Grossi acquisti arabi, l'oro a 450 dollari di Natale Gilio

Grossi acquisti arabi, l'oro a 450 dollari IL GREGGIO SCUOTE I MERCATI, SULLE IMPRESE GRAVA IL CARO DENARO Grossi acquisti arabi, l'oro a 450 dollari Gli ordini sono partiti dagli Emirati del Golfo e sono stati eseguiti da banche svizzere - In Italia il metallo è stato quotato 11.800 lire - Il dollaro in difficoltà su tutte le piazze - La lira debole sulle valute europee ROMA t- La crisi petrolifera ormai governa i mercati dei cambi. L'annuncio del prossimo vertice Opec di Caracas, con la prospettiva di aumenti del prezzo del greggio dell'ordine del 20-30 per cento, ha generato nuove attese che si sono tradotte in un ulteriore forte indebolimento del dollaro su tutte le piazze. L'effetto più immediato della caduta della divisa americana si è avuto sui corsi dell'oro, schizzati violentemente all'insti, con quotazioni che hanno sfiorato il muro dei 450 dollari per oncia. A condurre la danza sul mercato del metallo sono soprattutto gli arabi, in particolare gli Emirati del Golfo, indotti evidentemente ad accelerare al massimo il processo di diversificazione delle riserve messo in atto da tempo. Martedì, attraverso intermediari svizzeri, si è riversata sul mercato una fortissima domanda alla quale si è subito accodata una consistente attività speculativa. I corsi sono immediatamente saliti e ancora ieri al primo fixing antimeridiano di Londra, il prezzo dell'oro ha quotato 449,75 dollari per oncia, mantenendo tale quotazione anche nelle prime ore del pomeriggio. In Italia, il prezzo per grammo si è situato intorno alle 11.800 lire. A determinare la nuova turbolenza è stato, come ab biamo detto, l'accumularsi delle tensioni in vista della riunione di Caracas. Si scontano pesanti aumenti e gli operatori hanno in pratica anticipato le decisioni che saranno prese, portando il dollaro al ribasso. In altri termini, si ha la certezza che negli Stati Uniti il caro petrolio comporterà un'accelerazione del tasso di inflazione e un peggioramento della bilancia dei pagamenti. Da qui, l'ondata di sfiducia e il proseguire della fuga dalla moneta americana che ieri ha perso mediamente lo 0,70 per cento rispetto a tutte le va Iute. A Prancoforte, il dollaro ha chiuso a 1,7292 marchi contro 1,7412 della precedente seduta; a Zurigo è sceso sotto 1,60 franchi; a Tokio, nonostante interventi della Banca centrale giapponese per oltre 30 milioni di dollari, la quotazione è stata di 237,35 yen. Anche la nostra moneta si è rivalutata, con una chiusura al fixing di 810,05 lire contro le 814,95 di martedì, perdendo però al contempo rispetto alle altre divise europee. Il marco è salito a 468,56, il franco francese a 199,59, la sterlina a 1784,40. Sul quadro generale pesano tutte le incertezze economiche e le alterne vicende della «guerra» tra Stati Uniti, Iran' e mondo islamico. Le decisioni americane di bloccare i de- 'positi iraniani hanno finito per generare se non sfiduciar quantomeno un generale atteggiamento di prudenza dei Paesi produttori di petrolio nei confronti degli investimenti in moneta americana. Khomeini preme affinché l'Opec abbandoni il dollaro come strumento di pagamento delle transazioni petrolifere, proponendo la sua sostitu¬ zione con un paniere di divise. Pino a qualche tempo fa, tale proposta sembrava non trovare accoglimento; adesso, non è improbabile che se ne cominci a parlare in termini di possibile realizzazione. E' evidente allora come anche la solidarietà del mondo occidentale verso Carter potrebbe segnare delle battute di arresto. Non a caso, la Gran Bretagna ha fatto già sapere al presidente americano di non essere disponibile ad adottare misure punitive verso Teheran, contrastando principalmente la decisione di bloccare i depositi iraniani. Stando cosi le cose, non è~d~ifficile prevedere per 11 dollaro un futuro ancora più incerto. Natale Gilio

Persone citate: Khomeini