Bruciano sulla piazza le lettere di sospensione dalla «Montefibre» di Remo Lugli
Bruciano sulla piazza le lettere di sospensione dalla «Montefibre» Cassa integrazione a zero ore per altri 630 operai a Pallanza Bruciano sulla piazza le lettere di sospensione dalla «Montefibre» Rottura completa con la direzione (che, tuttavia, non ha lasciato la fabbrica) - Lo stabilimento è passato dai 4200 dipendenti del 70 agli attuali 2750 DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE VERBANIA — Di nuovo In pericolo i posti di lavoro nello stabilimento Montefibre di Pallanza: la direzione sta inviando a 630 dipendenti le lettere con la comunicazione che li pone in cassa integrazione a zero ore. Ma i dipendenti le consegnano all'esecutivo di fabbrica che le brucia pubblicamente. Da ieri mattina tutti i dipendenti, sia quelli che avevano ricevuto la comunicazione, sia gli altri, lavorano senza timbrare il cartellino, secondo i turni consueti. E' la rottura completa tra dipendenti e direzione. Quest'ultima, tuttavia, non ha lasciato il proprio posto in azienda (e se lo avesse fatto le maestranze avrebbero proclamato l'autogestione), si è limitata ad emettere un comunicato con il quale invita il personale «a riconsiderare responsabilmente il proprio atteggiamento ed a seguire le di'rettive aziendali, e «declina ogni responsabilità per le conseguenze che possono derivare da questo suo comportamento'. La fabbrica di Pallanza non è nuova a queste lotte. «Siamo bersagliati — dicono i sindacalisti —: si vuole colpire questa fabbrica perché ha sempre rappresentato un ponte avanzato del movimento operaio'. La Montefibre di Pallanza aveva, nel 1970, 4200 dipendenti, oggi ne ha (o perlomeno ne aveva fino alla settimana scorsa, prima dell'arrivo delle lettere) 2750, di cui 400 in cassa integrazione a turno. Nell'aprile '73, dopo lunghe lotte, era stato firmato un accordo: la Montefibre si impegnava a mantenere in vita la produzione delle fibre poliamminiche, che prima voleva cessare, passandola anzi in un nuovo e tecnologicamente moderno stabilimento che doveva sorgere a Mergozzo. Un accordo che non venne rispettato: le ruspe spianarono il terreno prescelto di Mergozzo, furono anche gettate le basi per il primo capannone, poi tutto si fermò. Nel '75 nuova minaccia di chiusura e reazione delle maestranze che per cinque giorni passarono all'autogestione. Intervenne il governo, si firmò un accordo che prevedeva, al posto dello stabilimento di Mergozzo, la ristrutturazione dell'attuale fabbrica con un investimento di 20 miliardi nella creazione di attività sostitutive che dovevano dare lavoro ai 500 operai che erano allora in cassa integrazione. Di quell'accordo fu rispettato l'investimento di 20 miliardi La cassa integrazione è cosi continuata secondo un meccanismo che prevede una rotazione nei vari reparti. Dalla fine del '78 gli impianti (248 posti di filatura) vengono utilizzati al massimo. Spiegano i sindacalisti Lattanzi e Oalafassi, rispettivamente segretari provinciali della Fulc e della Pilcea e Scarsetti dell'esecutivo di fabbrica, che per ammissione della stessa direzione, a fianco di questa piena produttività, non ci sono state difficoltà di commercializzazione del prodotto e che l'azienda si stava avviando al pareggio. Nel frattempo sono venuti fatti nuovi. Dai primi mesi dell'anno in corso l'approvvigionamento del sale 6-6, materia prima usata per la produzione del nailon 6-6, che ve-, hiva fornito dallo stabilimento Montedison di Novara, è stato fatto in parte attraverso la multinazionale americana Monsanto, in Inghilterra, per un accordo ad alto livello. Con la conseguenza di un maggior costo e con la perdita di 300 posti di lavoro nello stabilimento di Novara. L'8 novembre scorso l'azienda ha informato i sindacati che ai 403 in cassa integrazione se ne dovevano aggiungere altri 417. Di qui l'inizio delle agitazioni: scioperi articolati, cortei interni e pubblici, assemblee aperte. Mercoledì scorso sono incominciate ad arrivare le prime delle 630 lettere per la cassa integrazione, nominative, che colpiscono quasi tutto il personale femminile. •E noi abbiamo incominciato a bruciarle — dicono i sindacalisti —. Non possiamo accettare questo provvedimento, quando la fabbrica continua a produrre a pieno ritmo, quando è ancora in discussione un piano nazionale per Ve fibre e quando si è in attesa di un incontro a livello ministeriale'. Quest'incontro tra azienda e sindacati avrà luogo oggi a Roma, davanti al ministro del Lavoro, Scotti. Il Comune di Verbanla con un suo manifesto affisso ieri sera ha lanciato un appello per mobilitare l'intera città •al fine di determinare un forte movimento d'opinione in appoggio ai lavoratori in tot- to" Remo Lugli
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