Menzìo «pittore di stanze» di Angelo Dragone

Menzìo «pittore di stanze» UNA MOSTRA A TORINO RICORDA L'ARTISTA SCOMPARSO Menzìo «pittore di stanze» TORINO — Potrebbe sem-' brare un destino: come Spazzapan e Casorati non poterono veder le mostre loro dedicate dalla Galleria civica d Arte moderna, cosi neppure Francesco Menzio, scomparso pochi giorni fa, ha potuto assistere all'inaugurazione della rassegna messa insieme dalla figlia Eva e da Luigi Carluccio, per celebrare ufficialmente gli ottantanni che l'artista aveva varcato il 3 aprile scorso. A rievocarne la figura, in Palazzo Madama, sarà quindi l'esposizione che, col patrocinio della Regione Piemonte e del Comune di Torino, sino all'8 gennaio riunirà questa sessantina di dipinti che si snodano tra la Natura morta con l'orologio del '23 e un Paesaggio del '78; comprese un paio di tele pittoricamente appena delineate, alle quali tuttavia non sembra necessaria una maggior compiutezza per rendere sino in fondo espressiva una pittura che appare tutta nutrita di senti-' mento: opere, queste, che quasi invitano a leggere in chiave anche più intima l'intera mostra come, al di là delle pagine introduttive del Carluccio, fanno in catalogo le stesse amichevoli testimonianze di Italo Calvino, Massimo Mila. Giacomo Sofflautino e Raf Vallone. In effetti tutto questo fa subito ritrovare al visitatore non soltanto l'immagine di Menzio 'pittore della stanza*, ma anche il suo modo più autentico di affacciarsi sulla città dove è vissuto con spirito partecipe; sino a coglierne — ben al di là dell'arco della diga e dei ponti che attraversano il Po sotto la collina —certi «dati» non meno veri d'una casoratiana squadratura viaria. Il discorso, a questo punto, già si sposta sul metro compositivo di Menzio, pittore tra i più attenti al disegno, inteso come struttura dell'immagine e di uno spazio che poi viene interpretato in maniera per¬ sonalissima, anche lungo un certo itinerario cromatico, sviluppato con la forza serena della sua tavolozza ed esercitato sui temi più diversi. Menzio non è pittore soltanto di figure o di paesaggi: ha dipinto ritratti eloquenti, nudi, finestre aperte sul Po come sul mosso paesaggio di Bossolasco, sull'alto delle Langhe; ma con una tenerezza quasi nuova è riuscito poi soprattutto a fondere quei suoi motivi in caratteristici ambienti familiari «abitati» insieme da cose e persone. L'intera composizione si svolge allora intorno al tavolo rotondo dove ogni cosa, animata o non, trova posto secondo una logica rigorosa e pur sempre varia: la moglie e i figli, la nota a volte abbacinante del calco in gesso d'un torso, l'alzata con la frutta sul piano d'appoggio; sullo sfondo la finestra che dà sul paesaggio collinare; 11 tutto calato in un ampio gioco di luci e ombre; a volte nel più serrato, controluce. Pittore di autentica vocazione, fin dal suo avvio Menzio ha saputo calibrare gli apporti dell'istinto, l'intuito più aperto e i frutti di un continuo approfondimento culturale iniziato tra Chessa (che gli aveva mediato anche certe «cose» di Carena, da tempo assente da Torino) e> Casorati; accanto a Carlo Levi e più avanti anche insieme a Paulucci, In una Parigi che di un tardo postimpressionismo serbava il gusto più vivo. Di qui l'eco che quei torinesi «di ritorno da Parigi» sem brarono recare, ciascuno t modo suo, delle molteplici suggestioni ch'erano state loro offerte dall'opera di Modigliani e di Soutine, e più ancora, forse, da Derain e da van Dongen e dalla stessa Laurencin, come da Matlsse e Dufy. Ed erano scelte che a volte rivelavano un intero temperamento. Sul versante di Menzio, tutto fu subito chiaro se fin da allora Edoardo Persico non esitò a definirlo 'Soltanto pittore, ilpiu pittore possibile...* cogliendo in lui «uno stile deciso d'uomo, sempre coerente a se stesso*. La mostra di Palazzo Madama ne può dare ampia testimonianza, anche in assenza di qualche dipinto, come Le Signorine del '27 ed altri di fondamentale importanza per una «lettura» complessiva della sua pittura, proprio per la continuità d'una visione che — senza negare le flessioni anche pronunciate del linguaggio pittorico, con quel suo preciso iter coloristico — corre ininterrotta per quasi un sessantennio, con una sua linea imperturbabile e pur tra momenti di diversa tensione poetica: come attraverso le pagine d'un lungo diario cui l'artista ha via via confidato sogni e memorie, ma dove soprattutto ha inteso fissare una propria «realtà», la più umile e magari prosaica di ogni giorno, ma ricreata nella sua più inuma poesia. Angelo Dragone

Luoghi citati: Bossolasco, Comune Di Torino, Parigi, Piemonte, Torino