L'abbraccio del grande orso

L'abbraccio del grande orso MENTRE SI PARLA DI MISSILI: INCHIESTA SULLA «FINLANDIZZAZIONE» L'abbraccio del grande orso Scendendo ad Helsinki si avverte il carattere di questa capitale: ha il cuore in Occidente ma"la testa dall'altra parte Per convivere senza guai con il gigante sovietico, e salvare le proprie strutture democratiche, la piccola repubblica scandinava deve pagare un prezzo molto alto (neutralità politica e sudditanza strategica) - Notevoli i vanteggi economici DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE HELSINKI — Un argomento è ritornato d'uso nei dibattiti che in questi giorni stanno mettendo a cruccio l'Europa: »finlandizzazione». Per cogliere meglio il senso dell'ambiguo concetto e poter valutare la sua eventuale estensione in dimensioni continentali la più ovvia di tutte le vie ci è sembrata quella di Helsinki Indagare e vedere cos'è la »finlandizzazione» nella stessa Finlandia. Appena arrivati, ci si accorge subito che il termine non piace. Soprattutto a livelli governativi. Il ministro degli Esteri Vayrynen me lo fa sapere sin dalle prime parole del colloquio. Consiglia di non usarlo e di escogitare un'altra espressione più appropriata. Ami: *meno offensiva: Secondo lui parlando della 'finlandizzazione» si offende sia la Finlandia che l'Europa, a cui la 'formulai viene predestinata. Spiega: «L'errore riguardante 11 termine è storico. La Finlandia ha avuto una guerra con l'Unione Sovietica ed è uscita anche sconfitta. Dopo la guerra ha avuto sul proprio territorio ancora una base militare sovietica, a Porkaala. Non scordiamoci che incominciando da questa posizione la Finlandia ha costruito la sua politica di indipendenza e di neutralità. Estendendo il termine in dimensioni europee si dà una falsa idea sia della politica finlandese sia della condizione in cui si trova l'Europa». // ministro smorsa i toni polemici quando cerco di dare una versione in positivo della stessa 'finlandizzazione». Perché non prenderla come espressione di un'estre¬ ma abilità politica la quale, partendo da una situazione più che sfavorevole, ha saputo garantire alla Finlandia tutto il possibile e addirittura più del possibile? Rimane pur sempre il discorso su quanto la formula estesa sul resto dell'Europa sarebbe da considerarsi altrettanto positiva. Vayrynen, in prospettiva, giudica valida l'esperienza finlandese anche per gli altri europei: si tratta di una proficua e stabile cooperazione con l'Urss e mi pare evidente che anche i rapporti intereuropei si svilupperanno nell'avvenire in questa direzione, dato che l'attuale crisi fa scoprire di più la complementarità delle economie. «Da noi, per queste buone esperienze esiste una soddisfazione generale, fra governo e privati, non avendo la cosa minimamente intaccato il sistema interno». Un simile orientamento nella politica intereuropea, a parere del ministro, non comprometterebbe i rapporti con gli Usa, dato che fra Urss, Europa e America esiste una complementarità di modo diverso. Invece, l'idea americana di isolare economicamente l'Unione Sovietica, per aggravarne la crisi e fare emergere le sue debolezze, potrebbe rivelarsi »molto pericolosa^. A proposito della portata europea della formula finlandese uno stretto collaboratore del ministro è stato più coraggioso nel dichiararci: «Noi ci sentiamo precursori di un nuovo tipo di rapporti in Europa». Del parere contrario è stato invece il professor Jansson, direttore dell'Istituto per gli Affari Esteri: «Oltre ad essere impossibile, applicata all'Europa, la formula sarebbe uri non senso inutile. Sarebbe il massimo del cedimento, mentre per la Finlandia era il minimo ineluttabile». Non esclude, però, che verso il Duemila il discorso potrebbe anche cambiare. Allora, il termine 'finlandizzazione» potrebbe anche reggere su scala europea, senza offendere nessuno. Vayrynen preferisce comunque la sua abolizione: «Quando parlano in Europa della "f tnlandizzazione". parlano di fatto della neutralizzazione dell'Europa nei confronti delle grandi alleanze, n termine più esatto sarebbe perciò "neutralizzazione europea", senza Immischiare il nostro Paese». Uno dei tratti della 'finlandizzazione», vista nella versione locale, è appunto quello di tenersi fuori dalle mischie. Mannerheim Ma. quella finlandese, può essere considerata una semplice, o per dire meglio geometrica, neutralità? A Stoccolma, conosciuto il motivo del viaggio, ci hanno consigliato di non procedere oltre in aereo, ma attraversare il Golfo di Botnia in mare: «Cosi si vive più Intensamente il passaggio fra due neutralismi nordici, tanto vicini e tanto distinti». Da un lato: quello svedese, storico e filosofico (160 anni senza guerra) saldamente incastrato nell'Occidente e convinto, più degli stessi occidentali, della sua stabilità. Insiste nel nostro colloquio il capo degli studi politico-strategici del governo svedese Wahlbeck: «L'Europa dovrebbe autolpnotizzarsi prima di cedere». Dall'altra sponda: quelio ' finlandese, un neutralismo pragmatico (filtratosi nelle amare esperienze belliche), incollato lungo quasi tutto il confine al colosso sovietico. Il percorso marittimo ci porta in mezzo ad un teatro strategico triangolare. Di fronte a Stoccolma ed Helsinki sta la terza punta, condizionante, Leningrado. La rotta della nave si snoda fra veri labirinti di due arcipelaghi, composti da centinaia di isolotti, con villette sotto gli abeti immersi nella crepuscolare pace nordica. Le isole appartengono ai due paesi neu trali, ma le acque che le circondano, unendole e separandole, sono praticamente sovietiche. L'Urss è l'unica potenza che tiene il controllo della zona dalle sue potenti basi baltiche. Sbarcati ad Helsinki, forse perché influenzati dal tanto parlare sulle peculiarità finlandesi, si ha in un primo momento davvero la sensazione di essere passati nell'altra Europa. Subito nel porto, dalla banchina, si passa ad un mercato che, seppure più ricco, richiama il rlnok russo. Poco più lontano, la piazza storica: senato, governo, università, sovrastati da due grandi cupole, una protestante e l'altra ortodossa, sembrano, per architettura e colori una minuscola copia di Pietroburgo. Cosicché il monumento allo zar Alessandro II, situato in mezzo, non appare per nulla un'incongruenza, né storica né estetica (scopriremo poi proprio il giorno dell'arrivo, da un giornale, per appunto conservatore, che gli storici finlandesi fanno risalire alle riforme di questo Romanov. fondatore del granducato, la propria indipendenza e gli inizi del sistema democratico). Tuttavia, la prima immagine inganna. Ci si rende conto ben presto che sbarcando ad Helsinki non si è lasciato 'Occidente alle spalle. Basta del resto fare pochi passi in avanti lungo le strade, incontrando il monumento al maresciallo Mannerheim, stratega dell'epica guerra d'inverno contro l'armata sovietica, e le avanguardistiche opere dei famosi architetti finlandesi per constatare che a presenza della Russia è stata qui sempre motivata dall'ambizione di contenere a forte penetrazione occidentale. Mosca o piuttosto Pietroburgo, poi Leningrado, cercavano di crearsi una «facia protettiva» in una zona che per la sua cultura, le sue stituzioni e prima di tutto per la mentalità della gente, è tata sempre occidentale. Già dopo i primi contatti ci convinciamo che la più grossa ansia nazionale è appunto quella di rimanere tali. Ci chiediamo con loro quanto ciò sia possibile.' Max Jakobson, uno dei finandesi più prestigiosi, candidato alla segreteria generale dell'Onu, risponde così: «Penso che la Finlandia sia un paese che ideologicamente, economicamente, politicamente, cioè dal punto di vista delle strutture democratiche, fa parte del mondo occidentale, ed allo stesso tempo appartiene ad un'area considerata dall'Urss vitale' per la sua sicurezza, cosicché noi dobbiamo cercare di riconciliare queste due cose nella migliore maniera possibile». La formula di un altro notabile, Ehrnrooth, è più sintetica e pittoresca: «Il finlandese ha 11 suo cuore, cento per cento, In Occidente, ma la sua testa si trova nella nostra posizione effettiva, fra Est, e Ovest». Un altro grande personaggio nazionale, il colonnello Halsti ci completa il quadro: «Noi finlandesi non abbiamo creato 11 mondo in cui siamo costretti a vivere». La geografìa Tutto ricorda da lontano le dichiarazioni di Brandt: «Io non sono prosovietico, osservo soltanto la carta geografica». Per i finlandesi, comunque, lo sguardo alla carta geografica deve risultare ancora più disarmante. Come riescono dunque a conciliare le 'due cose» di cui parlava Jakobson e qual è il prezzo che devono pagare per sopravvivere in un punto del globo terrestre che essi stessi 'non hanno potuto creare»? Le ri sposte che raccogliamo sono tutte positive, a momenti euforiche. Un prezzo lo pagano sicuramente i finlandesi, ma riscuotono a loro volta anche un prezzo pagato dai sovietici La bilancia, mi assicurano, pende in questo momento dalla parte finlandese. I rapporti preferenziali con l'Urss hanno consentito alla Finlandia di essere l'unico paese del continente a non risentire della crisi congiunturale. Ha un tasso di crescita superiore all'europeo, 7 per cento, ed un'inflazione inferiore a quella europea, 6 per cento. Tn conseguenza di una notevole stabilità di mercati (i sovietici sono disposti a comperare quasi tutto) e, ancora più importante, una costanza nei rifornimenti (consegnando i sovietici regolarmente pressoché tutta l'energia e le materie prime, petrolio a volte al di sopra della quota indispensabile che è di sei milioni di tonnellate). Le garanzie offerte dal trattamento preferenziale sovietico contribuiscono paradossalmente alla stabilizzazione del sistema democratico e dell'economia di mercato ad iniziativa privata. Lo sostengono, quasi in un complesso di omertà nazionale, tutti i funzionari, ministri e leaders dei partiti Prima dell'arrivo un economista svedese mi aveva esposto la teoria secondo cui molte incertezze creano adi una economia articolata su molti mercati una grossa certezza, mentre una grande certezza, fondata su un unico mercato, può tramutarsi in una grande incertezza, sia politica che economica. Ricordo la tesi cercando di stabilire il prezzo che i finlandesi debbono pagare alle loro certezze, fondate appunto sul particolare rapporto con l'Urss. Un'idea di questo prezzo me la offre la conferenza annuale dell'associazione Fiìilandia-Urss, apertasi casualmente proprio il giorno dell'arrivo. "' Il primo ministro, il social¬ democratico Koivisto,' che pochi giorni prima aveva suscitato scalpore dichiarando che «gli Usa vorrebbero affamare l'Unione Sovietica», ha fatto una relazione sul lavoro svolto dal governo nel raggiungere un nuovo salto qualitativo nella cooperazione con il governo di Mosca. Ha riferito che è già stato messo a punto un comune piano quinquennale. «Il più grande accordo mai fatto: raggiunge 84 miliardi di marchi, 17 annui». Nelle apposite commissioni, i vari ministri hanno discusso i programmi per il Duemila: partecipazione finlandese al piano Arktika, ricerche petrolifere, centrali nucleari gasdotti e oleodotti e cosi via fino alla campagna atta a far imparare ai finlandesi la lingua russa. Non è mancato il rapporto del ministro degli Esteri sui 'Successi sorprendenti dato che eravamo partiti dal fondo della valle». L'obiettivo finale è stato fissato dal primo ministro: estendere la coscienza degli effetti positivi di questa cooperazione fino ad ogni singolo cittadino privato. Quale governo? 77 presidente dell'associazione, ex capo del governo, Miettunen, ìntimo del presidente della Repubblica, ha enfatizzato: «La gestione dei rapporti finnosovietici è di-, ventata causa comune di tutti i cittadini del popolo finlandese al punto di elevarsi >al di sopra dei disaccordi concernenti la politica Interna». L'organo socialdemocratico, partito del primo ministro, ha tratto le conclusioni: «Non sarebbe nell'interesse di nessun partito avanzare motivi di disaccordo in questo campo, trattandosi di un grande obiettivo nazionale da curare con la massima attenzione». Infatti è successo per la prima volta che il partito di destra, il più forte ma lasciato fuori dalla compagine governativa, abbia chiesto ed ottenuto che un suo rappresentante entrasse nella direzione della superassociazione. Un suo rappresentante mi spiega: «Cosi si conquista la patente e la credibilità per entrare nella stanza dei bottoni». Quando ho chiesto al colonnello Halsti amico del presidente Kekkonen, ed egli stesso ex presidente della società Paasikivi fondata per divulgare lo stesso spirito nei confronti dell'Urss, se simili manifestazioni di unattaccamento eccessivo, per certi aspetti forzato, non portano ad una forma di condizionamento politico, ad una 'neutralità condizionata» per non parlare della 'Sovranità limitata», mi ha risposto: «Mosca vuole avere continue dichiarazioni di amicizia e di amore, noi gliele offriamo, anche eccedendo, ma non per pressioni. Sappiamo dall'esperienza che con loro è sempre meglio dare una prova di più che una di meno. Tanto di più se rende». Rimane pur sempre aperta la domanda sé simili prove non coinvolgono anche le decisioni politiche. Per esempio: è possibile in Finlandia formare un governo che non va a genio ai sovietici? Frane Barbieri''

Persone citate: Alessandro Ii, Brandt, Jakobson, Jansson, Max Jakobson, Romanov, Vayrynen