Londra e i bruttissimi Anni 30
Londra e i bruttissimi Anni 30 TRA I 2500 OGGETTI ESPOSTI ALLA HAYWARD GALLERY Londra e i bruttissimi Anni 30 Non tutto era brutto, però: nascevano allora la locomotiva elettrica «Coronation», la Rolla Royce «Phantom 111» e le prime «utilitarie» di Herbert Austin e William Morris LONDRA — L'intensa nostalgia culturale e storica che caratterizza questi ultimi anni inglesi si manifesta ancora una volta in una mostra dedicata agli Anni 30, la decade tragica rivista in oltre 2500 oggetti, tutti made in England. E' alla Hayward Gallery. quella mostruosa e monstruosa (in senso latino) sede del South Bank (rimane aperta fino al 13 gennaio). E' indicativo che Thirties sia stata concepita separatamente e più o meno contemporaneamente da due sedi, alVArts council e al Victoria and Albert Museum, che poi si sono messe insieme e hanno preparato questa enorme esposizione impiegandoci ben quattro anni. Cioè, mentre sui televisori il pubblico segue la storia di Edoardo Vili e Wally Simpson (il trionfo degli Anni 30) e presto vedrà il colossal in 13 puntate. Ritorno a Bridshead, tratto dal romanzo di Evelyn Waugh. altro monu-' mento agli Anni 30; mentre il teatro di T. S. Eliot ritorna trionfante sulle scene, mentre i punks tramontano per dar posto alle più nostalgiche squadrette di mods e teddy boys, il pubblico fa la coda per vedere una mostra su dieci anni giustamente considerati bruttissimi. Non tutto era brutto però negli Anni 30 inglesi: l'ingegneria britannica non solo era all'avanguardia ma esprimeva il design più inventivo di questo Paese. Bellissima la locomotiva elettrica Coronation (quella a vapore era stata una invenzione inglese che aveva già regnato per 100 anni). La produzione di automobili utilitarie cominciava proprio in quella decade con Herbert Austin e William Morris: la stupenda Rolls Rpyce Phantom ili, nera e affusolata, allora come oggi era il simbolo del viaggiare in gran stile. Le nuovissime industrie inglesi dell'automobile e dell'elettronica erano situate nella zona tra Londra e Birmingham, per cui gli Anni 30 vedevano un movimento di popolazione che lasciava le industrie del carbone, dell'acciaio, del cotone che erano nel Galles, nel Nord dell'Inghilterra e in Scozia. La popolazione scendeva a Sud e si distribuiva in nuove aree, non più nei centri delle città, ma nella suburbia, nelle campagne vicine ai centri abitati: e nasceva un'architettura popolare, scarna, come la vediamo nei progetti di Kaufmann. di Mendelsohn di Gropius: arrivava il comprare a credito e il consumismo e i grandi negozi come Peter Jones (1932-36) all'avanguardia nell'ingegneria, inventivi nell'architettura (anche se «punitiva»: l'habitat inglese e puritano), gli Anni 30 inglesi sono invece scarni nella pittura, scultura, nell'arte decorativa: gioielli film, fotografia mobili, tessuti. Ma a parte alcuni ritratti,' come quello di Evelyn Waugh Bernard Shaw Stephen Spender manca nella mostra una delle vocazioni più forti degli Anni 30 inglesi la letteratura: camminando per una sala, o salendo per una scala avremmo dovuto essere accompagnati dalla voce oxfordiana di Harold Acton. dagli accenti nasali di Evelyn Waugh. da Orwell che ci avrebbero potuto raccontare, dal passato, la loro lettura della decade. Mancano anche gli importanti confronti con quanto si faceva in Europa: in molti mobili inglesi si riconosce l'esperienza — ben più inventiva — della Bauhaus. nei gioielli un tocco rustico alla Lalique nella profumeria un ricordo più modesto di Guerlain. Sarebbe stato logico, in una mostra di queste dimensioni e dagli scopi anche didattici, collegarsi almeno un po' con l'Europa, tanto più che l'Inghilterra degli Anni 30 stava uscendo dal suo stato di piccola isola chiusa: nel '33 Hitler prendeva il potere in Germania e cominciava il riarmo cresceva il mercato delle masse. Tra le importazioni il film era importantissimo: Greta Garbo era diventata un simbolo per la donna inglese, come lo era nel resto del mondo: il Daily Express vendeva oltre 2 milioni di copie: la guerra civile di Spagna cosmopolizzava lo scontro tra fascismo e socialismo: anche gli intellettuali inglesi simpatizzavano per l'internazionalismo, per il marxismo. Nasceva la parola fellow traveller, colui che «viaggia» con i comunisti, senza esserlo. Il fascismo, del resto, era di casa in Inghilterra con le squadre nere di Oswald Mosley (vedi documentazione fotografica) e con un principe di Galles poi re, che simpatizzava per Hitler (Edoardo Vili è presente nella mostra con un enorme ritratto di Sickert. 1936). Presente anche l'oggi ben noto storico d'arte Anthony Blunt. che aveva già segretamente fatto causa comune con l'Unione Sovietica e che nel '37. scriveva (Arte nel capitalismo e nel socialismo): «La maggior parte dei pittori più sensibili si sono spinti così avanti nel campo dell'astrazione... che si sono fatti fama di rivoluzionari». Si riferiva a Ben Nicholson al giovanissimo Francis Bacon. Interessante l'editoria e la scarna grafica, le pubblicazioni. L'ultima sezione della mostra è dedicata alla guerra:, pubblicità e grafica di una nazione che. in quella decade, aveva vanamente avuto fede nel disarmo generale. Gaia Servadio
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