». Il discorso di Angelo Tomelleri riguarda le autonomie regionali, rispetto al potere centrale, il prelievo fiscale e la sua distribuzione, la possibilità d'interventi più omogenei e razionali, che non siano inceppati, per esempio, dal fatto che la navigazione sul Po è delegata alle Regioni, mentre la difesa del bacino, essendo interregionale, è riservata al potere centrale. «C'è tutta una gamma di situazioni — continua il Presidente — e di esigenze diverse. Per esempio, noi abbiamo una rete di ospedali quasi eccessiva, mentre in altre Regioni è insufficiente. In Italia si va da 3 letti ogni mille abitanti nel Sud a 15 ogni mille nel Veneto. Il livello ottimale è considerato sui 10 letti ogni mille abitanti, ma le Regioni carenti, se non avranno congrui fondi da parte dello Stato, non ne costruiranno neppure uno, mentre da noi il problema è di chiuderne qualcuno, e di mantenere gli altri al passo con il progresso dei tempU. L'esempio degli ospedali suggerisce un'altra domanda: il Veneto è all'avanguardia in tutto, come lo è nell'attrezzatura sanitaria? Tomelleri non ama parlare di avanguardia o di retroguardia. Però, riconosce che «il Veneto, oggi come oggi, ha una situazione discreta». La spiega con il fatto che il prodotto lordo complessivo del Veneto proviene da mille direzioni. E precisa: "Quest'anno in agricoltura abbiamo avuto un'annata eccellente, addirittura eccezionale per il vino. Il turismo ha dato ottimi risultati (si parla di un 14-15 per cento del gettito nazionale, per quanto riguarda le entrate in valuta, n.d.r.). Per l'industria, la nostra composizione, fatta quasi esclusivamente da medie e piccole imprese, tiene bene, anche se ci può essere qualche dissesto, perché nel cesto delle mele buone c'è sempre quella marcia. Nel Veneto, infine, almeno i tre quinti della popolazione ha la casetta con l'orticello, e questo vuol dire non soltanto una minore incidenza di spesa alimentare per una parte della popolazione, ma anche un calmiere indiretto per il costo della vita in genere, per tutti». Torniamo al turismo. Oggi è in mano alle Regioni. «Come promozione, sì. Ma la migliore promozione sta nella qualità delle cose che si offrono ai turisti, e il Veneto ha le spiagge, il lago di Garda, le Dolomiti del Cadore, le città d'arte. E devo aggiungere che l'iniziativa privata ha saputo migliorare la ricettività, mentre la nostra vicinanza ai clienti più numerosi e ricchi d'Europa, i tedeschi, ci favorisce. Questo vale anche se ormai sono numerosi i tedeschi che hanno acquistato una casa sul Garda, in montagna, al mare, e se la girano tra cinque o sei famiglie a turno, senza che in Italia entri una lira per gli affitti. In compenso, però, chi viene, spende, e ormai, con il miglioramento delle comunicazioni stradali, molti stranieri passano i fine settimana da noi, in estate per fare i bagni, in inverno per sciare». Vogliamo chiudere con qualche parola sulla sua esperienza, ormai quasi decennale, di Presidente della Regione? Da quando a quando? «Sono stato eletto all'inizio del 1970 e dovrei rimanere qui fino al giugno 1980. Posso dire che la Regione è, in complesso, un fatto positivo, anche se potrebbe essere più positivo se il potere politico non fosse sopraffatto, in molte situazioni, da quello burocratico. Sareb be necessario attribuire alle Regioni una maggiore autonomia, per attuare un federalismo pratico, non istituzionale, nel rispetto della Costituzione e delle leggi dello Stato Con l'ordinamento e i poteri attuali, invece, ci siamo fermati a mezza strada, con il risultato d'inceppare alcune Regioni nella valorizzazione delle proprie risorse, e di non aiutare le altre, che hanno meno risorse proprie, e atten dono dal centro la spinta per il loro decollo». Mario Salvatorelli

Persone citate: Angelo Tomelleri, Balbi, Tomelleri