Non è dolce la tavola di Natale

Non è dolce la tavola di Natale Alla scoperta delle sorprese che ci aspettano nei negozi Non è dolce la tavola di Natale Secondo i commercianti i prezzi degli alimentari tradizionali sono rincarati in un anno in media del 1015% - Ma è una valutazione ottimistica - Salumi in testa, ecco quanto si spende - Il caro-brindisi La borsa della spesa di Natale si appesantisce e divora parte della tredicesima. Perché oltre all'Irrinunciabile tradizione di uno scambio di piccoli doni, anche la tavola vuole essere imbandita, si ritrovano parenti ed amici per uno spuntino o una cena, non si rinuncia al pranzo del giorno di festa, un po' più abbondante e ricco del solito. In tempi di vacche magre, gli alimentari riacquistano un ruolo di prestigio persino tra i regali di Natale. Almeno per questi (con poche eccezioni) non vale l'accusa di essere beni voluttuari. Due esempi agli antipodi. Le nonne di anni non troppo lontani gradivano un sacchetto di caffè: tra «i coloniali» era un bene di lusso, il prezzo ne faceva un regalo degno. E' tutt'altro che disprezzabile anche oggi: un sacchetto da 200 gr costa, in media, 1540 lire, l'anno scorso stesso periodo (prime settimane di dicembre) costava 1370 lire ; un aumento di poco più del 12 per cento inferiore al tasso d'inflazione (nei primi 11 mesi, 18,50 per cento). Gli snob dei nostri giorni (per fortuna pochi) privilegiano un «boccone da re», un trancio di salmone. 45 mila lire il chilo se tutto va bene. Da cibo voluttuario qual è, il salmone ha avuto il privilegio di un rincaro modesto (visto anche lo scarso consumo): quasi il 5 per cento in più. Ma pare che dopo le feste (o subito prima?) subirà un .aumento vistoso-. Non è preoccupante, se ne può fare a meno: almeno questo «ritocco di prezzo» passerà senza danni per la maggioranza. Dicono all'Associazione Commercianti: -Dal dicembre dell'anno scorso, tutti gli alimentari sono rincarati, ma in misura contenuta; la concorrenza del mercato è un'arma a difesa del portafogli di chi acquista; se un fenomeno s'è registrato è quello della dequalificazione dei consumi; a marche note se ne sostituiscono altre meno famose, ma molto spesso è solo questione di marchio, non di qualità'. Comunque assicurano con un certo ottimismo, che i rincari non superano, in media, il 10-15 per cento e che «si è al di sotto del tasso di svalutazione-. C'è persino un ribasso, segnalato a dito perché è una piacevole eccezione: il parmigiano reggiano. Dalle 13 mila lire il chilo, raggiunte nel dicembre '78, il prezzo è sceso a 9500 lire; potrebbe ancora diminuire «per l'andamento del mercato-, ma sarebbe illusione sperare che ciò avvenga per le feste. Hanno fatto un balzo in avanti invece i prosciutti, crudo da circa 12 mila a 14.500 lire il chilo; cotto da 6500 a 7500 lire. Sono valori medi delle statistiche. Non mancheranno certo le smentite: sulle bancarelle si spunteranno prezzi migliori, nelle gastronomie «la specialità» si pagherà di più. Per i consumatori non sono sorprese inaspettate. Anche il salame crudo ha rinunciato alla modestia: da una media di 5800 lire il chilo è passato a 7000 mila (+20,7 per cento). Il cotechino approfitta dei buongustai (da 2600 del Natale '78 a 3200 di questi giorni: +23 per cento). Lo zampone, in omaggio alla tradizione della tavola natalizia, sa di non poter essere sostituito: da 3200 lire ha raggiunto le 4 mila (+25 per cento). Il tacchino intero oscilla intorno alle 2500 lire il chilo (era in media attorno alle 2 mila) e la tacchinella tenera raggiunge il primato delle 3 mila lire il chilo. L'anguilla costa adesso 11 mila al chilo ma «non si sa a quanto andrà per Natale-. Se i condimenti si sono attestati su rincari accettabili (olio d'oliva da 2150 a 2300 il litro; margarina circa 25 lire in più l'etto), lo zucchero costa 780 lire il chilo contro le 650 dello scorso anno. Formaggio per dessert? Anche qui rincari: fontina 650 lire l'etto (480): berna nazionale 430 (390); gorgonzola 460 (400). Con qualche etto di diversi tipi di formaggio si confeziona un cestino ghiotto per un regalo utile all'intera famiglia. C'è però chi preferisce specialità «esotiche». I cesti raggruppano stecche da cinque lattine di tè con litografia, gusti alla rosa, al gelsomino, tè russo, all'arancio o al limone (4000); marmellate con zucchero di canna (1650-1900); lychees (frutti esotici tipo fragole sciroppate) a 2 mila lire il barattolo; olive nere cotte al forno in giare di terracotta dipinta a 6 mila lire ; oppure cibi dietetici, dai cereali ai biscotti, dalla bistecca allo spezzatino di soia. Panettone, spumante o ad¬ dirittura champagne giocano colpi bassi al nostro portafogli. I prezzi medi di un panettone oscillano tra le 3500 e le 5000 lire il chilo. Esistono però anche prodotti, buoni, a meno di 2500: la scelta è a gusto e possibilità del consumatore. Gli spumanti di marca variano tra le 2900 e le 5300 in media alla bottiglia (erano tra le 2350 e le 4500 lo scorso Natale), ma nonostante la ioro qualità riconosciuta anche dagli specialisti è lo champagne francese a far la parte del leone. L'anno scorso ne abbiamo consumato oltre 8 milioni di bottiglie. Le previsioni di quest'anno non sono da meno. Il prezzo medio è tra 9500 e 12 mila lire: raggiunge le 30 mila per avere il pregio dell'annata. Il rincaro, rispetto al '78 è notevole: un anno fa con 8-9 mila lire l'acquisto di una bottiglia di champagne era sicuro. E i vini da tavola? I commercianti denunciano un rincaro medio del 10-15 per cento; la colpa «è soprattutto del vetro e dei trasporti-, il vino' c'entra soltanto in'minima parte. «Il mercato per ora è fermo — sostiene un negoziante specializzato — molti chiedono i prezzi, ma c'è indecisione, gli acquisti tardano, va male-. Alla domanda: «Quanto costa una confezione-regalo di vini?- la risposta è traditrice: «Scusi, sa, non ho tempo, ho il negozio pieno di gente-. Simonetta Conti

Persone citate: Simonetta Conti