Circoli virtuosi circoli perversi di Renato Cantoni

Circoli virtuosi circoli perversi Circoli virtuosi circoli perversi Com'era da prevedersi, l'Abi (Associazione bancaria italiana) nella sua riunione di martedì scorso ha deciso di trasferire sul «prime rate» (tasso primario da applicare sui prestiti alla clientela migliore) l'aumento del 3% del tasso di sconto. Dal 16.5% esso è quindi passato al 19.5%, che diventa più del 20% se si tiene conto di aggravi vari come una commissione sul massimo scoperto. Dai primi di ottobre l'aumento è del 4,5% e ciò comporta una generale revisione dei programmi di ■sviluppo e d'investimento per molte imprese. In quanto ai tassi passivi (quelli pagati dalle banche ai loro depositanti) l'Abi ha stabilito un adeguamento dello 0,75% solamente, sollevando un vespaio di proteste e di interrogativi. Già in ottobre, contro un aumento del «prime rate" dell'1,5%, i tassi sui depositi erano stati elevati dello 0,75%. In conclusione la variazione è del 4,5% a favore delle banche e solo dell'1,5% per i risparmiatori che. oltretutto, devono sopportare anche l'oneroso balzello fiscale del 20% sugli interessi percepiti: in pratica il rendimento massimo netto dei depositi non dovrebbe arrivare al 10%. Le aziende di credito giustificano questa enorme differenza con i crescenti oneri dell'esercizio bancario; con la maggiore perdita sui depositi legati quale riserva obbligatoria presso la Banca d'Italia, che sono remunerati solo al 5,5%; con la lievitazione delle spese; con la necessità di irrobustire le riserve patrimoniali corrose dalla rapida successione di grosse insolvenze e che potrebbero rivelarsi insufficienti nel caso di una manoora deflazionistica ancora più incisiva. Un importante banchiere, d'altra parte, si è dichiarato decisamente avverso a una consuetudine che porti in pratica all'indicizzazione dei tassi passivi. «Se qualche banca ha maggiori profitti di esercizio e distribuisce dividendi più rotondi" egli afferma «possono essere introdotte più pesanti misure fiscali, in modo da scoraggiare questa tendenza a favore di un irrobustimento patrimoniale e del fondo rischi». A parte queste considerazioni, la filosofia di questa politica si basa sulla necessità di riportare alla normalità i mercati finanziari. Attualmente, a causa delle limitazioni nell'erogazione del credito (il famoso plafond), una grossa fetta dei depositi deve essere investita in titoli e particolarmente in Certificati e Buoni del tesoro: è una distorsione pericolosa per che i depositi sono generalmente a vista e potrebbero essere prelevati, in una rapida successione di tempo, mettendo le banche in gravi difficoltà. Sarebbe perciò opportuno dirottare grossi flussi di liquidità verso i Bot, i Cct, i Btp e obbligazioni varie, anche correndo il pericolo di veder bloccata, o addirittura diminuita, la massa di denaro amministrata. Già nel secondo semestre del 1978 la Banca Commerciale Italiana ha adottato questa politica, imitata poi da altri istituti di prima grandezza. Ora, con la decisione di martedì, questa tendenza dovrebbe essere generalizzata. I Bot a tre mesi rendono oltre il 15% e poco meno quelli a sei e dodici mesi e i Cct dovrebbero fra breve beneficiare dell'indicizzazione speciale garantita all'atto dell'emissione che, calcolata sul rendimento dei Bot, dovrebbe mettere al riparo i possessori da rilevanti scatti dei tassi come avvenuto recentemente. In questo modo il presente circuito perverso dei flussi monetari si trasformerebbe in un circuito virtuoso con grande vantaggio per la collettività. Per la buona riuscita di questa manovra occorre però un attivo intervento degli intermediari bancari, che dovrebbe essere il più capillare possibile, senza esagerazioni nelle commissioni che in parecchi casi sono oggi spropositate rispetto alla durata dell'investimento. In secondo luogo dovrebbe cessare, o almeno drasticamente ridursi, la corsa allo scartellamento, praticata soprattutto dalle aziende di credito medio-piccole, che favorisce ingiustamente i grossi clienti a danno degli indifesi piccoli risparmiatori. Il miglioramento delle riserve patrimoniali dovrebbe portare anche a più generose partecipazioni delle banche nei consorzi di salvataggio e a una meno severa selezione nella concessione di crediti, due fra le principali cause di difficoltà per imprese che normalmente potrebbero essere considerate sane. Riuscirà questo disegno? Molto dipenderà dall'evolversì dell'inflazione e dalla credibilità che saprà guadagnarsi il settore pubblico, di gran lunga il maggior cliente del mercato finanziario. Renato Cantoni