Doppia vita d'una città di Lietta Tornabuoni

Doppia vita d'una città Doppia vita d'una città (Segue dalla 1 ' pagina) no bollettini di guerra; i capi Fiat hanno tolto dalla porta di casa o dal citofono la targhetta col proprio nome; all'inaugurazione del Teatro Regio l'elite cittadina non va, come non va da nessun'altra parte. Molti girano armati: «Anch'io porto la pistola», dice l'industriale e deputato democristiano Rossi di Montclera. «In chi si sente un possibile bersaglio, e ormai sono moltissimi, c'è un senso di autentica angoscia. Chi poteva ha mandato all'estero mogli e figli: famiglie sfasciate, genitori pendolari, ragazzi che non possono avere una vita normale e vengo no pure presi in giro dai campa gni perché vanno a scuola con la scorta...». Ma nessun consigliere comunale ha dato le dimissioni, nessun dirigente industriale ha lasciato il lavoro, non vi è stato alcun collasso economico, né si può dire che la disoccupazione sia drammatica: nei primi dieci mesi del 1979. a 33.393 licenziamenti hanno corrisposto 42.200 assunzioni. Al tribunale, sette carabinieri col mitra imbracciato sorvegliano l'ingresso: ma il processo d'appello alle Brigate rosse s'è svolto senza rifiuti o fughe dei giudici popolari e senza oscillazioni degli avvocati, in un assetto da stato d'assedio ma senza il clima di terrore del primo proces- • so nel 1978. In corso Marconi la direzione della Fiat è difesa da un presidio numeroso e vistoso di poliziotti col giubbetto antiproiettile, in tenuta da combattimento. Il terrorismo ha alterato anche i criteri di scelta dei dirigenti industriali: il coraggio finisce per contare più delle qualità professionali. Ha alterato anche il lavoro dei partiti: «Non fai più niente altro che sentire cos'altro è successo stamattina, e vedere come puoi organizzare la risposta necessaria». «La città va diventando sempre più silenziosa e chiusa», dice il deputato democristiano Bodrato, «e va crescendo l'ostilità verso la politica, considerata globalmente un po' responsabile». I comunisti fanno invece i conti di modesti successi: l'anno scorso i nuovi iscritti al partito erano 2197. quest'anno sono 2222, e circa 500 appartengono alle sezioni di fabbrica, alla «nuova giovane classe operaia». Tra gli operai, dice il dirigente regionale del pei Guasso, una consapevolezza di massa del terrorismo non c'è ancora: «Ad avere su questo tema una mobilitazione permanente si fa una gran fatica, sono alti e bassi, devi ricominciare da capo ogni volta». Il segretario comunista Giannotti dice: «Una maggiore coesione della comunità di fabbrica di fronte ai fatti terroristici c'è. 1 corpi sociali reagiscono bene: gli individui...». Gli individui vogliono campare, e ci riescono. Rimozione, indifferenza, abitudine convivono con un panico composto e solitario. Torpore, sconcerto, accidioso e triste consenso alle condanne antiterroriste convivono con furiose richieste di pena di morte. Di sera brillano festose le lampadine lucenti del Natale, le strade del centro s'ingorgano di gente in cerca di regali, si completano i programmi per i viaggi di fine anno. D terrorismo filtra nel linguaggio: «Attento, che ti stritòlo», scherza una ragazza, allegra nel primo mattino di via Nizza. H terrorismo sta lì: e ci sta anche tutto il resto. E' la doppia vita di Torino nella guerra rifiutata, in una nebbia che gli occhi ancora non riescono a bucare. Lietta Tornabuoni

Persone citate: Bodrato, Giannotti, Rimozione

Luoghi citati: Torino