II crack farebbe esplodere la Sardegna di Franco Giliberto

II crack farebbe esplodere la Sardegna A Porto Torres tra gli operai esasperati della Sir-Rumianca II crack farebbe esplodere la Sardegna DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE PORTO TORRES — «E' come se in Piemonte, d'improvviso, la Fiat minacciasse di chiudere e di licenziare tutti: ci sarebbero l'esasperazione di migliala di lavoratori, un territorio in subbuglio, il crollo di un certo assetto sociale ed economico. No, non stiamo esagerando. Se la Sir-Rumianca fosse abbandonata e messa in liquidazione accadrebbe 11 peggio: arriveremmo al tracollo, l'intera Sardegna — che non ha più di ventlclnquemila addetti all'industria — sarebbe messa in ginocchio. Stiamo lottando perché non si verifichi questa sciagura». A Porto Torres, nell'ex impero della Sir di Rovelli, la preoccupazione dei lavoratori è generale. Le ciminiere fumano ancora, gli impianti sono mandati avanti al trenta per cento della capacità produttiva; i 4500 dipendenti rimasti (altri tremila sono in cassa integrazione e 2500 lavorano alla Rumianca di Cagliari, anch'essa minacciata da collasso) hanno ricevuto per l'ultima volta lo stipendio ad ottobre. Non hanno la prospettiva di ritirare lo stipendio di novembre né quello di questo mese con la tredicesima. In un capannone prefabbricato, accanto all'edificio degli uffici direzionali, gruppetti di lavoratori si riuniscono quotidianamente a rotazione: rappresentanti del consiglio di fabbrica, sindacalisti, impiegati, operai, tecnici, come in una specie di piccolo quartier generale che tiene tutti aggiornati sugli svi¬ luppi della vicenda e indica le linee d'azione. «Sottovalutano il nostro Impegno — dicono qui — e forse gli echi della nostra esasperazione giungono flebili nel contenente. Ma ancora qualche giorno e poi, se avremo la prova della volontà di affossarci, il Paese dovrà assistere alla più clamorosa contestazione degli ultimi anni. Come prima cosa bloccheremo tutto, cominciando dagli aeroporti e dal porti: l'intera Sardegna sarà sottosopra*. Per ora le intenzioni bellicose, in verità, sono in secondo piano rispetto «alla volontà di continuare un dialogo con il potere» ed all'attesa di decisioni che non suonino necrologio per la Sir e i suol diecimila dipendenti e per decine di migliaia di altri lavoratori di piccole aziende che prosperavano all'ombra del gigante chimico. E' stata molto male accolta, ieri, la notizia che il consiglio di amministrazione dell'Italcasse ha rifiutato di entrare nel consorzio di banche per il salvataggio della Sir-Rumianca. Ed ora si sta valutando quanto realistica possa essere la soluzione di riserva escogitata, ossia lintervento delle casse di risparmio che, stimolate dall'Italcasse, entrerebbero nel consorzio Sir o singolarmente o in associazione fra loro. Nessuno crede (anche se tutti lo temono) che l'operazione possa essere ulteriormente prorogata e che l'economia sarda sia costretta a rinunciare ai circa cento miliardi di salari che ogni anno la Sir distribuiva. Gli umori e l'esasperazione che cova fra i lavoratori e i sindacalisti emergono da alcune dichiarazioni raccolte ieri al petrolchimico di Porto Torres. Un capoimpianto: «L'opinione pubblica deve conoscere la verità. La Sir non è un'azienda da buttar via: perfino oggi che produce al trenta per cento delle sue capacità stiamo dimostrando che regge e che può es¬ sere competitiva. Perciò al governo non chiediamo un intervento assistenziale, ma un risanamento finanziarlo che sgravi questo complesso di tutta una serie di anomalie non imputabili alla realtà e potenzialità industriale, che è ancora integra». Un sindacalista: «I tremila miliardi di deficit accumulati da Rovelli sono stati frutto della sua megalomania industriale, di una mancata programmazione nazionale, di compromessi politici di vario tipo, con molti risvolti penali. Ma non sono stati 1 lavoratori sardi a volere tutto ciò e nessuno può far pagare a loro 1 clamorosi errori altrui. Noi stessi che lavoriamo alla Sir riconosciamo che l'insediamento di questo tipo di Industria, per la Sardegna, è stato negativo: ha relegato In secondo plano le ve, re riforme nei settori dell'agri ; coltura, della pastorizia e del turismo di massa, riforme che I avrebbero fornito un ben diveri so modello di sviluppo. Ma ora ' non si può tornare indietro. C'è gente che non prende lo stipendio da due mesi, le scorte di ''greggio sono sempre più esili e, ciononostante, 1 lavoratori continuano a mandare avanti gli impianti a ciclo continuo, per i non suggellare la catastrofe. Estromesso Rovelli, 11 rlsanaI mento dell'azienda è possibile, ! la sua produttività e competitività raggiungibili: se a Roma si volesse fingere cinicamente di non sentire le nostre buone ragioni, in Sardegna ci sarebbero da prevedere reazioni incontrollabili». Franco Giliberto

Persone citate: Rovelli