Un premio a don Ciotti, il prete scomodo

Un premio a don Ciotti, il prete scomodo Un premio a don Ciotti, il prete scomodo Hanno premiato una «voce scomoda», un prete, amico degli emarginati: don Ciotti per i più, don Luigi per chi è vicino, Luigi per chi considera di troppo il «don». E' il fondatore del Gruppo Abele, che da anni agisce tra i poveri, i soli, i «perduti». A don Ciotti ieri hanno consegnato il premio «Martinetto» perché «in modo fattivo e anche andando controcorrente ha prodigato le proprie energie per sostenere con intelligenza e con risultato i diritti della persona, non rassegnandosi al corso fatale delle cose e non accettando l'annullamento nella coscienza individuale-. Un riconoscimento (l'anno scorso il premiato fu il prof. Carlo Arturo Jemolo) accompagnato da una somma di 6 milioni che la vedova di Aristide Martinetto. Stefanina, ha consegnato ieri a don Ciotti presenti i membri della giuria (prof. Bobbio, prof. Portigliatti Barbos, avv. Badini Confalonieri, avv. Barosio e notaio Lobetti). Alla premiazione, nella sede del Gruppo Abele c'erano solo gli amici della comunità. E Ciotti, l'apostolo della non violenza e dell'amore, immerso in un'atmosfera a lui non congeniale, confuso e a disagio, a ripetere: «Afa perché un premio a me? C'è una marea di gente che potevate scegliere. Lo considero comunque un segno d'amicizia-. Poi subito a precisare (lui malato, indebitato fino al collo insieme al Gruppo) che la somma sarebbe stata subito ridivisa con altra gente che soffre. I sei milioni andranno alle vedove dei due carabinieri uccìsi a Genova, alla mamma di un ragazzo che s'è impiccato in carcere, ad un'altra mamma di un ragazzo morto per droga, ad una donna con un marito in galera, a due amici di Ivrea e Verbania promotori di Iniziative analoghe a quelle di Ciotti. Ma chi è questo prete che invita a non sentirsi mai arrivati, a graffiare la realtà, ad aiutarlo ad essere più povero? E' un uomo che da 14 anni cammina insieme ai deboli, ai poveri, a chi soffre. Ha scelto insieme ad altri di vivere con drogati, emarginati, sfruttati, s'immerge nel mondo del carcere e delle prostitute perché 11 c'è sofferenza e dolore, con la certezza di raccogliere critiche e sussi «Hai insegnato — ha detto il prof. Portigliati — che nell'umiltà delle situazioni, nella pochezza degli eventi quotidiani, nel freddo dell'altrui solitudine vi è tanto spazio e tanto silenzio discreto per porgere l'orecchio e tendere la mano. Ci hai detto che non occorre se non ascoltare e capire. Hai operato e dato fastidio. Ti hanno rimproverato di populismo, di pauperismo, di sfida alla legge e hai proceduto per la tua strada guardando in viso i forti e gli intelligenti che riuscivano cosi bene a vivere inpace e a corazzarsi in un mondo lacerato. Hai scelto di vivere sulla strada perché costituisce il luogo privilegiato di incontro e di scontro di troppi giovani sbandati e abbandonati a se stessi-. Ha concluso: « Viviamo in un tempo in cui per andare svelti e lontano occorre volare molto alto, perdere di vista la Terra. Dobbiamo a chi, come te, vive ad altezza d'uomo una lezione da non dimenticare: che l'ottimismo dell'attesa inoperosa è una parola priva di senso e la speranza è una virtù scomoda-. Guido J. Paglia

Persone citate: Aristide Martinetto, Badini Confalonieri, Barosio, Bobbio, Carlo Arturo Jemolo, Ciotti, Portigliatti Barbos

Luoghi citati: Genova, Ivrea, Verbania