I prezzi nel caos di Mario Ciriello

I prezzi nel caos I prezzi nel caos DAL NOSTRO CORRISPONDENTE _ LONDRA — Il Convegno ministeriale dell'Opec a Caracas non è ancora cominciato, il sipario si leverà lunedi: ma quattro nazioni (l'Arabia Saudita, gli Emirati arabi uniti, il Qatar e il Venezuela) hanno già annunciato gravosi rincari. Sono notizie amare, anche se in parte previste e purtroppo non saranno le uniche e le ultime. Difficilmente la strenna natalizia di Caracas allieterà gli animi. Arabia Saudita, Emirati arabi uniti e Qatar sono le «colombe» dell'Opec, si sono sempre battuti per una politica moderata, hanno sempre cercato di trattenere l'alleanza petrolifera da sfoggi eccessivi di potenza. Perché allora questo severo rincaro, alla vigilia del negoziato a Caracas? Due sono le ragioni. Perché il divario fra i prezzi dei tre Paesi (e in particolare dell'Arabia Saudita) e quelli degli altri produttori Opec e nonOpec era divenuto troppo vasto. E perché, con questa loro iniziativa, i tre sperano di prevenire i vistosi aumenti voluti dai «falchi». A questo punto, il mestiere dell'oracolo si fa pericoloso. • Alla sua partenza da Abu Dhabi per Caracas il ministro del petrolio degli Emirati arabi uniti Mana Saeed Al-Otaiba, ora presidente dell'Opec, spiegava ieri: «Non chiedetemi di indovinare il futuro. Posso dirvi solo che non sono molto ottimista. La situazione è confusa, grandi sono le difficoltai. Un rincaro di almeno il 10 per cento sembra inevitabile e molti economisti, tenuto conto dell'inflazione universale, non lo considerano eccessivo. Ma si supererà il 10 e di quanto? Emergerà una nuova struttura dei prezzi? Quale ne sarà il «tetto»? Quale sarà l'onere globale per l'Occidente? Per i consumatori, come l'Italia, che più attingono all'Arabia Saudita, il rincaro — preannunciato da Yamani a Bruxelles — è un messaggio doloroso. h'-arabico leggero", tenuto a 18 dollari soltanto per considerazioni politiche, salirà a dollari 23.50, forse 24. 11 naufragio dell'accordo Petromin-Eni assume ora le dimensioni di un vero disastro. I greggi degli Emirati arabi uniti e del Qatar, che costano adesso sui 21 dollari e mezzo, dovrebbero toccare, e superare, i 27 dollari (il petrolio del Mare del Nord è già venduto a 26 dollari) se la 'Convergenzavoluta dai moderati non si avvererà, il nuovo - tetto- Opec si lascerà decisamente alle spalle 'quota 30-. I prezzi, come ha detto Al-Otaiba, sono nel «caos». Ogni nazione Opec fa ciò che' vuole. Vari produttori, come l'Iran, smerciano milioni di barili sul mercato libero: altri produttori cercano intese dirette con gli Stati consumatori. L'Iran vende a 36 dollari il barile, sul mercato libero, un greggio non dissimile da quello che l'Arabia Saudita faceva pagare fino a ieri diciotto. Il Giappone, un nababbo indù-' striale-finanziario ma privo di risorse energetiche, sborsa fino a 50 dollari per un barile di «leggero». Al-Otaiba ricordava ieri: 'Sono i consumatori che bussano alla nostra porta offrendoci cifre incredibili. Non tutti i Paesi resistono a tali tentazioni: Abbiamo detto che, in questa turbinosa fase, non conviene fare troppi pronostici sui prezzi che saranno annunciati a Caracas. Ma vi sono tendenze su cui si può esprimere qualche giudizio. I produttori continuano a correre (dopo il rincaro del settanta per cento nei primi dieci mesi di quest'anno) non soltanto perché il mondo è percosso dall'inflazione, perché il futuro dell'Iran è incerto, perché il nuovo radicalismo islamico invoca tagli nella produzione e nell'afflusso di ricchezze, ma anche perché il 1980 vedrà calare quasi certamente la domanda internazionale di greggio (secondo il ministro kuwaitiano del petrolio, dal 15 al 20 per cento). I produttori cercano, pertanto, di mietere il più possibile mentre il tempo è propizio. Mario Ciriello

Persone citate: Mana Saeed Al-otaiba, Yamani