Sciolta democrazia nazionale nata dalla scissione missina di Giuseppe Fedi

Sciolta democrazia nazionale nata dalla scissione missina Dopo una breve e turbinosa storia parlamentare Sciolta democrazia nazionale nata dalla scissione missina Il piccolo partito ha avuto tre segretari negli ultimi due anni Con lo scioglimento è stato eletto un commissario straordinario a a n o n ROMA — Come partito, ammesso che dopo il voto di giugno esistesse ancora, è stato sciolto. Il «certificato di morte» lo ha redatto, con una nota succinta, il consiglio di democrazia nazionale riunitosi l'altro ieri a Roma. L'ex «Costituente di destra» ha eletto un commissario straordinario, «con i più ampi poteri». Si tratta dell'avv. Adriano Cerquetti, il quale, spiega ancora il comunicato, »provvederà tempestivamente a tutti gli atti necessari». Quali saranno non è molto chiaro. L'ordine del giorno accenna alla costituzione di «un centro operativo indipendente nell'attuale schieramento dei partiti», in pratica la ricerca di nuove formule per continuare e sviluppare «/a battaglia politica intrapresa sulla linea liberaldemocratica propria delle grandi democrazie dell'Occidente». A Palazzo del Drago, sede della direzione del movimento sociale, la notizia dello scioglimento di dn è stata accolta con ironia. 'Nati da un aborto, i "demonazi" — spiegano al msi — sono stati sciolti dagli elettori italiani che hanno bocciato clamorosamente la scissione». I risultati, aggiungono i missini di Almirante, sono a disposizione: alle politiche hanno rastrellato poco più di centomila voti, lo 0,2 per cento. I 26 parlamentari (17 deputati e 9 senatori) candidati nelle liste di democrazia nazionale sono stati spazzati via. 'Per noi — tagliano corto all'ufficio stampa del msi — è un capitolo chiuso da molto tempo. Quello di domenica non è altro che un atto di morte postumo». Nella sua breve e turbinosa storia, democrazia nazionale, nata dopo le elezioni del '76 e costituitasi in partito fra Natale e Capodanno «contro l'isolamento missino e la cieca opposizione di Almirante al governo», e per cercare, informavano i programmi della «Costituente», spazio in un'a¬ rea moderata a sinistra del movimento sociale, si è distinta soprattutto per una serie interminabile di faide interne (tre segretari in poco più di due anni, De Marzio, Delfino e Cerullo), litigi conclusi a suon di denunce, provvedimenti disciplinari. « Una volta ottenuta con la scissione la loro fetta di finanziamenti — sottolineano a Palazzo del Drago —, una somma enorme per un gruppo inesistente e privo di qualsiasi apparato, sono cominciati gli scontri fra i demonazionali». Scesi in campo, almeno nelle loro intenzioni, per appoggiare e fornire una «copertura» da destra ai governi di allora, i demonazionali hanno cercato di volta in volta di «rendersi utili». «Di favori alla de — ricordano i missini — ne hanno fatti diversi recitando la loro parte di ascari. Hanno chiuso un occhio in più occasioni appoggiando in Parlamento l'esecutivo, come ad esempio nel caso della riforma universitaria, fino a risultare determinanti quando Clemente Manco votò alla Commissione inquirente a favore del proscioglimento di Mariano Rumor per lo scandalo Lockheed». Definiti «traditori» da Aimirante, Mario Tedeschi, Gastone Nencioni, Alfredo Covelli, Achille Lauro, Pietro Cerullo, Raffaele Delfino, Ernesto De Marzio, Stefano Me¬ nicucci e gli altri parlamentari della «Costituente di destra» hanno pagato alle politiche di giugno il fallimento di una linea priva di indirizzi, l'assoluta mancanza di organizzazione di un partito che non è mai stato in grado di cercare consensi fra gli elettori, la perenne anarchia nei vertici, esplosa ripetutamente in faide di potere. I «notabili» hanno lasciato la vita politica senza eccessivi traumi, i più giovani, i parlamentari di prima nomina, hanno ripreso le attività di prima. Qualcuno 'anche autorevole» — assicurano al msi — ha fatto marcia indietro cercando di rientrare nei ranghi, ma è stato messo alla porta senza troppi complimenti. Il msi non finirà mai di ringraziarli: sei mesi fa è riuscito a far eleggere 44 parlamentari, confermandosi il quarto partito italiano. Giuseppe Fedi

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