Tempi lunghi per il caso Sir ma l'azienda vuole soldi subito di Natale Gilio
Tempi lunghi per il caso Sir ma l'azienda vuole soldi subito Dopo le promesse governative per la «soluzione rapida» Tempi lunghi per il caso Sir ma l'azienda vuole soldi subito ROMA — Cossiga e Pandolfi. il primo ai rappresentanti della Regione Sardegna, il secondo ai sindacati, hanno annunciato l'impegno del governo per una rapida operatività del consorzio bancario di salvataggio della Sir. Il ministro del Tesoro, entrando nei dettagli, ha chiarito che in settimana si troveranno le soluzioni finanziarie atte a superare l'ostacolo Italcasse. l'Istituto di credito tra le Casse di Risparmio, i cui «azionisti» si sono rifiutati di sottoscrivere l'aumento di capitale necessario per partecipare al consorzio. La soluzione di Pandolfi ricalcherebbe, pare, l'accordo faticosamente raggiunto tra le stesse Casse di Risparmio: l'Italcasse, pur essendo creditore diretto della Sir per oltre 200 miliardi, non partecipa al consorzio; cede invece il suo credito a «terzi» i quali da soli o in associazione tra loro entreranno a far parte dell'operazione di salvataggio del gruppo chimico. I «terzi», infine, sono poi le Casse di Risparmio che volendo nascondere le loro violente liti dentro l'Italcasse e non volendo al contempo essere tacciate di scarsa sensibilità verso i problemi drammatici del Paese, preferiscono percorrere le tortuose strade di interventi surrettizi. Se, comunque, l'idea di Pandolfi è questa, appare quantomeno illusorio pensare di risolvere il tutto entro pochi giorni. La cessione del credito richiede infatti tempi lunghi: dovranno essere presentate le offerte, il consiglio di amministrazione dell'Italcasse le dovrà esaminare, si dovrà fissare la ripartizione e cosi via. Se ne andrà via almeno un altro mese. Nel frattempo, visto che la Sir è ormai agli sgoccioli e si deve cercare in tutti i modi di non portare i libri in tribunale, il ministro del Tesoro dovrà far uso di «moral suation» (persuasione morale) affinché gli istituti di credito maggiormente esposti (cioè Imi e Icipu) eroghino all'azienda l'ulteriore liquidità necessaria per pagare i dipendenti e acquistare le materie prime per far funzionare gli impianti. Ricavare da ciò (ammesso e non concesso che le cose va-, dano in questo modo) il convincimento che l'affare Sir sia concluso, appare altrettanto illusorio. Molti banchie¬ ri cominciano a riflettere sulla validità di un intervento i cui presupposti si rifanno ad un «piano di risanamento finanziario e gestionale» di circa 8 mesi fa. Quel piano, redatto dall'Imi e accettato in sede di governo, si basava su una previsione di costi, di prezzi, di andamento del mercato dei prodotti chimici, che oggi è completamente stravolta. E' inutile ripetere le cifre. Ma è ragionevole ritenere, alla luce della congiuntura interna ed internazionale, che la Sir entro T82-83 sarà in grado di raggiungere il pareggio e, al limite, come Rovelli crede, realizzare un profitto? Chi assicura che i 2000 miliardi previsti, tanto costa l'operazione di salvataggio, non diverranno 3000 e forse più? E qualora l'eventualità di dover erogare altre centinaia di miliardi si dovesse, come è possibile, verificare, è sicuro che ai banchieri, soprattutto ai pubblici, non saranno contestate responsabilità di cattiva ed imprudente gestione? In questa prospettiva, tutt'altro che remota, prima di dare il via al consorzio di salvataggio, sarebbe certamente più corretto quantomeno effettuare una verifica del «piano» riaggiornandolo, in modo da muoversi su un terreno di maggiori certezze. Non basta. Su un piano generale, il consorzio Sir. come è noto, non è l'unico. All'esame vi sono anche i consorzi per la Liquigas e la Montefibre. La legge 787 prescrive che gli intermediari finanziari non impegnino per la partecipazione ai consorzi di salvataggio più del 20 per cento dei mezzi patrimoniali. Come dire, che se si salva la Sir, potrà forse salvarsi la Liquigas-' Liquichimica, ma difficilmente si potrà fare qualcosa, nonostante la buona volontà, per il settore delle fibre. In altri termini, le risorse non bastano per tutti. Al contempo, sarebbe profondamente ingiusto operare in termini discriminatori perché se è vero che la Sir rapresenta un elemento insostituibile nell'economia sarda, è altrettanto vero che le fibre sono fondamentali nella stessa economia sarda e in altre zo¬ ne del Paese e la Liquichimica 10 è per la Calabria. La via d'uscita potrebbe essere rappresentata dalla «deroga» che 11 ministro del Tesoro pensa di concedere in alcuni casi: una partecipazione ai consorzi che preveda l'impegno fino al 30 per cento dei mezzi patrimoniali. Ma in questo caso, se qualche consorzio va male, non si corre il rischio di trascinare nel baratro anche le banche? Allora, la strada più agevole appare essere quella di una ricapitalizzazione del sistema bancario. Natale Gilio
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