Pochi, benedetti e subito di Andrea Barbato

Pochi, benedetti e subito Nomi e Cognomi di Andrea Barbato Pochi, benedetti e subito Leggo con una certa curiosità, non disgiunta da qualche apprensione, che fra i dipendenti della Santa Sede (pare siano 1500) sta per nascere un sindacato, naturalmente autonomo, dotato perfino dell'apostolica benedizione della controparte. Per distinguerlo dalle organizzazioni dei normali lavoratori, che hanno origini barricadiere, dovrebbe chiamarsi con soave eufemismo «Organismo per la tutela dei diritti». Lo stesso segretario di Stato non si è mostrato contrario, sicché si tratterà proprio di un «sindacato di Dio... battesimato e cresimato. Immagino le facili battute degli umoristi: se lo sciopero sarà bianco e il sindacato sarà arrendevolmente giallo, ecco ricomposto il biancogiallo del vessillo vaticano. La cassa integrazione avrà naturalmente, sul coperchio, una fessura per le elemosine e gli oboli. Chissà che non nasca lo slogan «La Scala Santa non si tocca». E così via. celiando. Pare che il problema fondamentale, e perfettamente comprensibile, sia il desiderio dei «sindacalisti saeri» di chiedere aumenti, scatti, indennità, invece che buone parole e paterni consigli. La Chiesa, pur se non è paragonabile all'Iri, all'Alfasud o all'Egam. sembra non sìa un'azienda florida, e il vertice ecclesiastico ha proprio in queste settimane esaminato i conti dello Stato che — se non sono in rosso per motivi di opportunità — sono quanto meno color porpora. Forse mancano le antiche fonti dell'entrata immobiliare, forse la crisi delle l'ocazioni si estende all'impulso della donazione. Ma il dipendente vaticano, die legge anche altri giornali oltre L'Osservatore, non Uitende cogestire la crisi, quando non è inai stato chiamato a cogestire i momenti floridi. Guadagna poco, e non si contenta più dei modesti benefici che possono giungergli da qualche particolare sconto, dal sorriso benevolo di un cardinale, dall'ombra solenne del Cupolone, e neppure dal fatto di abitare e lavorare in un luogo che è, probabil- mente, l'anticamera di una vita beata e paradisiaca. Pochi, benedetti e subito. Sembra che le trattative economìco-sindacali, in quella sede santa, abbiano un svolgimento particolare: il Pontefice viene delicatamente informato, e se lo ritiene opportuno concede qualche aumento. L'ultimo fu Paolo VI: Luciani non ne ebbe il tempo, e Wojtyla sembra intenzionato a far stringere la cintola a tutti. Anzi, qualcuno dice che al di là delle Mura Leonine si parli persino di licenziamenti. Dopo la Crociata di Goffredo di Buglione, sentiremo forse riecheggiare il grido: «La causa è giusta! ». intendendo dire che esiste la giusta causa. Il «buco» dì 17 miliardi che ha mandato in passivo la Santa Sede potrebbe indurre Casaroli a trasformarsi in una sorta di De Benedetti dell'Oltretevere: tanto più che lo Stato italiano, una volta tanto, non è obbligato a salvare un'azienda decotta. Il Concordato almeno questo non lo prevede. Nelle finanze vaticane s'è aperta una breccia attraverso la quale potrebbe passare un altro generale Lamarmora. Si aggiungono due dati accessori. Che fare degli Svizzeri? Per analogia, potrebbero chiedere la smilitarizzazione, e deporre l'alabarda nel museo, insieme a quelle coreografiche divise che fanno la gioia dei turisti giapponesi con Nikon e Pentax. L'altro fatto è una recente lettera natalizia dei medesimi dipendenti in odore di sindacato che chiedono al Papa un aumento di stipendio anziché i soliti pacchi natalizi fatti di panettoni, bottiglie di vino dolce, buoni benzina e tagliandi di acquisto per costosissimi capi d'abbigliamento. Basta col paternalismo, insomma, anche se proviene dal Santo Padre, anziché dall'industriale o dal commendatore. Nel più piccolo Stato del mondo, retto da una monarchia assoluta, compare dunque il «germe» sindacale. Si rischia di vedere chiusi i portoni di bronzo, impolverate le statue dei santi, abbandonati i 44 ettari dei palazzi apostolici. Forse la radio vaticana di Palazzo Pio trasmetterà solo comunicati, magari in latino. Non giungo a credere che la magistratura vaticana del foro laicale e del foro ecclesiale si divida in correnti, né che l'assenteismo svuoti le sacrestie, i giardini e le basiliche. Cortei interni, fra il Vicariato e la Cancelleria, sono per ora da mettere nel novero delle vicende improbabili. Eventuali assemblee avrebbero lo svantaggio di svolgersi in ginocchio, e senza la presenza di una mediazione ministeriale. Si chiederà una mobilità interna, e non è detto che in questo caso non venga accordata: ma la giungla retributiva esiste anche fra le colonne de! Bernini. Si conosce anche il nome, certamente rispettabile, del sindacalista vaticano, il signor Cerullo. anch'egli probabilmente eletto con un motu proprio, alla guida di un piccolo esercito di impiegati, scaccini, sampietrini, guardiani di musei, uscieri. Un Primo Maggio non è pensabile, e i responsabili vaticani hanno già fatto sapere ufficiosamente che i lavoratori dovranno «farsi carico» dei problemi dì un'azienda che come produttività economica prevalente stampa francobolli e raccoglie elemosine. Gli altri ribattono che quelle chiavi incrociate potrebbero almeno socchiudere la cassaforte dello Stato.

Persone citate: Bernini, Buglione, Casaroli, Cerullo, De Benedetti, La Scala, Lamarmora, Luciani, Paolo Vi, Wojtyla

Luoghi citati: Nomi